Caso Tortora: ci voleva Bellocchio?

“Ero in una stanza d’albergo, dove scendo da circa 20 anni. Bussarono alle 4:15 del mattino, tenga presente che il giorno precedente avevo respinto con un sorriso la notizia che alcuni colleghi giornalisti (ex colleghi perché sono stato sospeso dall’ordine) mi diedero: c’è un’Ansa che dice che ti hanno arrestato. Dissi (all’epoca avevo ancora un po’ di ironia): credo che la notizia sia leggermente esagerata!”.

Era il 17 giugno del 1983 quando Enzo Tortora venne arrestato in uno dei più lussuosi alberghi romani, il Plaza, con l’accusa di sospetta appartenenza all’associazione camorristica Nuova Camorra Organizzata, il clan capeggiato da Raffaele Cutolo, specializzato nel traffico di droga e questa è la testimonianza diretta dello stesso Tortora rilasciata in un’intervista del 14 maggio 1984 a Giuseppe Marrazzo ricordando il giorno del suo arresto avvenuto l’anno prima.

Sulle pagine di questo giornale, il caso Tortora è stato approfondito in più occasioni, a partire dalle dichiarazioni di mio padre, il compianto direttore Arturo Diaconale che, lanciando il movimento da lui presieduto “Vittime della giustizia e del fisco”, dichiarava: “Tortora è stata la prima vittima di quella deviazione del sistema giudiziario che prende il nome di gogna mediatica e che è prodotto dal circuito formato da magistrati in cerca di notorietà e giornalisti compiacenti in cerca di notizie”.

Non meno di un anno fa, in un articolo a firma Giancarlo Lehner, veniva ricordato come: “Di fatto, il gentiluomo Enzo Tortora, colpevole soprattutto d’essere liberale piuttosto che politicamente corretto, cioè comunista, fu condannato a morte da imputazioni infamanti (associazione camorristica e spaccio), che scatenarono il tumore da stress giudiziario, alimentato ed aggravato dalla insopportabile sofferenza di chi è accusato ingiustamente”. E ancora, ripercorrendo gli eventi che portarono all’arresto del noto conduttore televisivo, sempre su questa testata, Valter Vecellio scriveva: “Tortora da quella vicenda esce schiantato. Stroncato da un tumore vuole essere sepolto con una copia della Storia della colonna infame, di Alessandro Manzoni. Sulla tomba un’epigrafe, dettata da Sciascia: Che non sia un’illusione.

Ma ci voleva Marco Bellocchio per riportare l’opinione pubblica o, meglio, la memoria del pubblico, a quel giorno di 42 anni fa quando tra la folla riunita attorno allo showman della Rai dell’epoca gli gridava contro: “Vergogna, ladro, sei un criminale, vigliacco, maledetto”.

Nel giorno di tale ricorrenza, infatti, sono state rese disponibili le prime immagini di “Portobello”, la nuova serie di Marco Bellocchio dedicata alla drammatica vicenda del conduttore televisivo. È la prima produzione originale italiana annunciata da Warner Bros-Discovery per la nuova piattaforma streaming Hbo Max. Si tratta di una produzione Our Films, società del gruppo Mediawan, e Kavac Films, in coproduzione con Arte France ed in collaborazione con The Apartment Pictures, una società del gruppo Fremantle.

A firmare la produzione sono Lorenzo Mieli e Mario Gianani per Our Films e Simone Gattoni per Kavac Film.

Scritta da Marco Bellocchio, Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore vede Fabrizio Gifuni interprete di Tortora, che nelle prime immagini rese oggi disponibili, appare in manette davanti a una caserma dei carabinieri romana.

Ci voleva Marco Bellocchio piuttosto che mezzo secolo di battaglie liberali per riportare all’attenzione di tutti una vicenda che ha segnato l’inizio di un’epoca dove il connubio tra magistratura e mass media ha provocato innumerevoli danni, dando il via alla stagione di Mani Pulite, distruggendo vite di innocenti alle quali nessuno ha mai chiesto scusa.

Ci voleva Marco Bellocchio per riportare sotto ai riflettori la proposta – ferma in Parlamento – dell’istituzione per il 17 giugno della Giornata nazionale in memoria delle vittime degli errori giudiziari.

Aggiornato il 17 giugno 2025 alle ore 15:02