Ierofania di Leone XIV: pontefice tra Kairos e Kronos

L’atto attraverso il quale il sacro si manifesta, scrive Mircea Eliade, il grande studioso delle religioni e antropologo rumeno di fama internazionale, è la “ierofania”. L’apparizione del pontefice massimo Leone XIV l’8 maggio 2025 dalla loggia delle benedizioni su Piazza San Pietro può essere intesa come tale, poiché la persona del papa nel Cattolicesimo è il successore di Pietro, il rappresentante visibile di Cristo sulla Terra e suo vicario. In questo senso, il papa non è solo una figura umana, ma un veicolo attraverso cui si manifesta una realtà trascendente, un “totalmente altro” appartenente al mondo del sacro, come avviene in ogni ierofania. La sua funzione di guida spirituale, la sua autorità religiosa e i suoi gesti liturgici, carichi di simbolismo, rendono visibile questo processo metafisico che si incarna in una sostanza umana. Eliade afferma che “l’uomo prende coscienza del sacro perché esso si manifesta, si mostra come qualcosa del tutto diverso dal profano. Dalla ierofania più elementare, come una manifestazione del sacro in un oggetto qualsiasi, una pietra o un albero, alla ierofania suprema, che per un cristiano è l’incarnazione di Dio in Gesù Cristo, non vi è soluzione di continuità”.

In questa prospettiva, l’apparizione di Papa Leone XIV, che indossa rocchetto, mozzetta, stola e croce d’oro, connette immediatamente la sua figura alla tradizione bimillenaria della Chiesa Cattolica, incarnando il sacro attraverso simboli che ne amplificano la manifestazione. Il Conclave, con la sua ritualità carica di tradizione, segretezza, modalità di voto e relativa fumata dal comignolo della Cappella Sistina, crea una sospensione della dimensione temporale, un intervallo in cui il tempo ordinario, il Kronos, si dissolve per lasciare spazio al Kairos, il “tempo sacro” qualitativo orientato verso un evento trascendente: l’elezione del pontefice massimo. Il Kronos, tempo lineare e misurabile che scandisce la vita quotidiana, rappresenta il fluire delle attività profane, mentre il Kairos è il tempo religioso, il “momento propizio”, in cui il divino irrompe nella realtà trasformandola. Durante il conclave, tutto è attesa, si rimane sospesi, fino a quando il cardinale protodiacono annuncia con grande gaudio al popolo di Roma: “Habemus Papam”. Questo annuncio segna il culmine del Kairos, cristallizzando nel Kronos la figura del papa come simbolo vivente della continuità tra passato e presente, immanente e trascendente, è il momento in cui si rende visibile la realtà di Cristo, mediatore supremo tra Dio e umanità. Per questo l’elezione di Papa Leone XIV, avvenuta l’8 maggio 2025, non è stato solo un evento storico, ma un momento di rivelazione in cui la presenza cristologica si manifesta attraverso la sua persona, un’irruzione del divino che collega la tradizione apostolica al magistero futuro del pontefice. La realtà così non è oggettiva e indipendente, ma emerge dall’interazione dialogica tra partecipanti coscienti e campo di possibilità. Il papa si configura così come un “osservatore privilegiato”, un nodo centrale nel campo dialogico, la cui coscienza, unita a quella collettiva dei fedeli, rende percepibile il sacro.

La sua apparizione, avvolta nei simboli della tradizione, che Leone XIV ha ripristinato, è un momento in cui il Kairos si concretizza in un “collasso cristologico” in cui la possibilità della presenza di Cristo si manifesta in un evento tangibile. Il Conclave, con la relativa attesa sacra, rappresenta pertanto una sovrapposizione quantica, in cui i cardinali elettori, guidati ma non obbligati dallo Spirito Santo, scelgono tra possibilità multiple, secondo il loro libero giudizio. L’annuncio “Habemus Papam” segna poi il collasso di questa sovrapposizione, rendendo il papa il simbolo della continuità cristologica. I riti del Conclave sono “strutture di coerenza” che orientano la coscienza collettiva, permettendo la ierofania grazie ad una realtà co-creata attraverso il dialogo tra gli osservatori coscienti. Sant’Agostino illumina questa dinamica con la sua visione di Cristo come mediatore supremo. Nel De civitate Dei citando San Paolo definisce il Risorto come “Mediatore Dei et hominum, homo Christus Iesus”. E il Papa, come suo vicario, eredita questa funzione, incarnando la mediazione di Cristo nel tempo storico.

Egli illumina la verità cristologica, agendo come “maestro interiore” che guida i fedeli verso la partecipazione al divino e diventa pertanto il prolungamento del mediatore supremo, Cristo, e della Chiesa come Corpus Christi, ponte tra Kairos e Kronos per la comunità ecclesiale. Encicliche, omelie e canonizzazioni offrono pertanto una narrazione coerente che integra il sacro nella vita quotidiana collegandolo alla vita quotidiana rendendolo parte della realtà condivisa dalla comunità cattolica. In questo contesto i simboli religiosi non sono reliquie del passato, ma codici viventi che invitano ogni credente a partecipare al mistero, unendo l’umano al trascendente in una realtà co-determinata dalla fede. Ma oltre ai simboli ci sono le parole pronunciate nei discorsi, che da subito hanno chiarito qual è l’impostazione di Leone XIV. Come il richiamo a perseguire la pace, quella di Cristo il Risorto, a differenza di chi invece si accomoderebbe ben volentieri anche a quella proposta a suo tempo dall’Unione Sovietica con il “Premio Stalin per la pace” nel 1949 che il compagno Iosif aveva istituito a sua glorificazione, poi reintitolato, dopo la sua morte, a Lenin nel 1956. Fin dalle prime Sua Santità ha rimesso al centro Cristo come, capo della Chiesa, redentore e unica fonte di verità e pace. Peraltro scegliendo il nome si è posto in continuità con Leone Magno che nel 452 ferma Attila e i gli unni dal devastare l’Italia e Roma, con Leone X che con la bolla Decet Romanum Pontificem il 3 gennaio 1521 aveva scomunicato l’agostiniano Martin Lutero e Leone XIII autore della Rerum Novarum che apre la Chiesa alle istanze sociali condannando quelle dei socialisti.

