Falcone e Borsellino, il grande vuoto nel catalogo Netflix

C’è un’ombra inquietante che si allunga sul catalogo italiano di Netflix, la gigantesca infrastruttura culturale che modella l’immaginario di milioni di cittadini. È un’assenza che non è solo editoriale, ma profondamente morale e civica: la storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non trova spazio.

Questo silenzio stona, e non poco. Soprattutto quando la piattaforma pullula di narrazioni sul crimine organizzato e i suoi protagonisti. Da Mafia Most Wanted a dossier su casi di cronaca nera che hanno polarizzato il Paese, la malavita è trattata come un “genere narrativo” curato, potente, a volte persino esteticamente affascinante. Ma manca il contrappeso. Manca la storia di chi quel potere criminale lo ha sfidato e spezzato, pagando il prezzo più alto.

LO STREAMING: IL NUOVO LIBRO DI STORIA DEGLI UNDER 30

Le piattaforme di streaming non sono più semplici videoteche. Sono diventate le nuove cattedre, i libri di storia audiovisivi per milioni di giovani. È qui che gli under 30 scoprono le grandi figure civili, le inchieste internazionali, i drammi che hanno segnato la nostra nazione. Se vicende come quelle di Elisa Claps o Emanuela Orlandi, o le biografie di figure globali e nazionali, trovano il loro racconto, perché la storia dei due magistrati che hanno ridefinito la lotta alla mafia è considerata un “contenuto lontano”? 

L’assenza dei due magistrati è un peso enorme. Significa esporre le nuove generazioni a una rappresentazione sbilanciata, in cui il crimine è spettacolo e la legalità è invisibile. Senza la narrazione dello Stato, della magistratura e del loro sacrificio, si rischia di normalizzare proprio ciò che Falcone e Borsellino hanno combattuto con la loro stessa vita.

L’ALGORITMO CONTRO LA MEMORIA COLLETTIVA

La domanda centrale non può essere elusa: può un algoritmo decidere ciò che un Paese deve ricordare? È comprensibile che una piattaforma globale segua logiche di mercato, di engagement e di gradimento. Ma quando la ricerca del “contenuto virale” porta a escludere sistematicamente il racconto della legalità in favore di quello della criminalità, la questione non è più commerciale, ma culturale e democratica.

In molti Paesi, Netflix ha investito in storie civili di giudici, attivisti e dissidenti. Perché l’Italia, nazione che ha pagato un tributo di sangue altissimo alla mafia, dovrebbe essere l'unica eccezione?

IL CASO EMBLEMATICO: “FALCONE BORSELLINO – IL FUOCO DELLA MEMORIA”

In questo panorama desolante, la risposta data a un docufilm come Falcone Borsellino - Il Fuoco della Memoria con la regia di Ambrogio Crespi, è un pugno nello stomaco. Il docufilm ha seguito un percorso culturale e istituzionale straordinario. È andato in onda su Rai 1, in collaborazione con Rai Doc, in occasione dell’anniversario della strage di via D’Amelio. È stato inoltre oggetto di studio in tutte le scuole di ordine e grado grazie a una circolare del Ministero dell’Istruzione diffusa durante la Settimana della Legalità, che ha messo gratuitamente a disposizione degli istituti la visione dell’opera.

Un progetto nato in Sicilia, grazie al Dipartimento DEMS dell’Università di Palermo, che in meno di un anno ha raggiunto oltre un milione di studenti. E, come coronamento di questo percorso, la figura di Paolo Borsellino ‒ cuore pulsante del docufilm ‒ è stata scelta come traccia agli esami di maturità. Il docufilm è tuttora disponibile su RaiPlay, dove continua a essere visto e utilizzato come strumento di educazione alla legalità.

Eppure, il responso di Netflix è stato: “È lontano dal tipo di contenuto che stiamo cercando al momento”. Questa non è una critica qualitativa, ma una netta scelta editoriale. Una scelta che eleva la piattaforma da semplice distributore a gatekeeper della memoria collettiva. Il messaggio implicito è che la narrazione del sacrificio e del dovere civile non è abbastanza “pop” o “accattivante” per il pubblico italiano.

UN DOVERE CIVILE CHE NON È RETORICA

Mentre Netflix celebra i suoi dieci anni in Italia con eventi patinati, l’assenza di Falcone e Borsellino non è un dettaglio scomodo da ignorare. I due magistrati non sono solo figure storiche, sono la nostra bussola morale. Rappresentano la dimostrazione che la giustizia e la legalità possono essere più forti della paura. Nessun algoritmo ha il diritto di decidere cosa resta nella memoria di una nazione. Questo compito spetta alla coscienza collettiva e, soprattutto, a chi oggi ha il potere di scrivere la storia audiovisiva delle nuove generazioni. Ricordare Falcone e Borsellino non è un atto di retorica. È un dovere civile. Ed è, in ultima analisi, il modo più efficace per garantire che, come comunità, non si perda la rotta.

Aggiornato il 19 novembre 2025 alle ore 10:30