Questione Orlandi-Gregori: dialogo con Andrea De Priamo

Il 22 giugno 1983 è una data che brucia ancora negli annali della storia d’Italia, per la scomparsa di Emanuela Orlandi. Non molti giorni prima, il 7 maggio 1983, era scomparsa un’altra adolescente, Mirella Gregori. Oggi, a più di quarantadue anni di distanza, il caso Orlandi è diventato una vera e propria questione Orlandi, sulla cui ricerca di verità e giustizia le istituzioni della nostra patria italiana non si tirano indietro. Intervistiamo al riguardo il Senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.

Sul caso Orlandi abbiamo forse due binari di verità. Uno per la scomparsa in sé della ragazza, e l’altro per le criminose strumentalizzazioni di quella scomparsa. Le mitomanie, le simulazioni, le dissimulazioni e i depistaggi sono stati tanti e tanto rilevanti. Presiedendo la Commissione parlamentare d’inchiesta, si è fatto un’idea su chi ha potuto avere interesse a macchinare i depistaggi e chi no?

La legge istitutiva della Commissione Orlandi-Gregori punta a cercare la verità, ma punta anche a cercare di capire cosa ha allontanato dalla verità. Il nostro metodo analizza le cosiddette piste, una ad una. Stiamo arrivando in qualche modo a vedere quali di fatto possono essere scartate, perché ciò può aiutare a capire se vi sia stato un inquinamento per esigenze economiche, magari di commercializzazione della vicenda, o per scelte politiche legate alle vicende della nostra storia, soprattutto in quella fase. Parliamo del 1983 e di anni che sono un po’ sulla scia della Guerra fredda, del terrorismo e di tutto quello che ha segnato l’Italia in quel periodo. Per tornare alla domanda, sì, in alcuni casi abbiamo riscontrato una imperizia, a mio avviso soprattutto nella prima fase delle indagini, forse anche per gli strumenti che all’epoca erano meno efficaci nel coordinamento tra le diverse forze di Polizia.

Si può sanare ex post?

Sì, questo è il nostro lavoro, è un’impresa sulla quale non siamo pessimisti. C’è una atmosfera positiva in Commissione, che è un po’ un’isola che sta al di fuori della dialettica politica di maggioranza e opposizione. Questo lo ritengo un bene, e fino ad oggi tutte le forze politiche cercano di fare un lavoro serio in questa Commissione, per capire il grado di credibilità delle audizioni.

In una recente intervista lei ha smentito quelle posizioni che descriverebbero il Vaticano come poco collaborativo o per nulla collaborativo nelle indagini. Cosa si aspetta dal fascicolo vaticano che di recente è ritornato in ribalta?

Auspico che questa Commissione non sia una palestra di scontro tra chi è filo e chi è contro il Vaticano, per motivi storici, ideali e ideologici. Il giudizio lo diamo sui fatti concreti. Vedendo i documenti che fino ad oggi abbiamo potuto visionare, non c’è alcunché di concreto che dimostri una volontà del Vaticano di occultare qualche cosa. Ci sono tre Papi, che sono stati in alcuni casi accusati di essersi poco attivati su quelle vicende, ma di fatto il primo Papa quando la vicenda accadde ha fatto diversi appelli. Qualcuno ha criticato anche gli otto appelli. Forse se non li avesse fatti vi sarebbe stata la critica opposta. A mio avviso quegli appelli dimostravano una preoccupazione del Vaticano rispetto alla vicenda.

Senatore, purtroppo il caso Orlandi sin dall’inizio è stato un pretesto per attaccare il Vaticano, e con esso il cattolicesimo stesso nella sua interezza. Qual è il confine di buon senso che le battaglie politiche dei cosiddetti anticlericali non dovrebbero mai oltrepassare?