Perché essi, scrive il romano pontefice, “attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello Stato, inoltre, la proprietà privata è sommamente consona alla natura dell’uomo e alla pacifica convivenza sociale, l’ha solennemente sancita mediante la pratica di tutti i secoli. E le leggi civili che, quando sono giuste, derivano la propria autorità ed efficacia dalla stessa legge naturale. Pertanto la comunanza dei beni proposta dal socialismo va del tutto rigettata, perché nuoce a quei medesimi a cui si deve recar soccorso, offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune. Resti fermo adunque, che nell’opera di migliorare le sorti delle classi operaie, deve porsi come fondamento inconcusso il diritto di proprietà privata. Naturale diritto dell’uomo è la privata proprietà dei beni e l’esercitare questo diritto è, specialmente nella vita socievole, non pur lecito, ma assolutamente necessario. Chiarendo che tutti gli uomini sono uguali, né esistono differenze tra ricchi e poveri, padroni e servi, monarchi e sudditi, perché lo stesso è il Signore di tutti (Rom 10,12). A nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell’uomo”.

Inoltre il leone, simbolo di forza, coraggio e regalità, evoca già l’idea di una Chiesa Cattolica eroica, pronta a ruggire per far sentire la sua autorevole voce. Peraltro nel libro dell’Apocalisse Cristo è descritto come il “Leone di Giuda” in riferimento alla tribù da cui proveniva Re Davide. Infine, rileviamo il fatto indicativo che Leone XIV firma usando aggiungere al suo nome l’acronimo “P.P.” (come i suoi predecessori) che sta per Pontifex Pontificum, “Pontefice dei pontefici”; Pastor Pastorum, “Pastore dei pastori”; Pater Patrum, “Padre dei padri”. Un chiaro segnale di come vuole interpretare il suo mandato apostolico. Certo la guida della Cristianità non sarà facile, e il Governo delle cose umane è sempre sottoposto all’imprevedibilità della nostra natura e le sfide della contemporaneità, dalle guerre alla secolarizzazione della società, dalle tensioni sociali agli edonismi autoreferenziali, dalla crisi delle vocazioni al ruolo dei laici, saranno i punti nodali che il neo pontefice dovrà affrontare con decisione, aprendo nuove vie nel solco tracciato dai suoi predecessori, anche di Francesco, che ha reso possibile la sua elezione, prima elevandolo a vescovo, poi creandolo cardinale ed infine nominandolo a capo del Dicastero per i vescovi anche se, come lui stesso ha detto, non era sempre in accordo con lui.

A Papa Bergoglio va riconosciuto il merito di avere aperto, anche con la nomina del cardinale Robert Francis Prevost, la Chiesa a un’autentica universalità inserendo nel collegio cardinalizio elementi provenienti dalle più disparate parti del mondo, sganciandola peraltro da una visione italocentrica e occidentale. Leone XIV dovrà tradurre il linguaggio della tradizione in un dialogo che parli ai giovani, spesso distanti ma in cerca di significato. Il suo magistero dovrà dimostrare che essa non è un ostacolo al futuro quando non diventa adorazione della cenere o conservazione del contingente, che non è un museo bello ma inaccessibile, ma una forza viva, capace di rispondere alle domande del presente in un mondo complesso in cui ortodossia e innovazione devono armonicamente dialogare. La missione del “Padre dei padri” richiederà molto discernimento profetico perché si dovrà confrontare con questioni urgenti legate all’intelligenza artificiale, alla bioetica e alle crisi globali, che lui stesso ha già individuato. Avrà il compito di guidare i fedeli in un tempo dove la tecnologia sta ridefinendo l’umano, contribuendo ad una “deumanizzazione” crescente, portando al rischio di alterare l’essenza stessa dell’umano, definita da qualità intrinseche come coscienza, esperienza soggettiva, capacità di amare, creare, e provare emozioni.

L’integrazione con le nuove tecnologie porterà certamente a una estensione delle nostre potenzialità, ma se si dovessero alterare le caratteristiche che ci differenziano dal resto del creato, significa che l’uomo per diventare qualcosa di diverso. Proprio per questo bisognerà articolare una visione teologica che integri il progresso scientifico senza compromettere la centralità di Cristo, evitando sia il rifiuto aprioristico della modernità sia un’adesione acritica alle sue promesse, magari dedicando proprio una lettera enciclica a questi temi per guidare i fedeli nel mondo delle super tecnologie mettendo al centro il rispetto della dignità umana e la priorità della coscienza morale sulle decisioni algoritmiche. Intanto, la Chiesa universale gioisce in quanto ha di nuovo il suo “Pastore”, morto e risorto, giacché come scrive Joseph De Maistr, in Del papa, “senza il papa, sarebbe come un corpo senza capo, un’armata senza generale, un regno senza re” anche se alla fine il male non prevarrà perché In Illo uno unum solo il tempo rivelerà come il Pontefice dei pontefici, Leone XIV, interpreterà il suo Kairos.

Aggiornato il 15 maggio 2025 alle ore 11:52