Allerta Pronto soccorso: manca personale

Sono almeno 3.500 i medici che mancano nei Pronto soccorso italiani, con una scopertura complessiva che tocca il 38 per cento degli organici. Una voragine che non si colma neppure con l’impiego di cooperative, prestazioni aggiuntive o i cosiddetti medici a gettone: resta infatti totalmente vacante il 17 per cento delle posizioni e non meno di 550 medici risultano completamente assenti, senza alcuna forma di sostituzione o supporto contrattuale. A questa condizione già fragile si somma il fenomeno del boarding, ovvero la gestione dei pazienti che stazionano in Pronto soccorso in attesa di un posto nei reparti. Una pratica che, di fatto, aumenta il carico di lavoro dei dirigenti medici, assorbendo il 30-40 per cento delle risorse interne.

A fotografare con precisione questa emergenza è la Simeu (Società italiana di medicina d’emergenza urgenza), che lancia un nuovo allarme a partire dai dati di un’indagine condotta su 153 strutture distribuite in tutto il territorio nazionale. Il campione analizzato • che rappresenta oltre 7 milioni di accessi nel 2024, pari a più del 37 per cento del totale (stimato in circa 19 milioni di accessi annuali) – comprende per il 26 per cento Dea (Dipartimenti di emergenza urgenza) di secondo livello, per il 57 per cento Dea di primo livello e per il 17 per cento Pronto soccorso puri. Le percentuali di carenza si attestano a oltre il 25 per cento nei Dea di secondo livello, superano il 43 per cento nei Dea di primo livello e raggiungono punte superiori al 55 per cento nelle strutture di Pronto soccorso. Sotto il profilo geografico, il quadro non è meno critico: la scopertura è pari al 36 per cento nelle regioni del Nord, mentre nel resto d’Italia non scende sotto il 42 per cento, con picchi ben più elevati in alcune aree.

“In termini assoluti – ha precisato Mirko Di Capua, segretario nazionale Simeu – le carenze maggiori si registrano nei Dea di secondo livello, che hanno necessità di organici ben più numerosi. Ma il dato percentuale, enorme, delle carenze nelle strutture più periferiche rivela una condizione allarmante: la rete dell’Emergenza Urgenza dovrebbe necessariamente essere capillare e molto efficiente laddove invece le difficoltà in termini di governo delle strutture ed erogazione del servizio si stanno rivelando tremende”. Secondo lo studio, solo il 57 per cento delle posizioni vacanti viene rimpiazzato con personale assunto con modalità contrattuali alternative: cooperative (18 per cento), libero-professionisti (16 per cento), prestazioni aggiuntive (15 per cento) e specializzandi in libera professione (8 per cento). “Pur avendo chiaro l’obiettivo di riportare l’Emergenza Urgenza nell’esclusiva competenza degli operatori del Sistema sanitario nazionale e agli specialisti Meu, allo stato attuale, in mancanza di un progetto di correzione strutturale e operativa ragionato – ha riconosciuto Mario Guarino, vicepresidente Simeu – purtroppo non siamo in grado di privarci di nessuna delle componenti che concorrono al servizio”.

Il quadro delineato conferma la necessità improrogabile di restituire dignità e attrattività alla professione in Medicina d’Emergenza Urgenza, a partire dal miglioramento delle condizioni di vita personale e lavorativa. Non a caso, i centri più piccoli e periferici faticano maggiormente ad attrarre personale qualificato, con ricadute dirette sulla sicurezza dei cittadini. La Simeu ribadisce con fermezza la richiesta di una riforma strutturale profonda dell’intera rete dell’Emergenza Urgenza, fondata su principi di efficacia, efficienza e valorizzazione delle professionalità coinvolte, per ridare centralità a un servizio pubblico essenziale e oggi gravemente compromesso.

Aggiornato il 10 luglio 2025 alle ore 15:57