La faccia tosta di Romano Prodi

Il Professore pretende anche di dispensare al prossimo lezioni di patriottismo

Quanta sfrontatezza ci vuole per credere di poter dispensare al prossimo improbabili lezioni di patriottismo di ritorno”, quando sei stato uno dei principali protagonisti della liquidazione a prezzo di saldo dell’industria di Stato italiana? Una domanda, questa, che bisognerebbe rivolgere a Romano Prodi, il quale, in un’illuminante intervista rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano La Stampa, ci faceva gentilmente notare quanto possa risultare “difficile far politica, se si cede al potente di turno fino a umiliarsi”. L’umiliazione a cui il Professore faceva riferimento nel suo intervento, era quella relativa alla partita europea sui dazi, che avrebbe fatto segnare, secondo l’illustre parere dell’ex presidente del Consiglio, una cocente sconfitta politica per le istituzioni comunitarie, nonché un netto arretramento rispetto al “passato grintoso” dell’Unione europea.

“Quanti passi indietro abbiamo fatto”, osservava sprezzante l’ex premier, richiamando orgogliosamente i fasti europei di inizio millennio, allorquando il tandem tutto italiano composto da Romano Prodi e Mario Monti, rispettivamente presidente della Commissione europea e commissario europeo per la concorrenza, riusciva a gettare le basi “per una dottrina e una prassi antitrust”, riuscendo ad imporsi persino su colossi delle proporzioni di Microsoft, multata dai vertici europei del tempo per quasi 500 milioni di euro a causa della violazione delle leggi sulla concorrenza. Una sanzione senza precedenti, ricorda fiero il Professore nella sua intervista, la più alta mai comminata ad un’impresa privata, emblema, almeno a suo dire, del peso specifico e dell’autorevolezza di una Commissione (quella da lui presieduta) non disposta a piegarsi agli interessi privati delle grandi multinazionali. Tutta un’altra storia rispetto a un presente cupo e inglorioso, fatto di continui cedimenti ed epocali umiliazioni, come quella, prontamente rievocata da Prodi, incassata nelle scorse ore dai vertici comunitari a margine della trattativa sui dazi.

Ciò detto e premesso, e pur riconoscendo l’inconsistenza politica di questa Commissione (sebbene quella guidata da Prodi non fosse da meno), non si può comunque fare a meno chiedersi: come può, l’uomo che, da presidente dell’Iri, diede il via alla colossale opera di dismissione del patrimonio pubblico bancario e industriale italiano, per poi completare l’opera una volta insediatosi a Palazzo Chigi, possedere la presunzione per pensare di poterci impartire lezioncine sul comportamento da assumere al cospetto dei potenti? Ma il Professore ci è oppure ci fa? Davvero non conserva neppure quel briciolo di decenza che basterebbe a suggerirgli che, almeno su determinati argomenti, farebbe molto meglio a tacere? A giudicare da certe “uscite a vuoto”, evidentemente no.

Invecchiando, il buon Romano ha colpevolmente dimenticato di aver per lungo tempo assecondato le perverse logiche del Britannia, talmente tanto da arrivare a dismettere anche quell’ultima dose di discernimento residua, persino quel pizzico di buonsenso che sarebbe stato sufficiente per comprendere che proprio lui no, almeno in tema di patriottismo, non è minimamente nella condizione di elargire buoni consigli a nessuno.

Aggiornato il 06 agosto 2025 alle ore 10:21