
La retorica sulla tragedia di Gaza e sul riconoscimento dello Stato della Palestina è penetrata profondamente, e ritengo distortamente, nelle coscienze di una parte della massa, quella con carenza analitica, dogmatica, e che magari poco sa della situazione in argomento, quindi facilmente manipolabile da un mainstream condizionato da posizioni politiche. Una questione che ha demarcato un confine politico, che tendenzialmente oblia il ruolo dei terroristi di Hamas, facendolo configurare come un fattore collaterale al dramma che sta affogando la popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Oggi questa propaganda chiede di non vendere più armi a Israele, ma non di disarmare Hamas, oppure bloccare chi sta rifornendo l’infinito arsenale del gruppo islamista terroristico, ovvero quello che viene definito il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam.
Quindi chi arma ancora Hamas? Intanto dopo la caduta del regime siriano di Bashar al-Assad, dopo il quasi annichilimento dell’omologo di Hamas in Libano, Hezbollah, dopo il blocco dell’hub yemenita degli Houthi, uno dei punti di passaggio delle armi insieme alla Siria, spedite dall’Iran, i rifornimenti militari ad Hamas non sembra siano diminuiti molto. Teheran matrice dell’Asse della resistenza (Hezbollah, Hamas, milizie sciite siriane ed irachene, Houthi yemeniti), contro Israele, e grande burattinaio di questo sistema di forniture militari, dopo la guerra dei 12 giorni (13 giugno 2025), contro lo Stato israeliano, ha dovuto ulteriormente rivedere il ruolo di distributore di armi ad Hamas, quindi si sarebbero chiusi o considerevolmente ristretti, i tradizionali canali di sostentamento per il loro arsenale militare. Ma viste le battaglie che l’esercito israeliano, Idf, sta facendo contro Hamas, perché ricordo che a Gaza ci sono due forze armate che si stanno scontrando, non sembra che tale carenza di armamenti sia in pratica effettivo.
Infatti, l’organizzazione terroristica continua a contrabbandare armi oltre che con l’Iran anche con Cina, Russia e Corea del Nord, Paesi che hanno una continuità nel vendere tali attrezzature ad Hamas, che paga, non con risorse frutto di una dinamica economica statale, ma con i milioni di dollari donati soprattutto dal Qatar. È principalmente nel quadro di questo mercato estremamente articolato che si sviluppa il traffico di armi, che vede molti convogli “battenti bandiera umanitaria”, che vengono diretti occultamente dai miliziani di Hamas presso i loro punti sicuri di raccolta. Qui, nei tunnel, assemblano i pezzi di missili e armi presenti sui mezzi, carichi ufficialmente di derrate alimentari, giunti al confine nord egiziano, aggirando intercettazioni e controlli.
Secondo varie fonti non solo israeliane, i miliziani di Hamas utilizzano tutt’ora fucili nuovi di fabbricazione russa e cinese, varie tipologie di granate prodotte dalla Corea del Nord. Prima del 7 ottobre 2023 risulta che anche la Bulgaria fornisse granate ad Hamas. Inoltre un’altra fonte di contrabbando di armi proviene dal fiorente mercato africano, dove tra colpi di Stato e guerre civili il mercato di armamenti assorbe una grossa fetta della produzione mondiale. Da parte sua i terroristi di Hamas hanno più di un vantaggio sull’esercito israeliano, come la capacità di passare da una zona all’altra spostandosi nei chilometrici tunnel, quindi poter anche colpire alle spalle i militari israeliani in fase di avanzamento tra le macerie di Gaza. Oltre che posizionare, come sta facendo dall’inizio della guerra, cecchini in punti non facilmente visibili dall’esercito di Tel Aviv, ed è anche per questo che a Gaza vengono abbattuti palazzi e strutture elevate, trasformando la città in un accumulo di rovine.
Ma l’arma più potente di Hamas sono i bambini e i civili palestinesi, che quotidianamente soccombono in questa guerra urbana. Immagini drammatiche spesso diffuse come propaganda antisraeliana, ma che sono le vittime del cinismo del gruppo terroristico che si sta giocando qualsiasi carta per la sua sopravvivenza. Scudi umani ai quali Hamas vieta di spostarsi verso sud, come indicato dall’esercito israeliano prima di effettuare un bombardamento o tentare l’occupazione di un quartiere; adolescenti deceduti o in fuga dei quali vengono diffuse le immagini che influiscono emotivamente nel giudizio di condanna a Israele. E ora “l’ossessione internazionale” del riconoscimento dello Stato di Palestina, una presa di posizione che anche i palestinesi definiscono quasi inutile in quanto il problema è esclusivamente Hamas. Ad oggi, questo riconoscimento non potrà risolvere la questione di Gaza in quanto né l’Autorità palestinese, né le altre costose e enormemente burocratizzate organizzazioni palestinesi, sono in condizione di subentrare alla forza militare dei terroristi di Gaza.
Intanto, la battaglia oltre che sul campo è sui media, e viste le proteste generalizzate e spesso strumentalizzate dalla politica e da utopiche idee, Hamas prosegue nel propagandare i suoi successi e la sua causa. Certamente se il gruppo terroristico-politico non avesse ordito il massacro del 7 ottobre 2023, dove cittadini israeliani subirono uccisioni, rapimenti, stupri, e ogni tipo di violenza, Gaza non sarebbe stata demolita e non sarebbero morti decine di migliaia di palestinesi abitanti nella Striscia.
Aggiornato il 25 settembre 2025 alle ore 09:55