Errori e illusioni in tema di fine vita

L’irruzione a gamba tesa della sentenza numero 132/2025 della Corte costituzionale all’interno del dibattitto pubblico e politico sul tema del fine vita, con cui la Consulta per un verso ha dichiarato inammissibile la sospetta illegittimità costituzionale dell’articolo 579 del Codice penale disciplinante il divieto di omicidio del consenziente e per altro verso – con la consueta esondazione dai suoi poteri, ritagliandosi un ruolo interlocutorio e contraddicendo perfino se stessa sul punto – ha sancito che esisterebbe un diritto al suicidio assistito che esige il coinvolgimento procedurale del Servizio sanitario nazionale. Sulla questione del fine vita dunque alcune considerazioni critiche, cioè scevre da ideologie e apriorismi, sono inevitabili per evidenziare gli errori e le illusioni di tutti i protagonisti del dibattito, cioè la politica, il mondo cattolico e la Consulta. In primo luogo, emerge l’errore metodologico di chi ritiene che il Parlamento debba dare esecuzione alle sentenze della Consulta, come del resto si evince dalla titolazione del Ddl che il centrodestra pensa di presentare con la più o meno partecipe approvazione di una parte minoritaria del mondo cattolico, cioè “Disposizioni esecutive della sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2019 numero 242”. Se così fosse, allora, il testo sarebbe già inadeguato, poiché si dovrebbe adesso dare esecuzione alla predetta sentenza numero 132/2025. Il Parlamento – è sempre bene ribadirlo urbi et orbi – gode della più ampia autonomia e discrezionalità legislativa, almeno nella logica di uno Stato di diritto, per cui non è tenuto a dare esecuzione a nulla, neanche se le intimazioni provengono da un pur autorevole organismo costituzionale come la Consulta. In secondo luogo, emerge il problema del coinvolgimento dell’Ssn.

Se i promotori del Ddl di centrodestra si illudono di poter escludere l’Ssn, la Consulta si illude di potergli delegare le procedure per la morte assistita. Il centrodestra si illude poiché è evidente che si tratta di un’operazione medico-sanitaria in riferimento a diritti fondamentali quali la salute e la vita, per cui non è pensabile estromettere l’Ssn dall’equazione ed è per questo che diventa necessario contemplare la tutela dell’obiezione di coscienza, mentre la Consulta si illude poiché vorrebbe far finta che i diritti di cui si tratta, cioè la salute e la vita, siano non soltanto nella disponibilità del singolo individuo, ma addirittura dell’Ssn. Si tratta di due errori di segno opposto, ma dai medesimi e convergenti risultati, cioè la negazione dello statuto sostanziale – e quindi fondamentale e come tale indisponibile – del diritto alla salute e soprattutto del diritto alla vita. In un clima culturale così intriso di relativismo etico e di nichilismo giuridico occorre ricordare che salute e vita non sono diritti disponibili e che in tanto sono fondamentali e tutelati dalla Costituzione, in quanto sono il presupposto logico e assiologico di tutti gli altri diritti, anche se il Parlamento, la Consulta, o qualsiasi altra entità decidessero il contrario. Del resto, il sole brilla per tutti, anche per chi decidesse di chiudere gli occhi. In terzo luogo, emerge il problema del ruolo del medico e della mutazione della dimensione deontologica, per cui il medico da operatore di vita lo si vorrebbe trasformare in operatore di morte. In tal senso ha ben osservato Paolo Becchi – dal suo blog – secondo il quale, riprendendo un concetto ben espresso da Hans Jonas, il personale medico dovrebbe sempre essere escluso dalle procedure di morte assistita, poiché nessun medico dovrebbe mai dare l’impressione di poter diventare il killer dei suoi stessi pazienti.

Infine, c’è un’illusione collettiva da cui tutti è bene che ci si ridesti, cioè l’idea che la legalizzazione della morte assistita, tanto con un ddl di centro-destra quanto con quella di un Ddl di centrosinistra, possa rappresentare un argine al dilagare del fenomeno, poiché non si può fermare uno tsunami con un mucchietto di sabbia. A smentire tale surreale prospettiva militano le tragiche esperienze derivanti da tutti quei Paesi come l’Olanda, il Belgio, la Svizzera hanno già da decenni legalizzato la morte assistita. A titolo esemplificativo, il noto portale elvetico di informazione Swissinfo.ch dello scorso 10 luglio 2025 ha pubblicato la notizia per cui negli ultimi venticinque anni le richieste di morte assistita in Svizzera sono addirittura quadruplicate tra gli anziani. È l’ennesima diretta e incontrovertibile testimonianza del fatto che la legalizzazione non argina il fenomeno e che anzi espone a maggiore pressione proprio i più fragili. Il decadimento logico-giuridico a cui oggi si assiste è cominciato con il sostegno del mondo cattolico alla legge 219/2017 con l’idea che potesse bastare, e così non è stato. Non soddisfatti di questo errore, oggi si intende replicarlo in modo ben più grossolano e ben più carico di conseguenze preferendo rimanere incantati dalle proprie illusioni, a dispetto della realtà e del valore della persona e del diritto.

Aggiornato il 31 luglio 2025 alle ore 15:41