Non dovrebbero oltrepassare il confine dei fatti. Abbiamo chiamato in causa molte persone appartenenti al Vaticano, abbiamo audito Don Vergari, ex rettore di Sant’Apollinare. Non abbiamo avuto alcun tipo di reticenza. Abbiamo audito Padre Lombardi, il capo della sala stampa che su incarico di Papa Benedetto XVI fece ricerche sulla vicenda. Papa Francesco ha istituito un’indagine presso l’autorità giudiziaria del Vaticano. Adesso c’è un nuovo Papa, da pochissimo insediato, e Pietro Orlandi – il fratello di Emanuela – gli ha fatto un appello. Sono convinto che, come hanno fatto gli altri suoi predecessori, anche ora ci sarà collaborazione. Cosa mi aspetto dai documenti, non lo so. Da questo punto di vista ricordiamoci che con lo Stato Vaticano ci sono dei complessi procedimenti di rogatoria, però mi aspetto sicuramente che ove fosse presente qualche elemento utile e importante non vi sia reticenza nel farcelo avere. Oggi abbiamo accumulato circa 120 mila pagine di materiale. Credo che sia tanto. Non lo abbiamo fatto per collazionare così a caso, è tutto materiale utile, dai fascicoli legati a queste vicende processuali, a quelli di vicende che sono comunque connesse, perché molto spesso si è sbrigativamente liquidata la cosiddetta teoria della pista internazionale. Io non so se sia stato giusto o meno liquidarla come una pista poco credibile, perché poco dopo la scomparsa di Emanuela vi fu un meccanismo di pressione sul Vaticano per le vicende internazionali di allora, e in particolar modo per il processo sull’attentato a Papa Giovanni Paolo II. Adesso si tratta di capire se quegli elementi sfruttassero la vicenda di Emanuela Orlandi per fare pressione sul Vaticano, o se la vicenda di Emanuela Orlandi sia nata di per sé con il fine di esercitare pressioni sul Vaticano, anche in connessione con il processo ad Ali Agca e alla cosiddetta pista bulgara. Io non scarterei tutto ciò con tanta facilità. Ricordiamo anche che Emanuela Orlandi – questo è accertato – almeno in un paio di circostanze è stata seguita prima di scomparire, e ci sono anche le testimonianze degli amici.

Poi ovviamente si è detto di tutto, della prostituzione, droga, eccetera eccetera.

Sì, ma queste sono tutte cose che non hanno mai avuto un minimo di fondamento. C’è semmai una pista che è legata ad alcuni ambienti che gravitavano intorno alla Scuola Ludovico da Victoria, che in qualche modo riportavano a un certo mondo di cinema di serie B. Stiamo indagando anche su quello.

A tal proposito, lei se la sentirebbe di definire il caso Orlandi come un caso di geopolitica occulta?

La geopolitica occulta sicuramente influenza in modo determinante la vicenda Orlandi in relazione alle telefonate del cosiddetto Americano, al fatto che quelle telefonate non erano una burla, perché comunque chi faceva quelle telefonate aveva elementi concreti su Emanuela, aveva anche suoi numeri di telefono, suoi scritti. Non si sa se fatti prima o dopo la sua scomparsa. Forse anche dopo, o magari poche ore dopo, perché c’è un foglio che viene fatto poi ritrovare, dove c’è la calligrafia di Emanuela con alcuni nomi, alcuni numeri, ma anche il colore di capelli di una amica, e quindi non è che se ti segni il numero di una tua amica ti segni il colore dei capelli, forse qualcuno ti chiede di descriverlo e questa è una cosa che io ho già evidenziato, e sulla quale stiamo lavorando.

Senatore, quanto potrebbe essere fondata una ricostruzione storica che vede una parte dell’Unione Sovietica, o comunque di un Paese satellite di essa, delegare a una parte della banda della Magliana il rapimento della cittadina suddita dello Stato Vaticano, magari per gettare ombre contro la Chiesa cattolica, e magari per vendicare le giuste, comprensibili e ragionevoli posizioni anticomuniste di Karol Wojtyla?

