A Rebibbia il 42° suicidio in carcere nel 2025: il tempo scorre verso il disastro

Riceviamo da Gianni Alemanno e pubblichiamo nel rispetto delle norme dell’Ordinamento

Rebibbia, 20 luglio 2025 – 201° giorno di carcere.

Dopo i due tentati suicidi sventati in extremis a Rebibbia grazie ad altre persone detenute, alla fine nel nostro carcere è arrivato il 42° suicidio in cella del 2025. Maurizio D.B. era un rapinatore di 55 anni, detenuto dal 2019 con una pena di 15 anni di carcere. Era in cella singola del Braccio G12 di Rebibbia. Negli ultimi giorni era stato raggiunto dalla notifica di un’altra condanna, sempre per rapina, ad altri 7 anni di carcere. Nella notte di venerdì 18 si è impiccato alle sbarre della finestra della cella ed è stato trovato al mattino dopo dagli agenti della Penitenziaria con il corpo già freddo. Sembra che abbia lasciato una lettera d’addio, ma non ne conosciamo il contenuto. I media – a differenza dei due precedenti tentati suicidi – questa volta hanno dato notizia. Ma quello che le cronache giornalistiche non hanno detto (perché probabilmente non lo sanno) è che, in teoria, anche questo suicidio poteva essere sventato se le ispezioni periodiche notturne avessero funzionato secondo regolamento.

Ma questi giri per controllare le celle, per il sovraffollamento e per la carenza di personale della Penitenziaria, sono ridotti e spesso vengono saltati. Così, come detto, sono 42 i suicidi in carcere nel 2025, più 3 suicidi di agenti della Polizia penitenziaria. Potrebbe essere superato il tragico record del 2024, durante il quale si sono suicidate 83 persone: più di 12 suicidi ogni 10mila persone detenute. Per fare un raffronto: in Italia ogni 10mila abitanti ci sono 0,67 suicidi e quindi nelle carceri il tasso di suicidi è 18 volte più alto di quello della popolazione normale. Ma il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha le sue teorie e continua a ripeterle con una ostinazione degna di miglior causa. Secondo lui (intervista al Corsera del 17 luglio) “l’indulto e la liberazione anticipata speciale, se motivati dal sovraffollamento, non solo costituiscono una manifestazione di debolezza dello Stato o addirittura una resa, ma sono anche inutili”.

Certo, invece lo Stato italiano – con questo sovraffollamento da terzo mondo e con questo tasso di suicidi da stato totalitario – ci sta facendo una grandissima figura, da vero “Stato di diritto”. Quanto poi all’inutilità di queste misure, il ministro ripete sempre i numeri disastrosi dell’indulto del 2006, quando una buona parte delle persone liberate tornò rapidamente in carcere per nuovi reati, ma si guarda bene dal verificare i numeri del precedente esperimento di “liberazione anticipata speciale” (che è il provvedimento su cui si stanno confrontando Roberto Giacchetti e Ignazio La Russa). Con questo esperimento, imposto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, si passò dagli oltre 68mila detenuti presenti a metà 2010 ai circa 52mila di fine 2015 e gli effetti positivi si vedono ancora oggi. Ma il nostro Ministro non si ferma qui. Sostiene che “paradossalmente il sovraffollamento è una forma di controllo (contro i suicidi): alcuni tentativi di suicidio sono stati sventati proprio dai compagni di cella” (sic), come se in assenza di sovraffollamento le persone detenute non stiano in cella insieme. D’altra parte, per rispondere all’emergenza del sovraffollamento, Carlo Nordio, smentendo la sua storia di magistrato garantista, dall’inizio del suo mandato da ministro sta lanciando solo proposte irrealistiche se non surreali.

Prima ha garantito la costruzione di nuove carceri, che sono tutte ancora di là da venire e che quando arriveranno dovrebbero innanzitutto sostituire gli istituti di pena che ormai meritano di essere chiusi per la loro obsolescenza (pensiamo a Regina Coeli). Poi, ha promesso di adibire a luoghi di custodia attenuata degli edifici pubblici dismessi, come le caserme, che le amministrazioni competenti non sono mai state disponibili a cedere. Ancora oggi continua a dire che trasferirà il 25 per cento della popolazione detenuta, quella che ha problemi di tossicodipendenza, nelle comunità terapeutiche che, però, sono già piene di persone in trattamento e non ne possono ospitare molte altre. Oppure promette di trasferire i detenuti immigrati nelle carceri dei Paesi d’origine, trasferimento che richiede trattati con questi paesi d’origine che nessun governo è mai riuscito a firmare per evidenti motivi (figuratevi se li riprendono. Infine – è l’ultima di questi giorni – ha istituito una “task force” presso il ministero per far concedere a più di 10mila persone detenute il beneficio delle pene alternative, “dialogando” con i Tribunali di sorveglianza.

Come se questi magistrati diventano improvvisamente disponibili a concedere quei benefici che non hanno finora riconosciuto alle persone detenute, spesso per gravi problemi di interpretazione giuridica o di carenza di organico. Anche questo sarà l’ennesimo buco nell’acqua che servirà solo a far rimbalzare a settembre il problema del sovraffollamento. Oggi ci dovrebbe essere un Consiglio dei ministri in cui Nordio presenterà un piano per la costruzione “immediata” di 10mila nuovi posti in carcere, tramite strutture prefabbricate. Stendendo per ora un velo pietoso sull’abitabilità e sulla dignità per le persone detenute in questi prefabbricati, ci chiediamo in quanto tempo il Ministero pensa di mettere a disposizione questi nuovi posti in carcere (che non sarebbero neppure sufficienti a coprire tutto il fabbisogno): tra gare, costruzione delle strutture, collaudi e dotazione di personale (che già ora manca) ci vorrà almeno un anno forse per mettere a disposizione 2-3mila posti con costi enormi. Se è no, la crescita del numero di detenuti che sarà avvenuta nel frattempo. Ricordiamo al signor Ministro che dal momento del suo insediamento il sovraffollamento è cresciuto dal 107 per cento al 134,3 per cento e che, se non si prenderanno provvedimenti veramente efficaci, al termine della legislatura sarà giunto alla cifra record di oltre il 160 per cento. Un vergogna che l’Italia, la Patria del diritto, francamente non merita.

Gianni Alemanno e Fabio Falbo

Aggiornato il 22 luglio 2025 alle ore 12:02