Moldova alla vigilia del voto: la democrazia sotto assedio

Domenica prossima la Moldova andrà al voto per rinnovare il Parlamento, ma l’atmosfera nel Paese non ha nulla della normalità democratica. Sullo sfondo incombe uno spettro ben più ingombrante della dialettica tra partiti: l’ingerenza russa, resa concreta da prove giudiziarie e operazioni di polizia che hanno svelato un sistema organizzato di corruzione, manipolazione e destabilizzazione. Non si tratta di accuse generiche né di mere illazioni politiche: le autorità moldave, sotto la guida del procuratore generale Victor Furtună, hanno condotto un’operazione su larga scala che ha fatto emergere l’ossatura di un vero mercato del voto. Le cifre parlano da sole: 74 arresti, oltre 250 perquisizioni e sequestri di denaro e documenti che raccontano la costruzione di una macchina parallela capace di influenzare migliaia di consensi. Il meccanismo svelato dagli inquirenti è tanto semplice quanto devastante. Nelle zone più povere della Moldova, dove il reddito medio non basta a coprire le spese essenziali, emissari filorussi si presentano con denaro contante, generi alimentari e beni di prima necessità. In cambio, chiedono un impegno preciso: il voto per candidati allineati a Mosca.

Non è propaganda, ma corruzione elettorale su scala industriale. Le indagini hanno ricostruito flussi di denaro provenienti da circuiti russi, talvolta camuffati attraverso criptovalute e carte bancarie anonime, fino a raggiungere le mani di corrieri incaricati di distribuire i fondi nei villaggi più remoti, creando un’economia parallela del consenso che sfrutta la fragilità sociale per trasformarla in potere politico. Al centro di questa macchina si colloca la cosiddetta “rete di Shor”, dal nome dell’oligarca fuggito all’estero e già condannato per il clamoroso scandalo bancario che prosciugò un miliardo di dollari dalle casse moldave. Lontano ma mai davvero fuori gioco, Shor avrebbe orchestrato un sistema tentacolare, in grado di mobilitare risorse, intermediari locali e canali finanziari occulti. Quella rete funziona come una centrale elettorale parallela, un partito-ombra che non si limita a sostenere candidati, ma costruisce clientelismo, assistenza fittizia e fidelizzazione politica, inserendosi nella strategia russa di controllo sul vicino Stato post-sovietico. Tuttavia, la corruzione del voto non è l’unico fronte. A rendere ancora più torbido il clima pre-elettorale ci pensa la disinformazione.

Negli ultimi giorni ha fatto il giro del Paese un sondaggio manipolato che dava per vincenti i partiti filorussi, un’operazione calcolata per instillare l’idea di un consenso già consolidato, così che, qualora a prevalere fossero invece i filoeuropeisti, possa scattare immediatamente la narrativa del complotto, dei “brogli”, delle elezioni rubate. Non è un caso isolato: la strategia è collaudata e rientra nel manuale della cosiddetta guerra ibrida russa, che combina propaganda, pressione economica, corruzione politica e destabilizzazione sociale. L’inchiesta della procura ha inoltre svelato un tassello ancora più inquietante: la preparazione di gruppi addestrati in Serbia e destinati a creare disordini di piazza in caso di vittoria del fronte europeista. Non semplici manifestanti, ma squadre con un addestramento specifico per fomentare violenze, occupare edifici istituzionali e trascinare la protesta oltre il limite della contestazione pacifica.

“Molti degli arrestati stanno collaborando con gli organi investigativi e fornendo dettagli sui loro viaggi in Serbia, sugli organizzatori e sugli istruttori”, ha detto il procuratore Furtună. Da parte sua, il capo dell’Ispettorato generale della polizia, Viorel Cernăuțeanu, ha affermato che alcune persone che si sono recate in Serbia inizialmente non conoscevano il vero scopo dei loro viaggi e sono state poi convinte a partecipare all’addestramento. Secondo il direttore del Serviciul de Informații și Securitate (Sis), Alexandru Musteață, dietro il coordinamento effettuato in Serbia c’era una persona che si è presentata sotto il nome di un servizio speciale della Federazione Russa, con il soprannome “Bes”. Il nome e l’identità di questa persona saranno stabiliti a breve. Ha precisato che un altro esponente dei servizi segreti russi, Pavlov Andrei Vladimirovich, ufficiale del Gru, era coinvolto nel coordinamento di gruppi nella Repubblica di Moldova e nell’organizzazione di azioni sovversive finanziate dalla Federazione Russa, utilizzando anche la rete del gruppo “Shor” per il reclutamento di personale. Musteață ha osservato che lo stesso individuo era coinvolto in attività sovversive non solo in Moldova, ma anche in altri Stati dell’Unione europea, nonché in Paesi dell’Asia e dell’Africa.

“Le informazioni raccolte dal Sis saranno trasmesse rapidamente alle forze dell’ordine per prevenire qualsiasi rischio per la sicurezza nazionale”, ha affermato Musteață. Il direttore dell’Sis ha sottolineato che alcuni dettagli non sono stati divulgati per non compromettere l’avanzamento delle indagini penali, ma l’obiettivo finale è quello di raggiungere un risultato chiaro e positivo per il Paese. Parallelamente, il Centro nazionale anticorruzione (Nac), insieme alla Procura di Chișinău, sta conducendo anche un’indagine sul finanziamento illecito dei partiti politici, sul riciclaggio di denaro e sulla corruzione degli elettori. Durante le perquisizioni effettuate nei comuni di Chișinău e Orhei, nonché nel sud del Paese, è stata arrestata una persona sospettata di essere coinvolta in questi atti. Un copione già visto in altri scenari dove Mosca ha testato le proprie tattiche, mescolando spinte sociali reali con provocatori addestrati, fino a spingere un Paese sull’orlo del collasso istituzionale. La posta in gioco va ben oltre il risultato elettorale.

La Moldova si trova a un bivio: confermare la rotta europeista avviata dalla presidente Maia Sandu, che sogna l’integrazione nell’Unione europea, oppure ricadere nella spirale di dipendenza da Mosca, con tutto il corollario di corruzione e instabilità. La sfida non riguarda solo la capitale Chișinău, ma tocca la credibilità democratica del Paese e l’intera architettura di sicurezza regionale. L’Ucraina, impegnata nella resistenza contro l’invasione russa, guarda con attenzione al voto moldavo: un cedimento a sud-ovest aprirebbe un nuovo fronte di vulnerabilità. Mai come ora il voto in Moldova appare sospeso tra due destini: la possibilità di consolidare le istituzioni democratiche e il percorso europeo, oppure il rischio di cadere nella trappola della destabilizzazione russa. In gioco non c’è soltanto il futuro politico di un piccolo Stato, ma la stabilità di un’intera regione che da anni vive sull’orlo della frattura geopolitica.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative per la sicurezza

Aggiornato il 24 settembre 2025 alle ore 10:55