
Qual è il vero enigma di un mondo multipolare? Lo stesso identico al “problema dei tre corpi” (e più), per cui, a causa della instabilità dinamica, non esiste una soluzione “esatta”, come nel caso di due corpi, ma solo il ricorso a un poderoso calcolo numerico successivo per la migliore approssimazione possibile. Quindi, questa potrebbe essere la ragione per cui, anche nello spazio teorico delle relazioni internazionali, si tende a semplificare e ridurre l’attuale, rischioso equilibrio precario, formando due blocchi globali, che rendano impossibile, da un lato, il conflitto nucleare, e stabilizzino dall'altro la dinamica della politica mondiale. Così, il principio della riduzione del problema da tre a due corpi funziona soprattutto nell’analisi dell’attuale configurazione multipolare: Europa più Stati Uniti e liberal democrazie più o meno rappresentative, da una parte; Cina, Russia, India, e tutti gli altri in quella opposta. Ed ecco spiegato l’enorme interesse di Xi Jinping e Vladimir Putin a voler suddividere il globo in due blocchi: Sco e Brics+ e autocrazie da un lato; Resto del mondo e Occidente dall’altro. Per brevità utilizziamo due colori per evidenziare il tutto: giallo (yellow, o “y”, in cui ognuno è sovrano in casa sua) per i nemici dell’Occidente e dei suoi valori illuministici; azzurro (blue, o “b”) per l’altra metà che, più o meno, si riconosce nella democrazia rappresentativa. Ebbene, “conti” alla mano, b+y sono la garanzia che una guerra nucleare tra i due blocchi non ci sarà mai, come ha storicamente dimostrato la contrapposizione quarantennale tra Urss e Occidente.
Allora, quale segnale intende darci Vladimir Putin, con il sorvolo di droni sulla Polonia? Oltre a prenderci in giro per i nostri scarsi tempi di reazione, mentre farebbe bene a vedere quelli che lo riguardano, visto lo stillicidio dei droni ucraini che incendiano le raffinerie russe di petrolio, facendo soffrire i suoi cittadini alla pompa di benzina. Dalla presunta minaccia sulla Polonia, l’analisi politica rileva le due seguenti cose. In primis: Mosca non ha paura delle provocazioni, tanto si ritirerà sempre all’ultimo momento dallo scontro diretto, avanzando bugie diplomatiche. In secondo luogo, la Russia gioca abilmente sulla spaccatura della società politica e civile dell’Europa dell’Est (polacca oggi, slovacca e ungherese ancora prima). Per quanto riguarda le divisioni interne a Varsavia, è evidente che Mosca fa leva sulla contrapposizione esistente tra, da una parte, il presidente di destra, Karol Nawrocki, filo-Donald Trump, e dall'altra il premier europeista e filo ucraino, Donald Tusk. I droni, verosimilmente, sono un modo per convincere la Polonia ad avviare una interlocuzione diretta con il Cremlino scavalcando la Nato, dato che Putin mira a un’aperta neutralità di Varsavia, affinché faccia un passo indietro nei confronti del sostegno odierno all’Ucraina in guerra. Strategia, quest’ultima, che ingloba Ungheria e Slovacchia, già acquisite al campo antiucraino.
Dando ascolto alle malelingue, la storia dei droni persi è una modalità a basso rischio per stressare e testare, nel corso dei prossimi anni, l’architettura della sicurezza di Nato ed Europa, dopo aver fatto capire che nessuno è al sicuro, a seguito del bombardamento del Palazzo del Governo di Kiev e della rappresentanza europea presso l’Ucraina. Altri ancora dicono che Putin stia spingendo i bottoni (della crisi) un po’ a caso, per testare le reazioni americane corrispondenti, che poi sono le uniche che contano nell'ambito dell’Alleanza. Preparandosi al peggio, Stati baltici e Polonia (che ha aumentato al 4,7 per cento annuo la sua spesa militare) rafforzano le proprie truppe alla frontiera con la Russia, in vista dell’intenzione di Donald Trump di ritirare i suoi contingenti militari dal territorio europeo, per risparmiare risorse, da un lato, e rafforzare dall’altro il fronte Sud del Pacifico, dove è in atto la vera confrontation Usa-Cina. Così, l’Europa si vede sempre più sola, mentre Putin investe il 7 per cento del suo bilancio annuale in spese per la difesa, e insiste nell’indottrinamento scolastico in arti marziali dei suoi giovani e giovanissimi. A favore di Mosca giocano anche tutti i nostri equivoci sul dispiegamento di truppe ex Nato di interposizione, una volta raggiunto un compromesso territoriale, a seguito di un accordo di tregua, cessazione delle ostilità o avvio di un processo di pace che dir si voglia.
Dato che se così fosse, lungo la linea di demarcazione del cessate il fuoco i contingenti dei Paesi Nato, senza un adeguato protocollo di ingaggio, si troverebbero a dover fronteggiare pericolose provocazioni armate, da parte di milizie irregolari che militano da entrambi i lati, come gli irredentisti ucraini del Donbas e i filoputiniani degli oblast ucraini annessi alla Federazione russa. Se è senz’altro giusta la difesa di Dacia Maraini sul Corriere della Sera, in merito alla bontà salvifica della sola esistenza dell’Unione europea, rimane pur sempre il fatto che per essere riconosciuti da y occorre essere una “superpotenza”. E, dai fatti oggettivi registrati dall’inizio della guerra in Ucraina, Consiglio europeo e Commissione di Bruxelles sembrano puntare su di una guerra d’usura, o addirittura per proxy, dato che si vuole impedire alla Russia di allargare il conflitto verso i Baltici, rimanendo però nell’assoluta incertezza di come, quando e con quali strumenti e mezzi (economici, politici e finanziari) realizzare una vera e propria difesa europea. Al solito, i 27 sono intrappolati, come da sempre accade, all’interno dei vari egoismi e divisioni nazionali, senza essere minimamente in grado di garantire a Kiev una decente protezione antiaerea. E qui, torna in tutta la drammaticità l’esigenza assoluta di mettere mano ai trattati dell’Unione che, così come sono, impediscono all’Europa di adeguarsi rapidamente ai tempi storici, facendone di conseguenza un soggetto passivo (geopoliticamente parlando), che non ha e forse non avrà mai un volto unitario per sedersi alla pari con gli attuali “padroni del mondo”, come si ama dire.
Ora, poiché gli americani hanno tutto da temere dall’approssimazione con cui si muovono i “Volenterosi” nel fronteggiare la minaccia russa, che potrebbe coinvolgerli in un conflitto ad altissimo rischio e indesiderato, Donald Trump ha teso a minimizzare le provocazioni russe del sorvolo di droni nello spazio aereo della Nato, parlando di un “errore” involontario. Del resto, nella sua visione ipermercatistica, il presidente americano trova molto più interesse nell’assecondare il sogno putiniano della Grande Russia, piuttosto che a difendere l’Ucraina, avendo con ogni probabilità già sottoscritto accodi informali con il suo partner russo, per quanto riguarda le rotte artiche, le terre rare e le tecnologie spaziali. E ben ci sta. Così impariamo a tappezzare il futuro del cammino dell’Europa con centinaia di chilometri lineari di folli norme regolamentari, piuttosto che di trilioni di euro di investimenti comuni nel digitale, nelle energie rinnovabili e nella difesa. Chi è causa del suo mal, dice il saggio, poi le responsabilità se le deve prendere tutte!
Aggiornato il 16 settembre 2025 alle ore 09:59