Sicuramente è una delle possibilità in campo, anche perché la storia ci dimostra che non esisteva una banda della Magliana monolitica che agiva con una sua volontà. Spesso esisteva una sorta di agenzia di servizi del crimine, alla quale potevano essere commissionate delle cose da Tizio e da Caio, e anche da soggetti esteri. È una cosa su cui stiamo lavorando.

Recentemente in una intervista ha sostenuto che la pista della asserita trattativa tra Stato italiano, Procura di Roma e Stato Vaticano è da ridimensionare fortemente…

Sì.

… Poiché in una lunga audizione l’ex Procuratore Giancarlo Capaldo ha evidenziato come obiettivamente non vi sia stata alcuna trattativa, in riferimento appunto alla riconsegna di Emanuela Orlandi o ai resti della ragazza, e in relazione alla sepoltura del boss della banda della Magliana Enrico De Pedis a Sant’Apollinare. Le faccio una domanda maliziosa. Secondo lei a strumentalizzare la pista della trattativa è stata di più una parte politica anticlericale tout court oppure un sottobosco vaticano antagonista, magari anti-wojtyliano o anti-ratzingeriano?

A questa domanda davvero non so rispondere, perché abbiamo già molto da fare con l’indagine su Emanuela Orlandi e su Mirella Gregori, che non dimentichiamo mai perché Mirella Gregori, anche per rispetto alla famiglia, è molto al centro, con una vicenda che ha pari dignità per le nostre intenzioni di indagine. Però posso dire questo: indubbiamente la sepoltura di De Pedis a Sant’Apollinare è una vicenda del tutto anomala, questo è un dato di fatto, ma le ampie audizioni di molte ore del Dottor Capaldo, unite a quelle del Dottor Pignatone, evidenziano che una trattativa del tipo ‘se ci aiutate a risolvere il problema di questa sepoltura e quindi a toglierla da qui, noi in cambio vi facciamo avere degli elementi importanti sulla vicenda di Emanuela Orlandi o addirittura – come era stato adombrato – vi facciamo avere i resti di Emanuela Orlandi’, di fatto, il Dottor Capaldo l’ha esplicitamente smentita. Quindi da questo punto di vista possiamo dire che non c’è stata alcuna trattativa.

Stando alle indagini della Commissione, ad oggi, secondo lei, qual è la pista che le appare più verosimile e quale quella che le appare più inverosimile?

Con una recente audizione abbiamo di fatto verificato una forte condizione di non verosimiglianza per la cosiddetta pista di Londra. La grafologa Sara Cordella ha spiegato tecnicamente che quei documenti a firma Poletti, e a firma all’epoca di un sottosegretario britannico con tutto un carteggio che voleva evidenziare la presenza di Emanuela Orlandi in un convento a Londra, addirittura con delle spese anche per un aborto e quant’altro, rappresentano una documentazione non ascrivibile a coloro a cui veniva attribuita nelle lettere. Ciò non significa che non dobbiamo continuare ad indagare per capire chi l’ha prodotta, perché l’ha prodotta e con quali tecniche dissimulatorie, e soprattutto chi poi ha contattato Pietro Orlandi ingannandolo, attraverso inizialmente il dark web, attribuendo ad un soggetto – che si è chiarito non essere stato lui realmente – queste indicazioni. Il lavoro è ancora in corso, però quella pista a nostro avviso è una pista inverosimile. Quale potrà essere la pista prevalente è ancora presto per dirlo. Presto diremo la nostra su un’altra pista, che è quella cosiddetta della tratta delle bianche, delle scomparse, di molte ragazze, e lo diremo in modo molto chiaro e suffragato da documenti, ma non faccio anticipazioni.

Grazie, Senatore, buon lavoro!

Aggiornato il 25 luglio 2025 alle ore 11:46