
E al quarto tentativo Dio, che com’è noto esiste e vive a Bruxelles, disse Usg! Il calcio torna popolare e popolano. Altro che Leicester. Il campionato belga vinto dall’Union Saint-Gilloise, 90 anni dopo l’ultimo successo, e dopo gli ultimi tre campionati persi proprio all’ultima curva, è il segnale che in un calcio dominato da fondi arabi e anglosassoni, spersonalizzato, super sponsorizzato, alienato e deculturato, la dimensione quartiere rialza la testa, si apre una birra, rigorosamente locale, e se la sbevazza alla salute di tutti, soprattutto di quelli che comprano Kylian Mbappé e vincono zero tituli. La grande morale di questa storia, infatti, è che nel 2025 il Saint-Gilloise vince, il Real Madrid no. È la rivincita del glocal, diranno quelli che parlano male.
La dimensione quartiere è, e resterà, un unicum, o quasi. Che poteva esaltarsi solo in un ambito originale e cosmopolita come Saint Gilles, uno dei 19 comuni bilingue della regione di Bruxelles Capitale, con una popolazione che non arriva a 50mila abitanti, di cui la metà stranieri (tra cui 5.700 francesi, 2.200 portoghesi e 2.160 italiani), un tasso di disoccupazione del 22 per cento e un reddito medio annuale di 15.500 euro. Il quartiere-città è famoso per le sue gallerie d’arte, l’architettura Art Deco e Noveau di alcuni edifici e tanti ristoranti, bistrot e bar alla moda, i suoi mercati della domenica (tutti molto a buon prezzo), la Gare du Midi da cui partono i treni per Parigi e Amsterdam. E una squadra di calcio che negli anni ha fatto innamorare belgi e stranieri. Soprattutto gli stranieri, tra questi tanti italiani. Che hanno intravisto nell’enclave gialloblù, la possibilità di ritrovare il calcio domenicale delle famiglie, del quartiere che si mobilità per vedere parenti e amici giocare a pallone.
Tifosi della primissima ora, che sul carro ci sono già saliti, quando la squadra era in Serie D, che se ne vanno al pub dello stadio prima del fischio d’inizio. Dalla strada si entra nel locale e poi si esce da un’altra porticina insignificante, che però dà direttamente sul terreno di gioco, sotto la tribuna storica del Marienstadion. In estate la terrazza interna si trasforma in un bar à plage, con tanto di sabbia delle spiagge del nord, tanto per rendere l’ambiance più autentica e soprattutto, come dicono da quelle parti, più belgo-belge (variante mitteleuropea del panino con la frittata e del caffè Borghetti). Il tutto, dunque, in un ambiente molto rilassato e straordinariamente a misura di famiglia. Tante carrozzine e nessun carrozzone, mediatico o commerciale che sia. Giusto la mescita di birrette artigianali, per schiarirsi un po’ la gola e urlare Le chant des buts, l’inno ufficiale del club, o L’Union n’a pas besoin d’être champion (“L’Union n’a pas besoin d’être champion. Pour s’enfiler des litres de houblons”, l’Union non ha bisogno di essere campione per tracannare litri di luppolo), che poi è il manifesto ideale della mentalité Saint Gilles. E ci sono anche carrozzelle. Perché il calcio a Saint Gilles è il grande gioco per infanti e vegliardi.
Georgette ha 92 anni. Quando l’Usg ha vinto il campionato per l’ultima volta, lei aveva appena due anni. Era il 1935 e pochi anni dopo l’Europa sarebbe ripiombata nella guerra (in questo senso qualcuno ha già visto sinistre analogie con i tempi attuali, che, ovviamente, vanno dette sottovoce). Nata a Bruges il 27 dicembre del 1932, Georgette si trasferirà presto a Bruxelles e diventerà subito tifosa dell’Union. Una passione così grande, racconta, “che tutto in casa nostra era giallo e blu: abbiamo persino ridipinto i bagni con i colori del club. E si è rafforzata ancora di più quando i nostri figli hanno iniziato a giocare a calcio. Organizzavamo tornei con i bambini, con i genitori, ballavamo e cantavamo molto all’Union, anche quando perdevamo, eravamo sempre presenti. Adoro l’atmosfera calcistica”. Non si vince e non si perde. Si sta insieme, e basta. Come le domeniche di una volta. Niente diagonali e sovrapposizioni. Nessun tifoso-allenatore. Solo aggregazione. Birra e frites. “Porto l’Union nel cuore e potrei avere la gioia di vivere una grande vittoria domenica; è una grande opportunità. Ma prima, bisogna vincere!”, diceva ancora Georgette, intervistata dalla Rtbf alla vigilia dell’incontro decisivo dei play off, che, come si accennava, ha riportato il titolo a Saint Gilles dopo 90 anni. E anche 40 anni dopo la tragedia dell’Heysel, che contribuì in quel decennio maledetto, che si chiuse con la mattanza di Sheffield, a tenere per anni se non addirittura in maniera definitiva, famiglie e bambini lontani dagli stadi.
È curioso che proprio in quelle stesse ore in cui si è ricordato a quale livello disagio sociale e sport possano concorrere a creare il mostro, proprio a pochi chilometri dell’Heysel, in un’altra commune di Bruxelles, si sia celebrata la speranza di un ritorno alle origini. In un campetto di quartiere dove i bambini possono godersela in tutta sicurezza, e dove il tifo organizzato non pianta grane, a spettatori e forze dell’ordine, ma canta dall’inizio alla fine, prima e dopo la partita. Anche per Georgette, la loro portafortuna: “È un pubblico meraviglioso – dice – brava gente molto gentile, con donne e bambini. E sostengono la squadra, anche nei momenti difficili”. E soprattutto, dice il figlio Pascal, “cantano e ballano per mia madre, è pazzesco”. Sul piano sportivo, l’ascesa del Saint-Gilloise è stata folgorante, se si considera che dal 1973 ha vagato tra serie B (Division 2) e serie D (Division 4). Poi nel 2021, lo storico ritorno nella Division 1 dopo 48 anni. Da quel momento, nessuna stagione interlocutoria o quartieri bassi a remare per la salvezza.
ùNella stagione 2021-2022, da neopromossa, ottiene il primo posto nella stagione regolare (nel campionato belga il titolo lo si assegna ai play-off) con 77 punti e la qualificazione ai preliminari di Champions League (persi contro i Glasgow Rangers). Il titolo sfuma anche nel 2023, all’ultima giornata dei play-off, a vantaggio del Bruges. Lo scorso anno, ancora scudetto mancato e secondo posto generale, ma ecco che arrivano in bacheca Coppa e Supercoppa del Belgio. Che statisticamente rappresentano la porta che apre la strada al bersaglio grosso (vedi Sampdoria e Lazio dei bei tempi). E così è stato, una settimana fa, a 90 anni dall’ultima volta. Georgette era al Marienstadion, accompagnata da Pascal: “Ogni volta che viene è entusiasta. È come se ricevesse una dose di vitamine. La sua vita da sola a casa non è sempre rosea, ma ho l’impressione che l’Union sia il miglior antidepressivo”.
(*) La foto dei festeggiamenti è presa dal sito ufficiale dell’Union Saint-Gilloise
Aggiornato il 03 giugno 2025 alle ore 15:43