Adesso è ufficiale: moralisti, manettari, moralizzatori e speculatori vari hanno veramente scoperto l’acqua calda. L’evento, inaspettato e al contempo rivoluzionario, è avvenuto in Sicilia, terra notoriamente capace di regalare sempre incredibili sorprese. Nell’isola del Gattopardo, le recenti inchieste condotte dalla procura di Palermo hanno portato alla luce un presunto sistema di clientele che vedrebbe coinvolti 18 soggetti, tra cui l’ormai ex segretario della Democrazia cristiana Totò Cuffaro, il cui coinvolgimento ha immediatamente seminato il panico tra avversari, alleati e compagni di partito. All’immancabile tentativo di massacro mediatico regolarmente perpetrato dai primi, si è affiancata la puntuale corsa dei secondi al disconoscimento del proprio alleato-leader. Particolarmente attivi, su questo fronte, sono risultati alcuni tra i dirigenti apicali della Dc, incredibilmente pronti a palesare sentimenti di rabbia, disgusto e spaesamento per le presunte condotte del loro segretario.
La medesima ipocrisia manifestata a più riprese anche da altri soggetti, politici e non, a vario titolo innegabilmente vicini al rinnegato Cuffaro, trattato in queste ultime ore alla stregua di un appestato proprio da chi, fino ad appena un attimo prima, aveva condiviso con lui scelte politiche, programmi, idee, regole di condotta. Come se l’unico problema del sistema politico siciliano risiedesse in un solo partito, la Democrazia cristiana, o potesse essere identificato con i metodi di un solo uomo, Totò Cuffaro, comodamente relegato, nella circostanza in questione, ad interpretare l’ingrato ruolo di nemico giurato del popolo, della morale e della legalità. Il più classico dei metodi per ripulirsi la coscienza e tentare di nascondere tempestivamente la polvere sotto il tappeto, insabbiando falle e criticità di un sistema che, nei fatti, si regola così da sempre, pur cambiando ciclicamente insegne, simboli e interpreti. È quell’eterno “gattopardismo” attraverso cui prolifera e si rigenera la solita vecchia logica del clientelismo, nata, per chi non se ne fosse ancora accorto, molto prima di Salvatore Cuffaro e della stessa Regione Sicilia, le cui fondamenta poggiano proprio su un consolidato sistema di tipo clientelare praticato ad ogni latitudine politica dalla quasi totalità dei soggetti che abbiano ricoperto posizioni di potere strettamente legate alla ricerca del consenso.
Certi meccanismi, inutile girarci troppo intorno, funzionano e si preservano a causa della continua domanda di clientele, a cui corrisponde, come accade in ogni mercato che si rispetti, una correlata offerta del medesimo bene o servizio. Più si riesce a intercettare e soddisfare questa domanda, più chance si possiedono di raccogliere e conservare consenso e potere, entrambe grandezze che crescono in maniera direttamente proporzionale alla capacità di ciascuno di offrire clientele. Su tali innegabili presupposti, si badi bene, non si fonda soltanto il presunto “metodo Cuffaro”, ma il sistema politico siciliano nel suo complesso. Affermare il contrario, equivale inevitabilmente ad affermare il falso. Ridurre il tutto a pochi e isolati casi, o addirittura, come in tale circostanza, ad unico soggetto politico, è un esercizio ipocrita e fuorviante che non risolve di certo il problema, ma, semplicemente, mira ancora una volta ad eluderlo.
Aggiornato il 19 novembre 2025 alle ore 09:45
