La grandeur di Giorgia, figlia del popolo

È successo: la Grandeur (solare) di Giorgia Meloni ha oscurato il moderno Roi Soleil di Parigi. Giorgia ( la presidente del Consiglio italiano) è un underdog, una vera figlia del popolo, che ha fatto tutta la gavetta dal basso, al contrario del suo illustre disistimatore, il super presidente Emmanuel Macron di Francia. Il suo rivale, infatti, è stato da sempre, fino a prova di smentita, l’enfant gaté dei poteri forti politico-finanziari, partendo direttamente dall’alto, fino a essere paracadutato all’Eliseo addirittura con un doppio mandato. Lui, Macron, potrebbe dire a giusto titolo, di essere stato eletto dal popolo, mentre Meloni la nomina l’ha avuta dal Quirinale, essendo risultata in una democrazia parlamentare il leader del Partito più votato alle elezioni legislative. Ora, però, quel che resta da fare, per la giusta comparazione tra l’italiana e il francese, è di andare a misurarne, partendo dai fatti oggettivi, la caratura rispettiva sul piano politico, interno e internazionale. Partiamo a ritroso nell’asse dei tempi. L’invasione dell’Ucraina, innanzitutto, ricordando alcune circostanze di sistema e di cronaca, più o meno storicizzata. Quello che ha fatto ridere/piangere tutto il mondo, a iniziare dal vano stalkeraggio iniziale di Macron nei confronti di Vladimir Putin, risoltosi in un nulla di fatto, è stato, con vero sprezzo del ridicolo, il tira-e-molla anglo-franco-tedesco sulla tipologia e sulla quantità degli armamenti da fornire a Kiev, mentre nel frattempo l’Ucraina veniva rasa al suolo da una pioggia ininterrotta di missili e proiettili di artiglieria russi.

In merito, non volendo perdere tempo a stilare liste, sarà meglio andarsi a rileggere che cosa scrissero all’epoca i quotidiani di tutto il mondo, per farsi un’idea di ciò che hanno combinato per anni i così detti Volenterosi, nella versione europea della “Coalition-of-the-willing” di bushiana memoria. Nessuno che, quando i ventriloqui mediatici del regime putiniano sparavano a zero sull’Occidente, minacciando senza vergogna di cancellare l’Europa con una salva di missili nucleari strategici, avesse osato avere il coraggio di far rispondere loro dai nostri grilli parlanti (quindi, senza manco esporsi tanto) che, per ogni missile nucleare che ci avessero tirato contro gli eredi di Iosif Stalin, noi avremmo fatto come gli antichi romani con la decimatio, lanciandone per ritorsione dieci contro uno. Un’altra autentica figuraccia è stata fatta dai Volenterosi (gli Stati Uniti di Joe Biden compresi), quando abbiamo scoperto che non eravamo minimamente in grado di assicurare a Kiev le necessarie forniture di proiettili di artiglieria, per non parlare poi dei Patriot e degli altri missili di difesa antiaerea, che scarseggiavano già nel 2022 negli arsenali degli eserciti Nato. Lasciamo stare, poi, le liti sui carri armati Leopard e i mezzi corazzati anglofrancesi da inviare in Ucraina, che hanno creato il massimo sconcerto negli assediati, rimediando un’altra figuraccia mondiale ai Volenterosi!

L’Europa, semplicemente, non aveva capito una cosa del tutto evidente: mentre noi non volevamo, né potevamo riciclarci in economie di guerra, Vladimir Putin l’aveva fatto da tempo, sussidiando con trilioni di rubli l’intera struttura produttiva russa, per riconvertirla in industria degli armamenti. Né avevamo capito (o, meglio avevamo fatto finta di nulla) che le nostre sanzioni non sarebbero servite a granché, visto che i Brics, e la Cina che ne fa parte, erano tutti dalla parte di Putin. Fino a mettere a sua disposizione proprie unità combattenti, come ha fatto la Corea del Nord! Ora che lo si è più o meno intuito, ci si accoda al trumpismo rampante, l’unico che da tre anni a questa parte ha deciso di bussare alla porta di Mosca per chiedere se ci sta a fare la pace. E noi come lo aiutiamo? Proponendo a un Putin, che non ci vede e non ci sente, di schierare i nostri soldatini di piombo lungo linee di demarcazione lunghe migliaia di chilometri, che dividono in due le aree più pericolose del mondo. Lì, infatti, si guardano in cagnesco due eserciti nemici tra i più esperti del pianeta nelle battaglie sul campo, che si sono letteralmente inventati impressionanti armate di droni, tali da cambiare radicalmente e per sempre il modo di fare la guerra. In tutto questo, la Meloni si è chiamata fuori, tenendo saldissimi i ponti (politici) con i presidenti Usa e ucraino, armando con discrezione Kiev e chiamando in causa l’Onu per la provvista eventuale di truppe di interposizione. Vincendo, quindi, su tutti i fronti rispetto ai quali ha invece perso (la faccia) Parigi.

La storia e la fortuna (vedi gli incontri Usa/Ue, e J.D. Vance/Volodymyr Zelensky, in occasione dell’intronizzazione di Papa Leone XIV) hanno fatto della Meloni una figura centrale e molto apprezzata della mediazione politica a livello mondiale. E proprio quell’Ucraina alla quale avevamo centellinato le forniture di armi, è oggi all’avanguardia nei sistemi offensivi di guerra aerea, che costano molto poco e possono annientare mezzi (aerei, navi, carri armati) dal costo unitario di decine di milioni di dollari. Da qui si vede, tra l’altro, nella prudenza della Meloni di tenersi stretta l’America, chi ragiona meglio tra Parigi e Roma. Infatti, prima che l’Europa si metta al passo con russi e ucraini sull’ammodernamento degli arsenali, occorreranno decenni e montagne di ulteriore debito pubblico da parte dei singoli Stati membri che, comunque, saranno tagliati fuori da una futura “Yalta 2.0” tra i tre grandi imperi. Tra l’altro, tralasciando i tracolli penosi dell’esercito francese nella “sua” ex-Africa coloniale, su cui si è scritto di tutto, c’è da addebitare esclusivamente all’Eliseo il disastro attuale nella politica interna francese. Infatti, Macron, smentendo il suo solenne proposito di essere il “presidente di tutti i francesi”, si è messo pesantemente di traverso per impedire che il partito più votato alle scorse legislative avesse la maggioranza all’Assemblée nationale.

Così, dopo aver pesantemente manipolato il secondo turno per la formazione di alleanze arlecchino anti-Marine Le Pen, il presidente francese ha negato ai vincitori il diritto di formare un governo, rendendo di fatto ingovernabile il suo Paese. Sarà bene che Parigi studi attentamente e mandi a memoria le sequenze dell’incontro Trump-Zelensky in Vaticano, quando qualcuno tolse quella terza sedia sulla quale intendeva sedersi un mancato Roi Soleil! Da ex enarque, camarade di Macron, la invito, Cara Giorgia, ad andare avanti così, parlando inglese!

Aggiornato il 19 maggio 2025 alle ore 11:21