I pacifisti amano le dittature e odiano le democrazie

A scorrere l’album degli orrori perpetrati da terroristi e tiranni negli ultimi vent’anni c’è di che rimanere senza parole. Infatti, dagli attacchi di Al Qaida alle Twin Towers alle efferatezze dei tagliagole islamici, dal terrore seminato dai jihadisti con morti e feriti in molte città europee alle continue minacce di cancellare dalla carta geografica lo Stato di Israele da parte di Hamas, Hezbollah per tacere dell’Iran, il movimento pacifista avrebbe avuto molte e fondate ragioni per fare sentire la propria voce. Così, però, non è stato. Niente di nuovo sul fronte dei cosiddetti cultori della pace. Infatti, la storia di questo movimento è sempre stata all’insegna della doppiezza. Nei primi anni Cinquanta furono attivi in Italia (ma non solo) i partigiani della pace. Essi agirono propalando una vera e propria menzogna storica: gli Stati Uniti sarebbero stati a un passo dallo scatenare la Terza guerra mondiale su base nucleare. Fra il 1949 e il 1956 numerosi furono i cortei di protesta contro gli “yankee guerrafondai”. Oggi sappiamo con certezza, dopo l’apertura degli archivi moscoviti, che quelle manifestazioni avevano poco da spartire con il legittimo desiderio di pace. Gli organizzatori, finanziati dal Cremlino, mobilitarono le masse con l’obiettivo di garantire all’Urss il tempo necessario per la costruzione di un arsenale atomico. Il copione non mutò nei primi anni Ottanta, quando in risposta agli SS20 sovietici puntati verso Berlino, Roma e Parigi, la Nato decise di difendersi con l’installazione dei missili Cruise e Pershing.

Inutile ricordare le continue mobilitazioni, riccamente foraggiate da Mosca, che segnarono quei mesi. Non possiamo non rievocare, in questo breve elenco, quanto accadde fra i Sessanta e i Settanta. Infatti, molti furono i cortei organizzati sia negli Stati Uniti che in Europa per consapevolizzare la pubblica opinione circa le atrocità commesse dagli americani in Vietnam e in Cambogia, ma nulla di simile venne organizzato contro il mattatoio cambogiano. Pol Pot passò per le armi, nell’assoluta indifferenza dei pace–pensanti, un quarto della popolazione cambogiana. Si può andare avanti per pagine e pagine, senza che lo scenario muti di un ette.  La verità è che i pacifisti obbediscono a una legge, anche se non scritta, in base alla quale la mobilitazione deve scattare solo allorquando un Paese democratico entra in collisione con uno Stato guidato da un dittatore. È accaduto, come abbiamo visto, molte volte nel passato, mentre in questi giorni si va in replica : in nome della pace si condanna Netanyahu e si tace sul fatto che Teheran (oltre che sostenere terroristi del calibro di Hamas, Hezbollah e Houthi) non abbia mai fermato il processo di arricchimento dell’uranio per ottenere la bomba atomica e che non abbia mai nascosto l’obiettivo di radere al suolo Israele, la cui bandiera è stata bruciata – insieme a quella dell’Unione europea – sabato scorso a Roma nel corso di una marcia per la pace. C’è voluto il bombardamento americano di domenica notte per bloccare i progetti distruttivi dell’Iran.

A questo punto, non si può eludere una domanda: qual è la cifra del movimento pacifista? Una risposta, che appare convincente ancora oggi, venne formulata quasi settant’anni fa da un filosofo e teologo protestante, poco conosciuto in Italia, Reinhold Niebuhr. Secondo Niebuhr, “il vero nemico del pacifismo non è la guerra, ma la democrazia liberale ossia quel sistema maledettamente imperfetto in cui gli attori politici e sociali prendono atto che i conflitti fra diversi interessi e diverse passioni non sono eliminabili e che con essi bisogna fare i conti, faticosamente, tutti i giorni. La tirannia, viceversa, non ama i conflitti, perché non ammette le diversità d’interessi e di opinioni. Non li ama al punto che non consente loro di esprimersi sulla scena politica. Di fatto, li elimina”. Insomma, la tirannia – secondo il grande teologo – viene considerata dai pacifisti un ordine politico superiore alla democrazia liberale e in ragione di ciò viene vissuta come sinonimo di pace. Di qui l’attrazione per le dittature. D’altro canto, fino all’altro ieri, il mito di coloro che due giorni fa nella capitale inneggiavano alla pace si chiamava Unione Sovietica. Per l’appunto!

Aggiornato il 23 giugno 2025 alle ore 15:41