La gabbia social

All’inizio del secolo scorso Max Weber parlava di gabbia d’acciaio per descrivere il connubio di capitalismo e burocrazia che aveva impoverito, dal punto di vista dello slancio vitale e delle possibilità esistenziali, il tenore di vita dell’uomo moderno, sempre meno a contatto con la natura, con le vicende politiche, con i suoi pari. Oggi a causa della società del clic digitalmente interconnessa, che si muove sui resti di quello che era la civiltà occidentale, si è creata una nuova gabbia, non più d’acciaio come in Weber ma trasparente, perché alla portata di tutti e al massimo grado pervasiva, perché raggiunge potenzialmente chiunque. Da poco più di un decennio la nuova tecnologia digitale che connette il mondo ha fatto sì che il punto focale di attenzione di ogni essere umano si sia pietrificato sulle vicende essenzialmente umane, della vita quotidiana che filtrano sui social, perché i media digitali veicolano soltanto fatti della vita reale di ciascuno, come desideri, racconti, opinioni, suggestioni, velleità. Questa gabbia di vetro ci sospende dentro una dimensione di ordinarietà, di conformità alla regola, nel trionfo del reale iper umano, di ciò che è potenzialmente e giornalmente comunicabile, senza generare o suscitare voli pindarici o domande su ciò che costituisce i segreti dell’essere e trascende l’esperienza umana.

I social sono vincolati soltanto da vicende che hanno il loro fondamento nella vita pratica e non lasciano filtrare una comunicazione che possa riguardare ciò che va oltre, veicolando una curiosità antropocentrica che fa distogliere lo sguardo da tutto ciò che non appartiene al mondo umano. Il residuo della ricerca è annullato e il pensiero metafisico fondato sullo slancio verso l’altrove spezzato, nel trionfo dell’oblio e della dimenticanza della ricerca dell’essere. L’essere nella sua totalità viene sempre più messo da parte perché quello che viene filtrato, ciò che ha importanza è il discorso antropocentrico digitalmente trasmesso. La curiosità è diventata curiosità di ciò che dimora vicino alla quotidianità, lo straordinario come ciò che eccede la realtà iper umana viene codificato al massimo come aforisma capace di veicolare le grandi saggezze del passato per offrire una misura di condotta pratica, utile per meglio affrontare i passi del proprio tempo.

Il passaggio che ha visto l’avvicendarsi della tecnologia digitale all’analogica ha imposto una logica da ultimo uomo, utilizzando la terminologia di Friedrich Nietzsche, con l’appiattimento della narrazione su tutto ciò che è umano, abbattendo ogni curiosità su ciò va al di là del metro di misura imposto dal minimo comune denominatore della vita quotidiana. Per questo c’è bisogno di una nuova metafisica dell’oltre che ribalti la logica del digitale e dei social e la loro gabbia di vetro che soffoca la ricerca, una metafisica capace di andare a esplorare ciò che non riguarda immediatamente l’esperienza vissuta, ma sia aperta all’alterità e all’ascolto della totalità dell’universo che ci circonda e dei suoi segreti. Occorre superare la gabbia di vetro dei social e comprendere che l’universo è molto più vasto di ciò che perimetra il discorso dei media digitalmente connessi, attraverso una ricerca o ascolto dell’essere che metta in evidenza anche ciò che non è umanocentrico, come il sacro e la spiritualità, per lasciarsi affascinare da un nuovo slancio vitale che culturalmente trascenda i limiti dell’ordinarietà umana.

Aggiornato il 22 luglio 2025 alle ore 10:03