
“Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam”. Con queste parole Gesù affidò a Simone l’istituzione della Chiesa. Da quel momento in poi Pietro sarà il primo vicario di Cristo. Oggi abbiamo l’americano-peruviano Robert Francis Prevost, il suo 267° vicario. L’agostiniano, nato a Chicago 69 anni fa, è stato eletto in uno dei conclavi più brevi dell’ultimo secolo e mezzo: dopo il quarto scrutinio, forse il terzo (non è da escludere che la fumata nera della mattina dell’8 maggio fosse in anticipo proprio perché esito di un solo scrutinio, e non due), i signori cardinali hanno dato a Roma il suo vescovo.
Papa Francesco, nel suo primo discorso alla folla, il 13 marzo del 2013 aveva detto di essere stato scelto ‘‘quasi dalla fine del mondo ‘‘. Sembra che anche questa volta lo Spirito Santo abbia soffiato dal Sud del mondo verso la Cappella Sistina. Prevost è il meno americano tra gli americani. È un religioso, un ‘‘figlio di Sant’Agostino’’ e questo elemento porterà ad un carico spirituale importante; è stato per molti anni missionario in Perù, ha conosciuto la miseria, ha portato Cristo nei luoghi tormentati dai conflitti, dalle tratte umane. Papa Bergoglio l’ha voluto vescovo di Chiclayo nel 2014, e nel 2023 gli ha imposto la berretta cardinalizia.
Papa Leone XIV è un pastore, ma anche un uomo di curia. Dal 30 gennaio 2023 è stato Prefetto del Dicastero per i vescovi, l’organismo della curia romana che si occupa di erigere le diocesi, nominare i nuovi vescovi e organizzare le visite periodiche diocesane alla Santa Sede. I cardinali hanno scelto quindi un uomo vicino al popolo di Dio, ma anche un uomo che conosce le dinamiche interne della curia e le questioni istituzionali. Già si dà la caccia a qualche sua dichiarazione sulle donne, sugli arcobaleno, sull’ambiente, sulla destra, sulla sinistra. Sarebbe un pontefice poco aperto alla presenza delle donne nella Chiesa e piuttosto moderato sulle questioni etiche e l’apertura alle comunità colorate. Staremo a vedere. Il Papa lascia la vita precedente e si fa pastore universale. Diventa volto di Cristo ed erede di Pietro. Non è più quello di prima. Alcuni elementi devono far riflettere: anzitutto, il nome. Leone è un nome che fu sentito fino al 1903, quando morì Papa Vincenzo Pecci, Leone XIII. È un nome solenne. Se si pensa alla grandezza di Papa Pecci questo nome fa quasi soggezione. Fu il Papa della ‘‘Rerum Novarum’’, il Papa dei lavoratori, il Papa sociale, che quasi sembrava un eretico ai tempi, per l’impegno attivo verso le categorie poco sfiorate dalla Chiesa. Oggi abbiamo un nuovo Leone. Sarà, e già è, un Papa degli ultimi. Sarà il Papa della pace, quella tanto invocata da Papa Francesco. Sarà il Papa dei ponti, e avrà la responsabilità − ben emersa dalla commozione − di guidare la Chiesa verso un nuovo accentramento di Cristo e della spiritualità. Non lo vedo bene a fare l’attivista. Sarà un pastore in mezzo al suo popolo. Il secondo elemento che colpisce è l’aver indossato i paramenti precipui del Papa: la mozzetta rossa, la stola e una bella croce pettorale. Potrebbe apportare delle modifiche agli aspetti liturgici e riscrivere le caratteristiche estetiche del pontefice, pur mantenendo la semplicità che il suo essere religioso gli impone.
Nella messa celebrata con i cardinali nella Cappella Sistina, nell’omelia − un po’ in inglese e un po’ in italiano − parla della conversazione tra Gesù e Pietro. ‘‘La gente dice che sia il figlio dell’uomo?’’. Per il Papa questo non è un aspetto banale. Nella nostra società, fatta di limiti e potenzialità, chiedersi chi sia Cristo è importante. Per Prevost, molti oggi vedono in Gesù ‘‘un personaggio curioso’’.
Il Papa è successore di Pietro. Cristo ha fondato la sua Chiesa su un uomo del dubbio. Pietro ha rinnegato il suo maestro. Pietro ha avuto una fede instabile, eppure è diventato testimone e martire di Cristo. ‘‘Oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è considerata assurda, per persone deboli e poco intelligenti, dove si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia e il piacere. Chi crede è deriso e disprezzato, sopportato e compatito’’. Questa è lo spazio della missione. Papa Leone XIV ha fotografato ‘‘l’oblio della misericordia’’ e la ‘‘crisi della famiglia’’, tutte ‘‘ferite di cui la società soffre’’. Il pontefice ha descritto la crisi della sua istituzione e le fratture che necessitano rapidamente di essere guarite.
Per il Papa, è importante avviare un ‘‘cammino quotidiano di conversione’’ per poter confermare che Cristo è davvero il Dio vivente. Il pontefice chiede la ‘‘tenerissima’’ intercessione di Maria, affinché custodisca il suo ministero. Cosa ancora più grave, il Papa parla della situazione spirituale odierna come un ‘‘ateismo di fatto’’. Queste le parole di Leone. Il suo pontificato è già orientato a portare la fede dove c’è desolazione, la speranza dove c’è la rassegnazione, la certezza di Cristo dove c’è il dubbio. Più che dell’ambiente, si curi dell’ecosistema spirituale. È questa la missione di Leone XIV. ‘‘Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa’’. Le parole di Cristo sono quelle che il Conclave ha consegnato al primo Papa statunitense, nonché il secondo sudamericano della storia.
È il tempo di ristabilire le priorità, curare gli affanni spirituali, consacrare l’esistenza. Papa Leone ha questo gravoso compito, che speriamo tutti riesca a realizzare con la vicinanza del popolo cristiano.
Aggiornato il 09 maggio 2025 alle ore 15:35