Il Papa che viene dall’Occidente dell’era globale

Dopo il Covid, la pandemia del 2020 che mise a casa continenti ma collegò il mondo in rete, l’evento più globale del nostro tempo è l’elezione del successore di Papa Francesco. Una dimensione non del tutto attesa, poiché sotto il pontificato di Jorge Mario Bergoglio pareva che la partecipazione cristiana soffrisse una crisi, invece i numeri parlano chiaro. Il funerale è stato seguito in presenza da 250mila persone, ma resta incalcolabile il numero dei connessi: milioni di utenti di tivù, cellulari, tablet, pc, sui social 7 milioni di interazioni in dodici ore. “Il miracolo” si ripete con il Conclave 2025: 50mila in piazza per la “prima fumata” e miliardi di ultra connessi, preceduti dal clamore del film Conclave, diretto da Edward Berger, tratto dal romanzo di Robert Harris, con Ralph Fiennes, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini, pluricandidato, che con la macchina da presa è entrato nei segreti della Cappella Sistina. Dal cinema alla realtà, durante la diretta di Rai 1 il giornalista-scrittore Paolo Mieli ha fatto notare: “I non credenti superano i credenti”, ha detto lo storico televisivo. Effetto Papa Francesco, hanno commentato gli esperti, alludendo al pontefice che ha allargato la platea a cominciare dal numero dei cardinali votanti, salito per la prima volta a 133, appartenenti ai cinque continenti e agli angoli più remoti così che i network vanno dalla Cnn e Bbc ad Al Jazeera.

Il Conclave più internazionale dal punto di vista d’incontro tra diversità”, ha spiegato monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto commentando “la mondialità”. Gli fa eco il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana: “Stiamo vedendo una Chiesa che parla a 1.400 miliardi di fedeli e ai numerosissimi laici che vivono i temi dell’ambiente, della famiglia, delle crisi e delle guerre, a cui Papa Francesco si era rivolto come un faro per unire personalità diverse sotto un rito antico, lento, codificato secondo i tempi e i ritmi della tradizione cristiana in un mondo che si esaurisce in un byte”. E in un mondo, aggiungiamo, che incrocia tante audience con tutti i capi di Stato ai vertici sulle bombe implacabili, la premier Giorgia Meloni ago diplomatico, la politica italiana divisa e incalzante, le istituzioni nazionali e militari schierate e, infine, l’altro protagonista di queste ore Jannik Sinner che fa impennare gli ascolti nel catino di Roma. È il mondo di oggi, dal sacro al tennis, coi milioni di giovani universali che oscillano appesi al destino. “Extra omnes”. Il “tutti fuori” pronunciato dal maestro delle celebrazioni, monsignor Diego Ravelli, ha ufficialmente dato il via alla elezione del 267° Papa, con la grande porta lignea della Sistina chiusa sul Giudizio universale di Michelangelo Buonarroti, realizzato tra il 1536 e 1541 su commissione di Papa Clemente VII. Si è delineato così, in diretta, il limite tra “mondo dentro” e “mondo fuori”. Il mondo fuori siamo noi e il mondo dentro, come ha spiegato monsignor Angelo Bagnasco, sono i votanti, Dio e lo Spirito Santo. In modo così reale, universale e globale “non era mai stato detto”. Per questo all’adagio laico-liberale di Benedetto Croce del “possiamo continuare a dirci cristiani”, come ha scritto “il nostro” Arturo Diaconale, fondatore di questo giornale, nel libro Santità! Ma possiamo continuare a dirci cristiani? (Rubbettino 2018) descrivendo il limite tra modello globalista e un cristianesimo proteso più al buonismo che al bimillenario legame con l’Occidente, oggi diciamo “abbiamo mandato in onda il divino”.

E cioè, stiamo rivelando quello che già costituiva la tesi di Diaconale di una Chiesa che resiste da oltre duemila anni “perché ha la capacità di adattarsi ai cambiamenti in cui opera”. Ecco dunque “la ferula pastorale” che, a mio parere, il Conclave dovrà consegnare al nuovo Pontefice coi richiami già indicati dal biblista-teologo Gianfranco Ravasi, il quale ha parlato di “bulimia di mezzi e anoressia dei fini” rivolto ai 4mila giornalisti accreditati, indicando “il tema della collegialità-unità” come lo fu nel I secolo dopo Cristo. È vero che la Chiesa Cattolica rappresenta il 17,5 per cento delle religioni, ma con la cura di scuole, ospedali, attività caritatevoli e altro è al servizio di un numero planetario di anime. Il nome del nuovo Papa lo sapremo con la fumata bianca, quello che possiamo dire è che il successore di Francesco sarà il Pontefice dell’era digitale, artificiale, tecnologica, che dovrà lavorare per la Pace e per traghettare l’umanità con la mano tesa alle nuove generazioni, ai costruttori di futuro che più di tutti stanno pagando il declino e l’alba. Italiano, curiale, straniero, nero, filippino? O sarà piuttosto “il papa secondo il calendario”, visto che venerdì prossimo si celebra San Gregorio Magno, il 64° vescovo di Roma, papa della Chiesa cattolica dal 590 al 604, dottore e santo sia per la Chiesa cattolica sia per le Chiese ortodosse, sepolto in Basilica? Un Papa che viene dall’Occidente, dopo il “Francesco della fine”, con il cuore rivolto a Gerusalemme e la mente nel mondo.

Aggiornato il 08 maggio 2025 alle ore 11:34