
@Tempi_it
«Settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee». È
l'essenziale biografia di Tempi, la testata diretta da Luigi
Amicone. Oltre il quaranta per cento di followers in più negli
ultimi due mesi, numerosi eventi seguiti in livetweetting, un
giornalista 2.0 addetto alla veicolazione dei contenuti della
rivista sul web. Ma chi sono quelli di Tempi? Una volta li si
trovava in allegato al Giornale, il giovedì, un formato in carta di
grana grossa, broadsheet. Una pattuglia di fedelissimi lettori. Poi
è subentrata l'era della carta patinata, il dimezzamento del
formato, la raccolta di qualche firma di peso a dare lustro alla
piccola nave corsara del mondo dell'editoria settimanale. Qualche
mese ancora in compagnia del quotidiano allora diretto da Maurizio
Belpietro, poi il grande salto. Tempi ha enormemente ampliato il
numero di copie vendute. Il segreto sta nel mantenimento e
nell'ampliamento di un nutrito zoccolo duro di abbonati. Ma anche
nella sempre maggiore influenza che gli articoli e le inchieste del
settimanale propongono ai propri lettori. Sfogliando la rivista vi
si incrociano penne come Lodovico Festa, Oscar Giannino, Giorgio
Israel, Mattia Feltri, Antonio Gurrado. Ma alle prestigiose
rassegne stampa della Rai e di Sky (per tacer dell'immancabile
Stampa e Regime dell'ex direttore di Radio radicale Massimo Bordin)
la testata di Amicone è arrivata solamente negli ultimi mesi. Prima
con una vivace battaglia in favore dell'amnistia, condotta,
ovviamente, in tandem con Radicali italiani (unica testata del
mondo del centrodestra a schierarsi con decisione in favore del
provvedimento tanto caro a Marco Pannella). Poi con l'altrettanto
battagliera campagna in favore di Roberto Formigoni, da sempre
politico di riferimento della piccola redazione milanese. Sul sito
(www.tempi.it), la redazione pubblica, a distanza di due o tre
giorni l'una dall'altra, le lettere di Antonio Simone, l'ex
assessore della Regione Lombardia in carcere per le vicende che
hanno coinvolto il governatore lombardo. Missive che hanno
interessato due giornalisti di Repubblica. Nella sua ultima
missiva, Simone accetta di rispondere alle domande del quotidiano
diretto da Ezio Mauro. A due condizioni: «Che il vostro direttore
prometta di distinguere, almeno per un anno, i fatti personali da
quelli di Cl (ovviamente fino a prova contraria). E che se dichiaro
ciò che ho fatto e tutto ciò che ho guadagnato, cominciate la
giusta battaglia contro la tortura della carcerazione preventiva».
Battaglie che hanno portato Tempi ad occupare uno spazio lasciato
libero dalla diretta concorrenza. Così anche sui social network.
Mentre su Facebook sono ormai più di quattromila e seicento i like
alla pagina dedicata, i followers su Twitter sono solamente mille e
settecento. Pochi, se si considerano le testate concorrenti.
Moltissimi, se si pensa che fino a qualche mese fa la presenza
tuittéra del settimanale era praticamente nulla. Ma l'aumento
esponenziale dei followers non è dovuto solamente alla nuova
rilevanza acquisita dal settimanale nel mondo della carta stampata.
No, quelli di Tempi si sono messi a cinguettare duro da qualche
mese a questa parte. E i risultati si vedono.
@kuliscioff
«Independent + for-profit Twitter doctor. now working
@GalassiaReti + @libertiamo». È assolutamente 2.0 la presentazione
di @kuliscioff ai suoi mille e settecento followers. All'anagrafe
Simona Bonfante, è l'anima libertaria di Reti, la società di
lobbying dell'ex spin doctor di Massimo D'Alema, Claudio Velardi.
Oltre a essere uno dei più attivi contributors di Libertiamo, il
magazine liberale di Benedetto Della Vedova. Una penna poliedrica
messa al servizio delle idee liberali. Bonfante ha condotto una
appassionata battaglia per le liberalizzazioni all'epoca
dell'appannato decreto del governo Monti sulla materia. E continua
a martellare sul rinnovamento della mentalità politico-economica
del paese. Affascinata dalla carica di novità di cui si fa latore a
sinistra Matteo Renzi, è profondamente delusa dal tradimento della
spinta originaria del partito di Silvio Berlusconi. Di cosa stiamo
parlando? Ma della rivoluzione liberale, ovviamente! Kuliscioff -
la cui anarchia di pensiero è ben fotografata dal nickname che
ricorda l'Anna fondatrice del Partito socialista italiano - è una
Twitter addicted. Cinguetta a (quasi) ogni ora del giorno,
intrattiene rapporti virtuali con chiunque le ponga domande od
obiezioni. E incalza i malcapitati politici di turno a rispondere a
domande scomode. «Oddio, @LeolucaOrlando1 si auto-definisce
'tecnico': di che, esattamente? Sputtanamento di martiri
anti-mafia?», tweetta al neo eletto sindaco di Palermo. Poi
ironizza sulle parole del vicepresidente della Camera in quota Pdl:
«Okkey, @Maurizio_Lupi lo spread é colpa del fato. Poi ci si chiede
perché». Senza risparmiare nemmeno quelli che più la aggradano:
«Okkey @matteorenzi ma qual é il legame tra impoverimento e assenza
del servizio civile europeo?». Il commento era rivolto ad
un'affermazione del sindaco di Firenze durante Ballarò. L'hashtag?
#dinneunaltra.
Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:46