Da Tognoli a Sala, da Ligresti a Manfredi Catella: la storia si ripete?

La vicenda giudiziaria che colpisce Milano oggi ricorda le lunghe dispute tra finanza, immobiliare, magistratura e politica che sconvolsero Milano negli anni Ottanta per avviarsi verso la Tangentopoli dei primi anni Novanta. La differenze è che quelle posizioni sono state condannate dalla magistratura mentre ora ci troviamo di fronte solo a delle ipotesi di lavoro che potrebbero anche finire nel nulla, ma lasciamo che la magistratura faccia la sua strada e proviamo a vedere le connessioni tra politica ed affari che negli anni Ottanta ebbero come assoluto protagonista Salvatore Ligresti e la Giunta socialista del sindaco Carlo Tognoli uomo di Bettino Craxi. Come vedremo gli attori sembrano sparire ma poi ricompaiano come il ruolo di Mediobanca e quello sullo sfondo delle Assicurazioni generali. Salvatore Ligresti è morto il 16 maggio del 2018 ma era venuto a Milano dal suo paese in Sicilia di Paternò sul finire degli anni Cinquanta, aveva solo una laurea ingegneria e molta voglia di fare strada. Ha avuto come maestri Michelangelo Virgillito e Raffaele Ursini con il quale si aprì una disputa sui beni che da quest’ultimo erano finiti in capo a Ligresti; Ursini cedeva sia la Liquigas fallita che Sai scappando via dall’Italia per evitare l’arresto, lasciando, come sosteneva lui con una vendita simulata, Ligresti come prestanome.

La disputa finì negli anni Ottanta con la magistratura che diede ragione a Ligresti; poco alla volta Ligresti si affermò e diventò l’immobiliarista più potente di Milano ma cominciarono a circolare voci sulla relazione tra affari e politica per la vicinanza tra Ligresti e Tognoli che aveva programmato il più importante piano casa dal dopoguerra ma non c’è mai una prova decisiva. Ligresti è anche un finanziere, sembra il destino di tutti gli immobiliaristi Donald Trump compreso, ha in cassaforte azioni della Pirelli (5,4 per cento) della Cir di Carlo De Benedetti (5,2 per cento), della Italmobiliare di Giampiero Pesenti (5,8 per cento), dell’Agricola finanziaria di Raul Gardini (3,7 per cento) e qualcuno comincia a chiamarlo mister 5 per cento. La scintilla che fa scoppiare il primo caos avviene nell’ottobre del 1986 con lo scandalo delle “aree d’oro” un caso di corruzione che anticipa di 6 anni Mani pulite. Le indagini mettono in evidenza come le miracolose varianti al piano regolatore fossero la regola e non l’eccezione.

Ligresti era amico, come scritto, di Craxi e di Tognoli e l’assessore comunista Maurizio Mottini diventa il simbolo dell’imprenditoria che riesce a fare affari grazie alla politica mentre l’opposizione più dura viene da Basilio Rizzo, consigliere comunale di Democrazia proletaria. Cade la Giunta Tognoli che aveva scommesso sull’immobiliare e Ligresti esce distrutto dallo scandalo delle aree d’oro ma il suo fallimento non derivò dalla magistratura ma dal mercato perché il faraonico piano casa di Tognoli varato per costruire abitazioni a prezzi contenuti si trasformò via via in un diluvio di uffici che si trovarono presto senza compratori, Ligresti riesce a vendere palazzi vuoti alla pubblica amministrazione dando evidenza di quanto queste operazioni hanno contribuito ad innalzare il debito pubblico come lo vediamo oggi sopra i 3mila miliardi. Ligresti ne esce con un altissimo indebitamento e nel 1987 trova come suo salvatore Enrico Cuccia di Mediobanca che lo aiuta facendogli fare la quotazione in borsa della Premafin e finisce nell’orbita di Mediobanca che tramite lui riesce a tenere sotto controllo un pacchetto azionario di Euralux che controlla una quota significativa delle Assicurazioni generali che diventano sempre più un boccone appetibile dalla finanza come vediamo ancora oggi.

A Cuccia succede Vincenzo Maranghi che fa comperare a Ligresti la Fondiaria compagnia assicurativa di Firenze che con la fusione di Sai si crea la Fonsai; le risorse di Ligresti si mostrano insufficienti e Maranghi fa intervenire JPMorgan Chase, Interbanca, Mittel e fa la sua comparsa Commerzbank oggetto di acquisizione oggi da parte di Unicredit di Orcel. Infine il nuovo amministratore di Mediobanca, Alberto Nagel, chiude i rubinetti a Ligresti e crea con Carlo Cimbri la fusione con Unipol per dare vita ad Unipol Sai. Solo dopo 5 anni il problema risorge con Tangentopoli ci cui fanno le spese Gardini per la finanza e Giulio Andreotti e Bettino Craxi per la parte politica ; questi ultimi due pagano l’affronto a Ronald Reagan di Sigonella e la loro posizione indipendente che era impossibile attaccare prima del muro di Berlino per il rischio di un maggiore allineamento dell’Italia al Patto di Varsavia ma dopo la caduta del muro i problemi finiscono ed anche il potere di interdizione politica fatto da Craxi ed Andreotti così finisce una storia e si cambia pagina. Il tempo passa ma la vicinanza tra politica ed affari diventa sempre tossica come abbiamo visto negli anni con opere pubbliche partite con previsioni di spesa cancellate da espansione delle stesse senza controllo come regola ormai usuale della pubblica amministrazione.

Tutto finisce nel debito pubblico che finirà per soffocarci per il suo uso illecito di essere usato per raccogliere consensi con l’attribuzione di incarichi agli amici degli amici nel rispetto sacrale del principio del merito di appartenenza, senza alcuna remora, ma non di quello di competenza che ci priva della creatività e del pensiero per affrontare una crisi globale e straordinaria, così senza una strategia ed una visione del futuro anneghiamo nel nulla dei sondaggi di opinione. Infine un’osservazione a margine della storia ma di attualità è la discesa di Milano in un pericoloso vuoto culturale e morale, così assistiamo alla fine del salotto buono di Milano, Mediobanca, che potrebbe passare nelle mani del Monte dei Paschi e di fatto nell’orbita dell’immobiliarista-finanziere Francesco Gaetano Caltagirone con il non nascosto obiettivo di usare il veicolo Mediobanca per arrivare infine alla Generali e chiudere il giro. Siamo in un contesto fluido in cui ogni giorno appare qualcosa con gli equilibri geopolitici in un affannoso divenire con il ruolo calante degli Usa e con l’incalzare dei Brics. La Ue si confronta con un comportamento aggressivo degli Usa che sembra un nemico più che un amico facendoci ricordare un detto di Henry Kissinger: “Essere nemici degli Usa è pericoloso ma essere amici è mortale”.

(*) Professore emerito dell’Università Bocconi di Milano

Aggiornato il 28 luglio 2025 alle ore 12:20