Il vizio di origine dell’Unione europea

Diciamolo subito: l’Unione europea, a fronte della complessità degli attuali scenari internazionali, non ha la benché minima idea delle scelte strategiche da fare. A Bruxelles regnano sovrane incertezza e divisione. La debolezza dell’establishment europeo, disvelatasi appieno negli ultimi mesi, è la dimostrazione che l’ambizioso tentativo di costruire una comunità sovranazionale per mezzo di accordi di vertice altro non è che pura illusione. Ci si era, per l’appunto, illusi fin dal lontano 1951, allorquando sei Paesi del Vecchio continente fondarono la Ceca (la Comunità del carbone e dell’acciaio) e firmando pochi anni dopo, nel 1957, il Trattato di Roma, che la scelta della progressiva integrazione economica avesse dovuto portare, in modo quasi automatico, all’unità politica. Il progetto, senza precedenti nella storia contemporanea, nacque sulle rovine del Secondo conflitto mondiale allo scopo di garantire pace e stabilità a un continente messo in ginocchio da due guerre devastanti. In tal senso, chiarificatrici sono le osservazioni dello storico Tony Judt quando scrive che “l’Europa è stata costruita non con un piano politico unitario, ma per reazione a traumi e opportunità contingenti”.

La qual cosa rende ragione del modo e dei tempi adottati lungo più di settant’anni, per sostenere scelte prive di legittimazione democratica e sempre sotto il segno dell’emergenza, fino ad approdare il 1° gennaio 2002 all’introduzione della moneta unica. A tal proposito, nonostante la retorica ufficiale continui a negare la realtà, si renderebbe un buon servizio al futuro dell’Unione se si prendesse atto dell’errore compiuto nell’avere forzato imprudentemente le “leggi della storia”. Eppure non furono pochi gli analisti che misero sul chi vive i leader europei. Fra questi vi fu Niall Ferguson, che, nel febbraio 2002, ammoniva di “avere ignorato uno dei più importanti insegnamenti della storia moderna ossia che si arriva alla moneta unica solo dopo avere costruito l’unità politica”. D’altra parte, il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, in “l’euro come moneta unica minaccia l’Europa” individua “difetti di fondo nella scelta dovuti a un’errata comprensione del funzionamento dell’economia...un progetto mal concepito privo degli strumenti fiscali e politici per potere funzionare”. È inutile continuare a negarlo: il vizio di origine (l’economia anteposta alla politica) ha fatto sì che si dimenticasse che l’Europa non era e non è un continente omogeneo. Ciascuno dei 27 Paesi membri possiede una ricchezza fatta di identità culturali originali, di differenti tradizioni giuridiche, politiche e linguistiche.

Allo stato delle cose è quanto mai urgente prendere atto che una “comunità di destino” non potrà mai essere creata per mezzo di operazioni di vertice. Essa richiede principalmente due condizioni: il rispetto dei tempi lunghi della storia e nel contempo la partecipazione dei cittadini nelle scelte determinanti per il loro futuro. È su questi due passaggi che occorre impegnarsi, per evitare che sull’Unione venga calato definitivamente il sipario. Del resto, già negli anni Novanta, l’ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, parlando del vizio d’origine del progetto europeo avvertiva che “nessuno s’innamora di un mercato unico”. Senza grandi cambiamenti, per dirla con il politologo Zaki Laïdi, “l’Europa rimarrà una potenza civile senza popolo”.

Aggiornato il 08 settembre 2025 alle ore 09:53