Due conti senza l’oste

Nel coro di politici e commentatori che lamentano l’apparente disimpegno di Trump nei confronti dell’Europa c’è un argomento che campeggia: l’Europa non è, al momento, in grado di difendersi senza l’intervento degli Usa. Il quadro in cui si svolge la vicenda è peraltro piuttosto chiaro: a differenza degli anni Quaranta del secolo scorso, nei quali la svolta decisiva fu la guerra contro l’Urss da parte dei tedeschi e degli italiani, ora l’Europa teme il contrario, cioè un attacco da parte della Russia. Negli anni Quaranta, parlandone i termini strettamente militari e dunque non politici, i tedeschi erano ben armati e ben condotti da generali che sapevano fare il proprio mestiere e, in parte, anche gli italiani svolsero un ruolo secondario ma importante. Tuttavia, la disastrosa sconfitta fu inevitabile non solo per le capacità di adattamento e di faticosa resistenza dei russi ma anche per i calcoli sbagliati di chi, a Berlino e a Roma, aveva ritenuto possibile ciò che, in realtà, non lo era per ragioni oggettive ampiamente chiarite da tempo.

C’è però da chiedersi perché mai, oggi, l’Europa dovrebbe temere la terrificante efficacia di un’eventuale aggressione russa ai propri confini. Da un lato, la tanto sottolineata debolezza militare europea sembra contraddetta dal fatto che sono anche i suoi aiuti in fatto di armamenti − che evidentemente ha − a consentire all’Ucraina di resistere contro la ‘potenza’ russa. Dall’altro, non va scordato che la situazione delle forze armate russe non è fra le più brillanti sia perché poco motivate sin dall’inizio (il popolo russo sogna di vivere come si vive in Occidente e non di ricostruire l’impero sovietico, povero, chiuso e illiberale) sia perché per proseguire l’operazione militare speciale Mosca ha ritenuto necessario rinforzare il proprio esercito con mercenari e persino con personale non russo, come i coreani del Nord.

A fare la differenza è ovviamente l’enorme disponibilità, per Mosca, di ordigni nucleari ma, anche qui, non occorre un genio per capire che, ciò che conta, è il primo che le sgancia, dove, come e quando e non la mera quantità a disposizione. In altre parole, i russi temono le bombe nucleari francesi e britanniche – e altre? – non meno di quanto noi temiamo le loro. Se, dunque, rimaniamo sul piano militare “classico”, vediamo come stanno le cose anticipando che, chi scrive, non intende stabilire verità strategiche, di competenza altrui ma, più semplicemente, fare i conti con i dati pubblicamente disponibili.

La Russia ha, o meglio aveva prima dell’operazione speciale in Ucraina, circa 1.300.000 militari, cui vanno sommati altri 2.000.000 di riservisti. I Paesi europei, nel loro insieme, trascurando i pur utilissimi Paesi minori, hanno circa 1.600.000 militari, ai quali, in numerosi casi, andrebbero aggiunti i riservisti o nuovi arruolamenti. Non tutti sono operativi, ovviamente, ma nemmeno quelli russi lo sono. In fatto di carri armati, la Russia dispone, o disponeva, di circa 6.000 mezzi di cui alcune migliaia sono andate perdute in Ucraina, mentre l’Europa conta circa 2.300 unità. In tema di aerei, e naturalmente senza entrare nel dettaglio delle loro caratteristiche operative, la Russia dispone di circa 4.300 mezzi da combattimento, mentre i Paesi europei possono contare su circa 1.400 caccia. Infine, per quanto riguarda la flotta navale, inclusi i sottomarini, la Russia ha circa 400 mezzi mentre i Paesi europei ne contano oltre 1.100. Discorso a parte sarebbe quello dei missili di medio raggio, i più efficaci contro l’Europa, ma su questi non c’è notizia pubblica affidabile per nessun Paese. Altrettanto vale per le munizioni che, attualmente, scarseggiano sia in Russia sia in Europa.

Sulla carta, dunque e senza voler stabilire alcuna verità assoluta, la Russia si presenta con dati militari apparentemente superiori, per ora, ai Paesi europei. Ma, appunto, sulla carta perché un’analisi professionale andrebbe fatta sulla qualità sia degli armamenti russi sia su quelli europei nonché sulla abilità operativa del personale. In buona sostanza, comunque, la partita non sembra necessariamente persa da un lato e vinta dall’altro. Il problema centrale, semmai, è dato dal carattere frammentato delle forze armate dell’Europa – parallelo alla frammentazione della sua politica interna ed estera – a fronte di forze armate monolitiche da parte russa. Ma anche Napoleone e Hitler, sulla carta, erano preponderanti e oggi la vicenda potrebbe pervenire alla stessa deludente conclusione per chi la volesse rinnovare, in termini invertiti. A meno che, a fianco della Russia, non devesse schierarsi apertamente anche la Cina ma allora gli Usa, ammesso e non concesso che si vogliano davvero disinteressare del vecchio continente, non starebbero a guardare. Meno che meno Trump.

Aggiornato il 26 maggio 2025 alle ore 10:46