Da M.A.G.A. a M.O.G.A.: Make Occident Great Again

No: l’acronimo giusto per il connettore meloniano che giustappone i destini di Europa e Usa non è “Mwga” (impronunciabile) ma “Make Occident Great Again”, o Moga. Infatti, il Webster ci restituisce l’esatto significato del termine “Occident” in inglese, che è ben più preciso di “West”, poiché quest’ultimo indica una direzione e non un pezzo estremamente importante della storia delle civiltà. Questo per dare spazio a una sorta di passione filologica, che però lascia fuori la questione pratica del “come farla” questa benedetta unione. Vanno bene gli slogan a effetto che trainano milioni di like, ma per le cose serie occorre un’analisi preliminare sulle caratteristiche di fondo di una cosa concreta che già c’è (Make America Great Again), e ha vinto con la sua ideologia di base le ultime presidenziali americane. Come ogni rivoluzione che si rispetti, Maga racchiude in sé metodo e teoria. Sotto il primo aspetto, l’Esecutivo, in presenza di determinate condizioni, può infrangere la legge per massimizzare il bene comune attraverso i famosi “Ordini esecutivi”, sfidando i successivi divieti dei giudici che accolgono le impugnazioni dei contro interessati ai relativi provvedimenti presidenziali. E qui, si erge il primo, del tutto insuperabile ostacolo per un’Europa che voglia contare come gli Usa, nel senso di “avere (in mano le famose) carte”.

La Ue, infatti, non ha un potere esecutivo nemmeno lontanamente paragonabile a quello del Presidente degli Stati Uniti, essendo il tutto riconducibile nelle mani di un organo collegiale di nazionalità equiparate, tutelate dal potere di veto. In merito, la proposta del Vicepresidente del Consiglio italiano di eleggere direttamente il Responsabile della Commissione Europea rappresenta di per sé un minimo sindacale, anche se poi i suoi poteri saranno costruiti attraverso un defatigante taglia-cuci rispetto a quelli del Consiglio. Tuttavia, bene che vada, la sua figura non sarà mai comparabile a quella di un Donald Trump, di Vladimir Putin e di Xi Jinping. Ora, è chiaro a tutti che per uscire dal nostro auto-accerchiamento, in cui per colpa nostra le democrazie sono in arretramento rispetto alle autocrazie o alle così dette “democrazie illiberali” (tutto in programma di paradossi storici!), occorre procedere a individuare forme di verticalizzazione delle decisioni. Riforma ormai necessaria, quest’ultima, per bypassare le estenuanti, defatiganti e spesso improduttive, procedure decisionali delle democrazie parlamentari.

Tornando a Maga: la teoria presuppone che chi detiene il potere esecutivo non debba essere condizionato da alcun vincolo esterno, dovendo esclusivamente rispettare gli impegni presi con gli elettori che gli hanno affidato il mandato. Il che pone il problema della tenuta dei contropoteri, come le istituzioni indipendenti (giudiziario, in particolare, tranne ovviamente la Corte Suprema), e della delegittimazione dei propri oppositori, ai quali viene persino negato il titolo di “patrioti”. Salvo, poi, a doverglielo restituire nel caso della coscrizione obbligatoria per sostenere una guerra.

Certo, la domanda di fondo è sempre quella: le istituzioni americane hanno carburante legalitario a sufficienza, per impedire una deriva autocratica della loro democrazia? Tutto sommato, sì: le elezioni di mid-term (volute dai padri costituenti americani) possono fare di un Presidente in carica un lame-duck (un’anatra zoppa), facendogli mancare la maggioranza al Congresso necessaria per governare “autocraticamente” il Paese. Il che è un bene, qualora per l’appunto il Parlamento precedente si sia rivelato troppo remissivo e indulgente, nei confronti delle politiche della Casa Bianca, non più gradite ai suoi elettori. Ecco, anche qui: che cosa ha di meglio l’Unione Europea da contrapporre a simili istituti? Per andare molto oltre il binomio autocrazia-democrazia occorrerebbe rimettere in primo piano il principio base che “tutto il potere deriva dal popolo”, facendo ridiscendere verso il basso le scelte di fondo, che mettano al riparo l’elettorato dallo sviamento dei poteri. Ponendo così un argine ai monopoli lobbistici, che sono poi i veri grandi elettori per via del dio Denaro dei Presidenti americani eletti, così come di non pochi rappresentanti del popolo sia americani che europei, di cui finanziano le campagne elettorali. Altra deriva da evitare, è la presa di potere attraverso il voto da parte dell’autocrate, come già successo in Italia e Germania nel secolo passato, e in Russia per quello in corso. Lo schema vincente per blindare le democrazie e assicurarne la vittoria definitiva sulle autocrazie è allo stesso tempo semplice e complesso, dato che si sta parlando, per la realizzazione di Moga, nientedimeno che del Parlamento e del Consiglio Europeo.

Più in generale, e la cosa riguarda anche Maga, esistono due valide ragioni per cui il modello autocratico sta prevalendo su quello democratico. In primo luogo, la prevalenza del fattore “durata, grazie al quale i regimi autocratici possono adottare strategie decennali, mentre al contrario i secondi sono obbligati a seguire le oscillazioni elettorali a breve/medio termine. Il gap sarebbe colmabile se, nell’ambito dei processi decisionali democratici Consiglio-Parlamento, fosse possibile sottoscrivere accordi di programma almeno decennali (che, quindi, obbligano tutti i governi comunitari successivi a rispettarne le clausole politico-economiche e i vincoli finanziari), approvati con maggioranze qualificate dei due terzi. L’altro aspetto che caratterizza le autocrazie è la capacità di adottare decisioni rapide e verticalizzate che, come è accaduto in Cina e Russia, possano imporre anche ai grandi gruppi e monopoli privati di fare un passo indietro, a beneficio dell’intera collettività.

Un rimedio esiste, anche in tal senso: dotandosi di un efficace schema decisionale down-top, che privilegi le leggi d’iniziativa popolare ad alto tasso di adesione, attraverso un circuito di approvazione/rigetto che possa culminare, in caso di esito negativo, con il ricorso al referendum approvativo. Questo modello innovativo radicale consentirebbe un’effettiva ridiscesa verso il basso delle grandi decisioni di struttura e di sistema, al fine di impedire alle oligarchie di potere, interne e internazionali, di affermare i propri interessi a discapito di quelli più genuinamente collettivi. Il principale strumento down-top è, ovviamente, rappresentato dall’estensione massima possibile dell’istituto del referendum, ampliando le fattispecie esistenti al fine di comprendere quello di tipo consultivo e approvativo, le cui decisioni siano vincolanti per Bruxelles e Strasburgo. Solo così, del resto, potremmo “avere le carte” per sederci alla pari al tavolo dei Grandi!

Aggiornato il 30 aprile 2025 alle ore 10:51