In Italia c’è la mafia cinese

La mafia cinese in Italia non è un fenomeno marginale né recente. Da anni opera silenziosamente ma con metodi violenti e strutture consolidate, in particolare nel distretto produttivo del Centro Italia, nel triangolo Firenze-Prato-Osmannoro. Qui è in atto una guerra sotterranea tra bande criminali per il controllo del racket della logistica e della produzione tessile: la cosiddetta “guerra delle grucce”, dove le grucce rappresentano non solo il simbolo del business, ma anche un campo di battaglia per bande che si contendono il territorio a colpi di incendi dolosi, intimidazioni, pacchi bomba, omicidi e regolamenti di conti.

Ma ciò che avviene a Prato è solo una porzione di una mappa criminale ben più ampia: un fenomeno pienamente transnazionale, che parte dalla Cina, attraversa l’Europa e si innesta nei gangli economici italiani con alleanze, snodi logistici e strutture parallele. I clan cinesi coinvolti – in particolare le triadi – si muovono su scala globale, sfruttando la logistica commerciale come copertura e le reti della diaspora come canale di espansione e silenzioso radicamento. Sebbene il triangolo Firenze-Prato-Osmannoro rappresenti un epicentro storico delle attività delle triadi, recenti sviluppi indicano un’espansione significativa verso altre regioni italiane e Paesi europei. A Roma, ad esempio, è stato arrestato Zhang Naizhong, considerato il “capo dei capi” della mafia cinese in Italia, nell’ambito dell’operazione “China Truck” che ha portato a 33 arresti tra Italia, Francia e Spagna. Le triadi cinesi operano con metodi violenti e sofisticati, utilizzando esplosivi telecomandati per intimidire e controllare le comunità cinesi e i settori economici strategici, come la logistica e il trasporto merci. La loro presenza è stata documentata non solo in Italia, ma anche in Paesi come Francia, Germania, Spagna, Belgio e Paesi Bassi, dove controllano attività illecite quali gioco d’azzardo, prostituzione, traffico di droga e riciclaggio di denaro.

“A confermare la pericolosità e la natura mafiosa di queste strutture ci fu già una storica sentenza della Corte di cassazione del 2001, che per la prima volta riconobbe il 416-bis a un gruppo criminale cinese in Italia. Un precedente importante, spesso dimenticato, che dimostra come il radicamento mafioso delle triadi non sia una novità, ma un fatto ignorato per troppo tempo”, ci spiega Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, che da anni è tra le poche realtà italiane che non solo denunciano, ma studiano in profondità il fenomeno delle mafie cinesi. Calleri è stato tra i primi a parlare apertamente della guerra delle grucce, anticipando quello che oggi anche la Commissione parlamentare antimafia – di cui è consulente – comincia a riconoscere ufficialmente: ovvero che ci troviamo di fronte a una forma di mafia globale, con proprie regole, riti e una spiccata capacità di mimetizzazione economica.

Un’intervista nata per fare chiarezza su un fenomeno spesso oscurato da silenzi istituzionali, complicità locali e omertà comunitarie. E per dare voce a chi, come Salvatore Calleri, porta avanti un lavoro costante di analisi, denuncia e proposta, con l’autorevolezza di chi da anni osserva il fenomeno direttamente sul campo.

Presidente Calleri, lei è tra i primi ad aver parlato di una guerra delle grucce” legata alla criminalità cinese a Prato. Può spiegarci come e quando è iniziata, e quali sono oggi le sue caratteristiche principali?

La guerra delle grucce è iniziata oltre 10 anni fa e si è estesa via via alla logistica e poi alle questioni tipiche delle organizzazioni criminali mafiose.

La sentenza della Cassazione del 2001 ha segnato un precedente importante riconoscendo la mafia cinese come organizzazione di tipo mafioso. Ritiene che oggi il 416-bis venga applicato con la stessa fermezza nei confronti delle triadi?

L’articolo 416-bis a mio modesto parere si attanaglia bene all’attuale guerra di mafia, detto questo poi vanno visti i singoli casi concreti per valutare, ma senza dubbio per me siamo davanti ad un conflitto mafioso. Ora è vero pure che noi analisti siamo più liberi nell’affermare che a Prato esiste la mafia, perché oltre alla sentenza del 2001 che lo certifica che un caso c’è indubbiamente stato, compito degli analisti è pure quello di dire le cose come stanno a prescindere. Cosa nostra in Sicilia c’era ben prima, oltre 120 anni prima, che il maxi processo lo confermasse in modo definitivo nel 1992. Gli analisti anticipano i risultati dei processi.

Secondo le vostre analisi, quali sono le connessioni tra le triadi attive in Toscana e altre strutture criminali internazionali? Parliamo di una rete globale?

Le triadi sono di per se stesse organizzazioni internazionali. La guerra delle grucce ha toccato più Stati. Francia, Spagna, probabilmente pure la Germania. La rete quindi è globale.

La Fondazione Caponnetto da anni studia il fenomeno delle mafie straniere. Quali resistenze ha incontrato nel far emergere l’esistenza della criminalità organizzata cinese in Italia, e in particolare nel distretto tessile pratese?

Il territorio per anni ha ignorato il problema in toto. Solo alcuni lo hanno trattato sin da subito tra cui i brillanti autori del libro di Sara Pezzuolo e Giovanni Manfrellotti dal titolo Mafia cinese o made in China? La criminalità cinese in Italia: personaggi, testimonianze, reati e azioni di contrasto, con la prefazione di Pietro Suchan. Poi sul territorio pratese la prima politica ad intervenire è stata l’onorevole Chiara La Porta e a livello nazionale con le sue interrogazioni dalla Sicilia il senatore Giuseppe Lumia. Entrambi in tempi non sospetti.

Alla luce dei recenti arresti e delle dinamiche violente documentate tra il 2024 e il 2025, quali misure ritiene urgenti per contrastare efficacemente l’espansione delle triadi in Italia?

Innanzitutto partiamo da ciò che serve a Prato. Una sezione distaccata della Direzione distrettuale antimafia e un cambiamento chirurgico della normativa sui collaboratori e sui testimoni di giustizia che estenda le garanzie agli stranieri come richiesto dal procuratore Luca Tescaroli. Il muro della omertà si sta incrinando. A livello nazionale serve tenere alta l’attenzione e considerare le triadi, senza se e senza ma, delle organizzazioni mafiose pericolose.

Come valuta la recente attenzione della Commissione parlamentare antimafia su Prato? Si sta finalmente voltando pagina nella lotta alla mafia cinese, o siamo ancora in una fase di riconoscimento preliminare del problema?

Oggi per fortuna la lotta alla mafia a Prato è diventato un tema e la commissione antimafia presieduta dall’onorevole Chiara Colosimo non sottovalutata la questione, tant’è che ha fatto visita alla città il 4 aprile scorso. Fatto importante per evitare le sottovalutazioni del passato. Purtroppo si son persi almeno 20 anni.

Aggiornato il 06 maggio 2025 alle ore 11:35