Quello dei “cecchini del finesettimana”, anche detti “cacciatori di uomini”, non è affatto un mistero intricato di cui sarebbe difficile venirne a capo.
Nel 1993, quando l’intervento Nato diventava manifesto nell’ex Jugoslavia, le frontiere che cingevano l’areale balcanico interessato dal conflitto venivano maggiormente attenzionate da forze di polizia e servizi segreti. Uomini e merci in entrata ed uscita da varchi come Trieste assurgevano ad obiettivi maggiormente monitorati: altrettanto succedeva per chiunque dall’Italia come da qualsivoglia aeroporto europeo facesse rotta per Sarajevo, per Belgrado o per Velika Gorica a Zagabria. Quindi c’è traccia negli archivi di più servizi segreti di eventuali importanti uomini d’affari, industriali o banchieri, che si sarebbero recati nella ex Jugoslavia nel periodo che va dal 1993 al 2001. A monitorare le frontiere europee, tra cui quella italiana di Trieste, c’erano le forze di polizia italiane, nonché barbe e baffi finti sloveni, croati, tedeschi, austriaci e Usa. Dovrebbe essere stato registrato il passaggio di potenti fuoristrada a benzina (oggi li chiamano Suv) tipo Range Rover V8 o Toyota con a bordo armi d’altissima precisione e relativi uomini delle scorte personali. Va detto che, quando si muovono importanti personalità imprenditoriali e d’affari la cosa viene generalmente monitorata dai servizi segreti: perché si sposta un pezzo dell’economia d’interesse nazionale.
Aggiungiamo che, con molta probabilità, si tratta d’appassionati di caccia con armi regolarmente detenute. Queste ultime si stenta a credere le abbiano trovate sulla postazione di tiro (in Jugoslavia giravano vecchi fucili e Kalashnikov non per tiro a distanza) con molta probabilità (e qualche vocina ce lo suggerisce) le hanno portate a seguito dai luoghi di partenza. È logico ipotizzare si trattasse di fucili d’altissima precisione sia per la manifattura (calcio, legno, acciai, fusione…) che per le ottiche, insomma gli eredi degli Sharps americani che a due miglia facevano secco un bisonte. E dato che le vetture erano regolarmente immatricolate e le armi denunciate (le forze dell’ordine conoscono il luogo di detenzione di fucili e pistole) sarebbe anche facile risalire a chi ha varcato il confine tra il ’93 ed il 2001 (mantenendosi larghi con le date): il cerchio si stringe ulteriormente se si concentra la ricerca su costosi fuoristrada e possessori di armi d’altissima precisione, fucili in unico esemplare che sul mercato possono superare gli attuali centomila euro di valore. Certamente poca gente si può permettere di viaggiare con polizie private, costosi Suv ed armi di tal fatta.
Selvaggina slava
La Jugoslavia era per gli appassionati italiani già meta di caccia negli anni ’70 e ’80: lamentavano scarsa selvaggina in tutto lo Stivale (oggi la situazione è mutata per via dei ripopolamenti); quindi si recavano nell’ex Federazione slava per abbattere orsi, cervidi, lupi e specie vietate o estinte in Italia, in genere riportavano dal confine triestino più capi d’urogallo. Essendo difficile valicare il confine con orsi e lupi (specie con divieto) si facevano portare le prede dagli jugoslavi che, miracolosamente, riuscivano a recapitare l’animale da impagliare direttamente all’indirizzo del tassidermista italiano. Già negli anni ’80 la cerchia dei cacciatori normali era abbastanza ristretta: per simili battute necessitava un equipaggiamento del valore attuale di circa venti mila euro tra fucili, munizionamento e accessori. È facile che i “cacciatori di uomini” facessero o fanno ancora parte di coloro che per partivano per safari Africa come nelle parti più recondite del Pianeta: il che restringe ulteriormente la cerchia ad un numero ristretto di appassionati del settore, ma con enormi disponibilità economiche. Il campione si restringe a non più d’un centinaio di soggetti, e tra loro a quelli che hanno fatto rotta per l’ex Jugoslavia durante il conflitto.
Più difficile è rintracciare i “cacciatori di uomini” europei, britannici e americani. Le guerre jugoslave sono state una lunga serie di conflitti armati, un misto di guerre civili e conflitti secessionisti che hanno sconvolto quasi tutti i territori dell’ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia: erano iniziati una decina d’anni dopo la morte di Tito, e sono durati tra il 1991 ed il 2001. La situazione salutava implicazioni internazionali nel 1993, quando la Nato varava le operazioni dell’Unprofor (acronimo di United Nations Protection Force, Forza di protezione delle Nazioni Unite) in Jugoslavia. Va ricordato che nelle prime ore del 30 agosto 1995 iniziava la “Operation Deliberate Force”, operazione militare della Nato in Bosnia: che storicamente viene ricordata come la prima azione militare nella storia della Nato. Una risposta al bombardamento del mercato di Sarajevo del 28 agosto 1995: bombardamento anomalo, dove cinque proiettili di mortaio, si disse lanciati da postazioni serbe su piazza Markale, uccisero 39 civili e ne ferirono almeno 90; ma nei giorni precedenti già l’intera area era obiettivo di cecchini, oggi il dubbio è che ci fossero anche i “cacciatori di uomini”.
Segreti internazionali
In quel periodo di guerre jugoslave tra il 1995 ed il 1996, Andrea Mountbatten Windsor (anche noto come l’ex principe britannico, figlio della regina Elisabetta II) veniva assegnato come Senior Pilot (pilota più anziano in grado) presso l’unità di volo dell’aviazione inglese: aveva incarico di supervisionare i voli e garantire il mantenimento della capacità operativa in Bosnia.
Certamente non riusciremo mai a sapere se Andrea Windsor sia stato conoscenza di opulenti cittadini britannici che avrebbero soggiornato in Bosnia in quel periodo per motivi di caccia. Ma è certo che l’amicizia tra Andrea e Jeffrey Epstein (finanziere, spia, collezionista di documenti scabrosi e agevolatore di reati sessuali) risalisse ai primi anni ’90. Sarah Ferguson aveva rivelato che Epstein ripianava i debiti di Andrea in cambio di aiuti e informazioni. E poi non dimentichiamo che più servizi segreti hanno tentato di tappare la bocca a Wikileaks (quindi a Julian Assange) per evitare la divulgazione dei documenti sulla morte di oltre 15.000 civili in circostanze misteriose (e non solo negli scenari di guerra Usa mediorientali). Probabilmente qualcuno ha l’elenco degli esponenti del jet set internazionale col passatempo della “caccia all’uomo”.
Andrea e un “ex primo ministro britannico” intrattenevano rapporti e scambio d’informazioni con Epstein fino dagli anni ’90. Ma perché queste storie finiscono sotto i riflettori solo oggi? Forse perché gli autori dei reati sono morti o rimbecilliti? Oppure perché sono in atto regolamenti di contri tra i potenti della terra ed anche tra i loro opulenti e viziosi servi? Forse ci danno in pasto queste notizie per dirci che c’è libertà, che c’è democrazia e informazione per il popolo. Forse fa tutto parte dell’ipocrisia occidentale, che, se non contrastata, può sfociare in terribile dittatura. Perché a me e a molti non piacerebbe che un “cacciatore di uomini” sieda in un Parlamento mondiale o europeo, o che decida se devo vivere green ed in “povertà sostenibile”.
Aggiornato il 14 novembre 2025 alle ore 12:40
