
La proposta del cancelliere tedesco, Friedrich Merz, di rimuovere ogni limite all’uso di armi a lungo raggio da parte della Repubblica di Ucraina nei confronti della Federazione russa solleva questioni complesse che meritano un’analisi critica approfondita, specie dal punto di vista giuridico e filosofico. Al di là delle legittime esigenze di difesa di uno Stato che si trova in una situazione di conflitto, appare problematica l’idea di pervenire a un utilizzo illimitato di mezzi bellici potenzialmente devastanti, che rischia di minare i principi fondamentali del diritto internazionale e della giustizia morale. Sul piano giuridico, il diritto internazionale stabilisce nel principio di legittima difesa, sancito dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite del 1945, condizioni precise e inderogabili: la necessità e la proporzionalità. La risposta armata a un’aggressione deve essere immediata, indispensabile e commisurata all’offesa subita. Eliminare i limiti all’impiego di armi a lungo raggio, che per loro natura ampliano la portata e la gravità delle operazioni militari, mette a rischio proprio questi principi, rischiando di trasformare l’azione difensiva in un’offensiva di vasta scala che può coinvolgere non solo obiettivi militari ma anche civili, con conseguenze gravissime in termini di diritto internazionale umanitario.
Una simile posizione espone, inoltre, l’Ucraina a critiche sul piano internazionale, indebolendo la sua presunta legittimità e favorendo una possibile escalation incontrollata. Quanto, invece, al punto di vista filosofico, la tradizione classica ha sempre insistito sul fatto che la guerra, anche quando giustificata, deve essere guidata dalla ragione e dalla giustizia, non dall’arbitrio o dalla mera efficacia militare. Sant’Agostino, a riguardo, ammoniva che la guerra giusta è quella che tende alla pace e alla restaurazione della giustizia e non la vendetta fine a se stessa e San Tommaso d’Aquino specificava che, oltre alla giusta causa e all’autorità legittima, la guerra deve essere condotta con misura e retta intenzione, evitando l’eccesso nei mezzi usati. L’idea di eliminare ogni limite appare, quindi, in contraddizione con questi principi: essa non tiene conto della necessità di bilanciare il diritto alla difesa con il rispetto della dignità umana e della pace futura che coinvolge tutte le parti in conflitto. Anche la riflessione di Francisco de Vitoria, che pose le basi del diritto internazionale moderno, sottolineava l’importanza di un uso giusto e limitato della forza, rispettoso dei principi morali universali. Un uso illimitato di armi a lungo raggio rischia, pertanto, di infrangere questi vincoli, contribuendo a una escalation che rende sempre più arduo il ritorno alla pace e compromette la stabilità dell’ordine internazionale.
Dal punto di vista strategico e politico, la proposta di Merz rischia, dunque, di compromettere non solo la legittimità giuridica e morale dell’azione ucraina che l’Occidente le ha attribuito, ma anche la coesione e il ruolo dell’Europa come baluardo di un ordine basato sul diritto e sulla pace. In un contesto internazionale già segnato da tensioni profonde, incoraggiare una deregolamentazione della guerra rischia di legittimare un nuovo paradigma nel quale la forza dilaga senza controllo, cancellando ogni criterio di giustizia e ragionevolezza. In definitiva, l’approccio europeo (con alcuni distinguo come Slovacchia e Ungheria) all’Ucraina non può significare abdicare ai principi di diritto e di giustizia che hanno fondato l’ordine internazionale e la tradizione morale cristiana. La solidarietà politica e militare deve essere accompagnata da un fermo impegno a rispettare la misura, la proporzionalità e la ricerca della pace. La proposta di eliminare i limiti all’uso di armi a lungo raggio, più che favorire la giustizia della causa ucraina, rischia di alimentare un ciclo di violenza senza confini, disgregando i fondamenti stessi della legalità e della ragione morale.
Aggiornato il 30 maggio 2025 alle ore 10:36