
Non solo l’affluenza alle urne al referendum del week-end scorso è rimasta ben al di sotto del quorum necessario, ma tra i cinque quesiti proposti, quello sulla cittadinanza agli stranieri ha ottenuto risultati nettamente inferiori rispetto agli altri, tutti incentrati su temi legati al lavoro. Il quesito in questione proponeva di modificare la norma che prevede dieci anni di residenza per ottenere la cittadinanza italiana, riducendoli a cinque. I voti favorevoli si attestano poco sopra il 60 per cento, mentre per gli altri quattro referendum, che toccavano il diritto del lavoro, i “sì” hanno superato con ampio margine l’80 per cento. Un divario di oltre 20 punti percentuali che rappresenta un chiaro segnale politico.
Alla vigilia della tornata elettorale, il quesito sulla cittadinanza sembrava quello con maggior potenziale per mobilitare l’elettorato più sensibile ai temi civili. Proprio perché chiaro e diretto, si pensava potesse attirare una partecipazione significativa e forse avvicinarsi al quorum. E, in parte è stato proprio così, ma senza rispettare le attese della sinistra: tra i pochi che si sono recati alle urne, molti più del previsto lo hanno fatto per esprimere dissenso verso un’eventuale facilitazione dell’accesso alla cittadinanza per gli immigrati. Già prima della chiusura dei seggi, quando l’esito appariva ormai compromesso, dal centrodestra sono arrivate le prime dichiarazioni trionfali. Matteo Salvini ha commentato: “La sinistra è stata sconfitta, la cittadinanza non si regala”.
Nello speciale Mentana, un’analisi del risultato è arrivata da Lorenzo Pregliasco di Youtrend. “Verosimilmente, i sì ai quesiti sul lavoro arriveranno intorno ai tredici milioni, quindi leggermente sopra la soglia di cui abbiamo parlato prima. Per quanto riguarda il quesito sulla cittadinanza, invece, ci aspettiamo che alla fine – considerando anche il voto all’estero – i sì siano circa dieci milioni, quindi molto inferiori rispetto ai dodici milioni e mezzo di cui si parlava”, affermava il founder di Youtrend. “Dobbiamo però dire che, sul tema della cittadinanza, da un lato è molto interessante questo scarto: ci sono molti elettori che evidentemente hanno votato sì ai primi quattro quesiti e no al quinto. Questo dato fa riflettere, soprattutto all’interno di un elettorato progressista, in buona parte motivato e mobilitato dalla Cgil”, ha aggiunto Pregliasco. “Ci aspettiamo che la percentuale dei sì salga, e potrebbe anche arrivare al 70 per cento”, ha concluso l’analista, che ci ha quasi preso. I “no” al quinto quesito infatti sono stati oltre il 34 per cento. “Rimane però – è la conclusione – uno scarto evidente tra i primi quattro quesiti e il quinto. Va anche sottolineato che il numero dei votanti è, di fatto, uguale per tutti i quesiti. Dunque, il fatto che alcuni elettori abbiano ritirato solo alcune schede è stato – come ci si poteva immaginare – un fenomeno molto, molto occasionale”.
Il dato più significativo non è solo la differenza tra i “sì” sul lavoro e quelli sulla cittadinanza, ma il fatto che molti elettori abbiano scelto di sostenere le riforme del diritto del lavoro mentre hanno respinto l’idea di un accesso più semplice alla cittadinanza. Una frattura che attraversa anche il campo progressista, dove una parte significativa dell’elettorato, pur sensibile ai diritti sociali, sembra mostrare resistenze sull’integrazione degli stranieri. Intanto, il governo di Giorgia Meloni può rivendicare a tutti gli effetti una doppia vittoria.
Aggiornato il 10 giugno 2025 alle ore 15:42