
Uno tra i difetti più grandi dei blogger italiani è proprio quello di essere terribilmente italiani. Beninteso: l'anti-italianismo di maniera alla Giorgio Bocca era qualcosa di raccapricciante. Anche l'esterofilia sperticata di chi sogna la California ma scrive da Cocomaro di Focomorto, però, non è proprio una cosa simpatica da leggersi. Bisogna ammettere, tuttavia, che spesso gli italiani riescono a portare sul web il peggio del peggio dello stereotipo etnico. Dallo spaghetti pizza mandolino e mamma al sentirsi un po' tutto CT della Nazionale. C'è addirittura qualcuno che dall'homepage del suo blog riuscirebbe persino ad applaudire a un funerale. Per questo ogni tanto fa bene leggere qualcosa che cerca di guardare un po' "abroad", ispirandosi a quelle culture che con l'Internet giocano da un po' più tempo (e quindi meglio) di noi, senza però diventarne pedissequamente succubi. Oggi parliamo proprio di due "gringos". Soltanto di nome, come The Selbmann, oppure proprio di fatto, come The Right Nation.
The Right Nation
Per l'italiano medio, Romney e Gingrich potrebbero anche essere
una cover band di Simon & Garfunkel. Allo stesso modo in cui il
caucus è un piatto tipico del Maghreb, i grandi elettori sono solo
votanti di notevole statura, e Santorum è un giornalista un po'
casinista che ama le piazzate ce l'ha su a morte con Berlusconi.
Per quanto riguarda infine Iowa, Ohio e Utah, facciamo addirittura
fatica a pronunciarli tutti di seguito senza slogarci la mandibola.
Ci salvavano solo le sorelle Huntsmann, gnocchissime figlie
dell'omonimo candidato alle primarie repubblicane, che in quanto
tali (nel senso di gnocchissime, non di figlie) risultavano "user
friendly" anche a noi italioti. Quando però il loro babbo è uscito
dai giochi, ovvero quasi subito, siamo tornati a non capire un tubo
della politica d'Oltreoceano. Ma tutto questo non vale per la
redazione di Right Nation, fondato dal giornalista Andrea Mancia
(che guardacaso è anche il vicedirettore de l'Opinione, e per
questa penosa leccata ricompenserà chi scrive con una sonora pacca
sulla spalla. O un calcio nel sedere) e dal blogger liberale Simone
Bressan. Qui si parla molto di Stati Uniti, ovviamente, ma non
solo. Perché per questi accesissimi supporter della dottrina
reaganiana anche la britannicissima Lady di Ferro, a.k.a. Margaret
Thatcher, è un'icona veneranda. Si parla anche molto della politica
nostrana, sempre però con gli occhi di chi vorrebbe più libertà e
meno stato, e invece si ritrova soltanto una sfilza di esecutivi di
vario colore tutti ugualmente pronti a rimpinzare la Bestia. In
queste lande la "sottile linea rossa" sono un'ammirazione e un
amore incondizionati per la cultura anglosassone, unanimemente
condivisi dalle firme che animano la vita nel blog assieme a quelle
dei due fondatori. Ci si divide soltanto sullo sport. O meglio, sui
due differenti modi di declinare la palla ovale tra una sponda e
l'altra dell'Atlantico. Gustosissimi i siparietti tra un purista
del rugby come Dario Mazzocchi, per il quale senza il bilancio di
almeno un naso rotto, due spalle lussate e una mezza dozzina di
metacarpi disarticolati per parte non si può parlare di partita
avvincente, e un alfiere del football americano (ma solo in ragione
delle prorompenti girlfriend dei giocatori) come il Bressan,
secondo cui i tackle sono sicuramente importanti, purché chi li fa
sia catafratto e cimierato come un cavaliere rinascimentale. E i
quarterback rimorchino sempre le cheerleader, of course. Hanno
addirittura un sito web tutto loro: www.rightnation.it
The Selbmann
«Jean De Santeul aveva ragione. E anche Eddie Murphy. E anche
Charles Darwin». Questo l'autoprodotto aforisma che accoglie il
lettore del blog di Irene Selbmann come un "benvenuti" in Verdana
corpo quarantotto sullo zerbino di casa. Non fatevi ingannare dal
nome, però. Lei è italianissima, di Viterbo, per la precisione.
Quindi non azzardatevi a chiamatela "Airìn", o cose del genere.
Solo se sbagliate il cognome un pochino le fate dispetto. Ma, che
diamine!, non è mica poi così difficile da pronunciare. Su cosa
abbiano ragione secondo The Selbmann i tre grandi alfieri della
poesia, della filosofia contemporanea (eh, già) e della scienza, lo
si capisce dopo aver attaccato le prime tre righe di uno qualsiasi
dei post. «Castigat ridendo mores», diceva il Santolius. «Mena come
un fabbro ferraio gli idioti che popolano l'universo mondo, e
traine giovamento», parafrasa la Selbmann. Che con tagliente ironia
e una sana dose di cattiveria prende spunto dai fatti di cronaca
(ma anche un incontro fortuito in metropolitana o in coda al
supermercato possono andare benissimo) per descrivere la varia
subumanità che popola il nostro quotidiano, e di cui spesso ci
troviamo a far parte noi stessi. Da protagonisti. Regolare come un
orologio svizzero (se il colon pigro delle gentili donzelle
osservasse la medesima cadenza di pubblicazione di questo blog
sarebbero guai seri per l'indotto dello yogurt ai fermenti lattici
vivi) The Selbmann solletica lo zoccolo duro dei suoi fedelissimi
lettori, che la seguono anche su Twitter. Qui cinguetta a raffica,
sotto le mentite spoglie di un avatar di Woodstock, il canarino
amico di Snoopy. Cinguetta talmente tanto, e con così tanta
dovizia, da aver riabilitato il concetto di spam. Imperdibili i
lampi di genio che condensa in 140 caratteri. Specie negli hashtag,
alcuni dei quali entrati ormai nella leggenda. Come #fettadiculo,
con il quale chiosa le assurde pretese di qualcuno, o addirittura
#carpacciodiculo, che sfodera impavidamente qualora le suddette
pretese si facciano particolarmente esose. Trovate tutto quanto
qui: theselbmann.wordpress.com
Aggiornato il 28 novembre 2022 alle ore 02:43