
I referendum sul lavoro e la cittadinanza non hanno raggiunto il quorum. Il referendum più votato, quello sulla cittadinanza, ha addirittura sommato un 34,5 per cento di contrari alla riduzione dei tempi per avere accesso alla cittadinanza in Italia.
Se fosse vero, come dice Schlein, che chi è andato a votare è contro il governo, un terzo degli oppositori non condivide affatto la linea del Pd, dei verdi e della sinistra, su uno dei temi sui quali si spendono di più.
Ma anche negli altri referendum possiamo scoprire una discreta contrarietà alle tesi dei referendari. Possiamo fare analisi di notevole complessità, ma bastano pochi numeri.
Il numero degli occupati italiani è di 24 milioni.
Il numero di salariati è di 16 milioni.
I votanti al referendum sono stati 12,3 milioni.
In buona sostanza la solidarietà tra lavoratori che era uno degli obiettivi sindacali degli anni Settanta-Duemila, non esiste più.
A furia di disinteressarsi tutti alle partite Iva e alle altre forme di lavoro intermittente o incerto la solidarietà dei dipendenti è morta.
Errore marchiano del sindacato degli anni 80, quando anche il sottoscritto si trovò a fondare la Uil Giovani che ereditava un coordinamento nazionale del sindacato confederale.
Provammo in tutti i modi a creare le condizioni per una confederazione giovanile che si occupasse dei “male occupati”, così li chiamavamo. E fondammo anche una categoria dei deejay e degli animatori turistici. Avremmo voluto proseguire con i pony rider, i lavoratori del turismo e altri ancora. Confesercenti voleva firmare un contratto nazionale degli animatori turistici. Era tutto pronto. La delegazione imprenditoriale era nel mio ufficio. Il no arrivò dai segretari confederali del sindacato. Il contratto nazionale era pronto ma non potemmo firmarlo.
La tesi era che i contratti li potevano firmare solo le categorie nazionali. “Chiamiamoli”, fu la mia proposta. Non ci fu niente da fare. I giovani potevano solo dibattere sulla luna e le stelle.
Il sindacato sbagliò allora e sbaglia oggi. L’emergenza lavoro e redditi è ancora lì, identica agli anni ’80, quando cominciò la precarizzazione e l’Italia cominciò a imboccare la strada della compressione del costo del lavoro privato. Il tutto mentre il costo del lavoro pubblico aumentava sempre di più, fino ad eccessi a tratti limitati ma che tuttora permangono.
Era impossibile potersi aspettare una vittoria su temi che riguardano una minoranza e per giunta percepita come privilegiata da lavoratori che non hanno ferie, garanzie pensionistiche, la possibilità di andare in malattia retribuita.
Il referendum ha messo un sigillo su questa distinzione tra lavoratori di serie A e serie B.
E con le stesse motivazioni non c’è grande sensibilità sul cosiddetto cuneo fiscale. I lavoratori a partita Iva sanno invece che per ridurre il cuneo fiscale, vale a dire la diminuzione del costo di assistenza e previdenza per i lavoratori dipendenti, aumenterà la pressione dell’agenzia delle entrate su di loro. E temono anche il dibattito sul cuneo fiscale.
Con il referendum abbiamo scoperto che non esiste solo la guerra in Ucraina del totalitarismo russo. Ma abbiamo anche scoperto che il dibattito serio non si fa.
Aggiornato il 13 giugno 2025 alle ore 09:38