Riforma della giustizia: il retaggio di Falcone

Come scrive Domenico Ferrara sul Giornale, alla sinistra piace il Giovanni Falcone che rilascia interviste mai rilasciate. Ma c’è persino di peggio. Le posizioni del giudice simbolo dell’antimafia vengono messe in scena a uso e consumo di una narrazione partigiana che lo vedrebbe assolutamente contrario a qualsiasi ipotesi di riforma della giustizia. Con tutta evidenza, si tratta di un falso storico. Esistono audizioni, interventi e riflessioni poco conosciute, mai finite sotto i riflettori e soprattutto scomode per l’opinione pubblica. Ovviamente, si tratta di riflessioni che non sono mai approdate nelle tivù governate e popolate dalla sinistra. Naturalmente, non figurano tra analisi lette dai procuratore in televisione. Eppure, esistono. Come scrive Ferrara, si trovano scritte, nero su bianco, in diversi documenti della Camera e sono raccolte in un volume che rappresenta una sorta di lezione inascoltata del magistrato. Si tratta di idee controcorrente, mai prese in considerazione perché probabilmente avrebbero obbligato la magistratura a riflettere sul proprio ruolo e sulle proprie azioni. Ma è arrivato il tempo di ricordare ciò che si può leggere nel libro di 374 pagine dal titolo Interventi e proposte, 1982-1992 di Giovanni Falcone, edito da Sansoni, insieme alla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone.

Dopo il referendum del 1988 il magistrato scriveva: “Gli italiani non ci vogliono più bene? Per forza: siamo incompetenti, poco preparati, corporativi, irresponsabili”. Sulla competenza dei giudici, il pensiero di Falcone era ancora più netto: “Bisogna riconoscere responsabilmente che la competenza professionale della magistratura è attualmente assicurata in modo insoddisfacente; il che riguarda direttamente gli attuali criteri di reclutamento e quelli riguardanti la progressione nella cosiddetta carriera, l’aggiornamento professionale e i relativi controlli, la stessa organizzazione degli uffici e la nomina dei dirigenti”. E la considerazione che nutriva sull’Associazione nazionale magistrati? “La crisi dell’associazione dei giudici l’ha resa sempre più un organismo diretto alla tutela di interessi corporativi e sempre meno il luogo di difesa e di affermazione dei valori della giurisdizione nell’ordinamento democratico”. Non migliorava il giudizio sull’operato dei pm: “Mi sembra giunto il momento di razionalizzare e coordinare l’attività del pm, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticistica della obbligatorietà dell’azione penale e dalla mancanza di efficaci controlli della sua attività”. E, conclude Ferrara, come non citare poi la stilettata ai giustizialisti: “Perseguire qualcuno per un delitto senza disporre di elementi irrefutabili a sostegno della sua colpevolezza significa fare un pessimo servizio”.

Aggiornato il 13 novembre 2025 alle ore 13:00