
Potremmo essere vicini alla pace. Sarà di vitale importanza l’incontro odierno fra Donald Trump e Benjamin Netanyahu, che parleranno di cessate il fuoco a Gaza e di come raggiungere la fine del conflitto. Forse per esasperazione, forse per dei compromessi accettati da Bibi, ma tra la stampa internazionale trapela un cauto e silenzioso ottimismo. E il punto fermo dello Stato ebraico potrebbe riguardare la permanenza delle Forze di difesa nel corridoio Filadelfia. “Gli Stati Uniti e Israele sono molto vicini a raggiungere un accordo sul piano di Trump per porre fine alla guerra”, ha dichiarato un alto funzionario della Casa Bianca al termine dell’incontro che ha visto il premier Netanyahu confrontarsi con l’inviato speciale Usa Steve Witkoff e con Jared Kushner, genero del presidente americano. A riportarlo è la testata israeliana N12, secondo cui sarebbe già stata risolta “la maggior parte delle questioni riguardanti la proposta di accordo sugli ostaggi”. L’esponente dell’amministrazione americana ha tuttavia precisato che, per giungere a un’intesa definitiva, serve anche il consenso di Hamas, che al momento non è stato formalmente espresso.
Alla riunione, cui ha preso parte anche il ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer, è stato discusso il “piano in 21 punti” finalizzato a mettere fine al conflitto a Gaza e a garantire il rilascio degli ostaggi. Secondo N12, nel corso dei colloqui sarebbero stati affrontati quasi tutti i nodi sensibili per Israele, in vista del successivo faccia a faccia tra Netanyahu e Trump. Le nuove formulazioni presentate da Witkoff e Kushner sarebbero state accolte favorevolmente da Netanyahu e Dermer. Sul tavolo due questioni cruciali: il ruolo dell’Autorità nazionale palestinese nella gestione della Striscia e il disarmo di Hamas. Il punto di frizione tra Washington e Gerusalemme riguarderebbe piuttosto il ritmo e le modalità con cui attuare tali misure. La testata israeliana segnala inoltre timori a Tel Aviv circa l’influenza esercitata da alcuni Paesi arabi su Trump, capaci – nel tentativo di indirizzare la sua attenzione – di oscurare le richieste israeliane per un’azione più incisiva contro Hamas. Intanto, Netanyahu dovrà affrontare la sua stessa coalizione, a partire dal ministro Bezalel Smotrich, che lo sta incalzando con forza. Il premier cercherà di rassicurare i suoi alleati, pur senza disporre ancora di tutte le risposte, e proverà a convincerli che “la situazione è sotto controllo”.
Bibi “è sotto pressione: se a quella interna aggiungiamo quella che potrebbe mettere Trump, potremmo essere davanti ad una svolta”. A dirlo a la Repubblica è Yossi Beilin, negoziatore degli accordi di Oslo con l’ex premier di Israele Yitzhak Rabin, commentando il vertice odierno tra Trump e Netanyahu. Secondo Beilin, l’eventuale accettazione del piano comporterebbe un terremoto politico: “Vuol dire perdere questa maggioranza. Far uscire l’estrema destra. Ma centro e centro-sinistra hanno già detto di essere pronti a sostenerlo (Netanyahu, ndr.) pur di arrivare al cessate il fuoco”. Quindi il primo ministro resterà comunque “al potere, almeno per il tempo necessario a implementare il piano. La priorità di Netanyahu è mantenere le redini. I partiti che lo sosterranno sono in condizione di imporgli condizioni: la prima dovrebbe essere far uscire completamente l’estrema destra dal governo. La seconda trattare per arrivare a uno schema di accordo complessivo con i palestinesi: non solo Gaza, anche la Cisgiordania – prosegue – Su quello schema, sulle opposte visioni si dovrebbe basare la campagna elettorale del 2026. Su quello schema il Paese potrebbe arrivare ad una svolta”.
Beilin richiama infine un nodo irrisolto da decenni: “C’erano 90mila coloni in Cisgiordania quando io parlavo con Abu Mazen, 30 anni fa. Oggi ce ne sono 500mila: se non risolviamo questo problema, non risolveremo la questione centrale per il nostro futuro – sottolinea – Pochi forse se ne rendono conto: ma su Gerusalemme, come sul diritto al ritorno dei palestinesi, nel tempo sono stati raggiunti degli accordi”. E conclude: “Questi ostacoli oggi sono superabili. Quello dei coloni, così com’è, no: blocca il nostro futuro. È tempo di pensarci e questa può essere l’occasione giusta”.
Aggiornato il 29 settembre 2025 alle ore 13:53