La Chiesa di Leone: rimettere al centro Cristo (e l’Occidente)

Leone XIV non è Francesco. Ma questo lo si era ampiamente compreso sin dal principio. Del resto, già il nome scelto dal nuovo pontefice e il modo in cui lo stesso si era presentato ai fedeli appena dopo la sua elezione avevano lasciato poco adito a dubbi o interpretazionidi parte” e infranto sogni e speranze di quanti, soprattutto all’interno della cosiddetta “galassia progressista”, pregustavano già un nuovo papato in perfetta continuità con il precedente. La definitiva conferma di quanto marcate possano essere le differenze tra i due pontefici è poi arrivata nelle ore immediatamente successive, già nel corso della prima messa da papa celebrata da Robert Francis Prevost.

Intanto, nelle parole del successore di Bergoglio è stato possibile cogliere una maggiore sobrietà dottrinale e una più vasta e radicata cultura teologica, che, per molti aspetti, sembrerebbe rievocare quella di un altro suo illustre predecessore, quel Benedetto XVI la cui sapienza dottrinaria rimane a tutt’oggi ineguagliata e ineguagliabile. Dopodiché, un altro aspetto tutt’altro che trascurabile che papa Prevost non ha voluto perdere l’occasione di rimarcare nella sua prima omelia è la mutata posizione del “pastorerispetto a Cristo, apparsa adesso lontana anni luce dai protagonismi e dalla mondanità che avevano caratterizzato il pontificato di Francesco. Nella Chiesa di Leone, l’ideologismo e la sfrenata ricerca del consenso sembrerebbero voler assumere un ruolo assai più marginale rispetto al recente passato per riportare al centro un Cristo tornato ad essere “salvezza” e finalmente disancorato da certe interpretazioniinnovative” e persino superomistiche. La gloria del pastore così si riduce, riscoprendo la sua originaria ragion d’essere nella “cura del gregge”, e lascia spazio all’irrinunciabile (se non altro per i cristiani) glorificazione del Cristo.

Alla ritrovata centralità di Nostro Signore, Leone XIV parrebbe inoltre voler affiancare quella (invece ancora tutta da ritrovare) di quell’Occidente terreno di sviluppo e di massima diffusione della cristianità. Guardare al “centro” per restituire valore e vigore al messaggio cristiano in Europa e nella parte più ricca e decadente delle Americhe, senza tuttavia lasciare indietro quelle “periferie” a cui Francesco aveva voluto rivolgere gran parte delle sue energie e delle sue attenzioni lungo tutta la sua “missioneal soglio pontificio. Del resto, se è vero che la Chiesa non può esimersi dal volgere il suo sguardo attento verso gli ultimi e dal cercare di diffondere il messaggio di Cristo su tutta la terra, allo stesso modo, è altrettanto vero che è proprio dall’opera di rievangelizzazione dell’Occidente post-cristiano, a onor del vero assai complessa ma oggigiorno estremamente necessaria, che passa la sopravvivenza del culto cristiano e della stessa Chiesa cattolica.

Aggiornato il 13 maggio 2025 alle ore 09:50