
Che Vladimir Putin non voglia la pace con l’Ucraina è ormai cosa nota. Nonostante Donald Trump abbia offerto al presidente imperialista russo condizioni estremamente favorevoli, prospettando di conseguenza zavorre enormi a Volodymyr Zelensky, le luci di una tregua per ora non appaiono all’orizzonte. Osservando le operazioni russe sul territorio ucraino di queste ultime settimane si evidenzia con chiarezza la situazione: chiara anche ad alcuni “liberi” osservatori internazionali, l’unico a cui sembra che ci siano ancora margini di negoziato con Putin è Trump. Ora è da valutare se il presidente Usa sia affetto da una ceca e tossica fiducia in se stesso, oppure che la sua cecità non possa scorgere che Putin sta agendo in malafede cronica, oppure banalmente altro.
Cosa offre in pratica Trump a Putin per iniziare a percorrere la strada di una tregua? Intanto The Donald, senza negoziare con nessuno, compresa l’Ucraina, ha offerto al presidente russo di riconoscere la sovranità di Mosca sui territori occupati dell’Ucraina, quindi Crimea e Donbas e varie aree limitrofe recentemente occupate, e ha garantito che l’Ucraina non entrerà nella Nato. Un’azione pilatesca di alto livello che ipotecherebbe il futuro degli ucraini.
Ma ormai è chiaro che Putin non è particolarmente interessato ai territori del Donbas e Luhansk, anche perché sono ormai distrutti sia dal punto di vista delle strutture abitative, sia da quello delle infrastrutture come acquedotti, strade e impianti di produzione energetica. Inoltre erano economie che si basavano su carbone e industria pesante, ora questi sistemi produttivi, oltre che semi distrutti, sono anche obsoleti, quindi non utili all’economia russa che ha esigenze maggiori dovute alle evoluzioni tecnologiche richieste da questo lungo conflitto. Dal punto di vista strategico avere raggiunto la continuità territoriale della Russia con la Crimea, tramite territori ucraini occupati, è un risultato eccellente. Quindi, il controllo quasi totale del Mar di Azov rappresenta indubbiamente uno degli obiettivi del Cremlino, ovvero l’imperialismo. Ma questo è solo il primo passo del neo imperialismo russo di stampo putiniano, infatti il neo Zar punta, e i bombardamenti su Kiev e Odessa rafforzano questo percorso, a controllare tutta l’Ucraina, quindi “bielorussizzarla”, e reintegrala nella sfera di influenza di Mosca senza necessariamente occuparla militarmente tutta.
La realtà è che a Putin una Ucraina democratica e magari membro dell’Unione Europea, con i programmi di sviluppo e di aiuti già messi in programma al momento della eventuale fine della guerra, non interessa minimamente. È pure palese che al regime putiniano, sempre più autocratico e geograficamente cleptocratico, un confinante come l’Ucraina che assumerebbe una fisionomia come la Polonia, risulterebbe troppo pericoloso e inficerebbe lo scopo “dell’operazione speciale”, quindi degli oltre tre anni di guerra con tutto il corollario di operazioni geopolitiche e geostrategiche. Tuttavia la propaganda vincente con cui Putin gestisce la politica internazionale contrasta con la realtà nascosta ai russi e a volte nascosta anche a lui stesso.
Le pesanti perdite di tre anni di guerra: centinaia di migliaia di soldati morti e mutilati, molti dispersi, migliaia di blindati e carri armati carbonizzati e distrutti, disseminati in un area enorme, fabbriche di droni e missili che hanno dovuto attingere a manodopera femminile africana, donne strappate con altre promesse alla loro terra. Ma il dettaglio di questi dati è spesso avvolto nella nebbia alzata dai cortigiani del Cremlino che orbitano intorno a Putin. Disinformazioni e resoconti mendaci dei suoi stessi generali che cinicamente sottovalutano le perdite e altrettanto metodicamente esaltano i successi. Così l’economia russa non viene narrata nemmeno a Putin esattamente come è nella realtà. Gli effetti delle sanzioni vengono parzialmente nascosti, probabilmente gli strateghi del Cremlino cercano di celare il più possibile lo stato decrepito di una economia di guerra che sta esaurendo l’effetto positivo causato dal conflitto stesso. Dal 2022 Putin ha orientato l’intero quadro politico verso la conquista imperiale e l’intera economia russa verso la guerra.
Quindi in questo contesto la pace in Ucraina rappresenterebbe un deciso fattore destabilizzante per il suo potere, causato dalle conseguenze sull’economia e sulla popolazione. Ricordo che gli stipendi dei soldati al fronte ucraino sono sproporzionati rispetto a quelli esistenti in Russia, mitigando quindi le conseguenze del conflitto. Pertanto cosa potrebbe mostrare un ritorno alla pace? Sicuramente scoprirebbe il livello del deterioramento dell’economia civile russa. Gli enormi effetti della mancanza di investimenti bloccati dal 2022, ovvero la mancanza di manutenzione delle infrastrutture di base del Paese. Vanno considerate inoltre le problematiche causate dalle prevedibili tensioni sociali e politiche dovute dal ritorno alla vita civile di centinaia di migliaia di veterani smobilitati dal fronte, molti con patologie come il post traumatic stress disorder. Ma anche la tossicodipendenza assunta in guerra, che spesso è accompagnata da malattie come la tubercolosi, lAids o l’epatite C, nonché l’alcolismo. Dopo tre anni di guerra e avere vissuto gli orrori del fronte con la totale assenza di qualsiasi bussola morale o Stato di diritto all’interno dell’esercito russo, ritornare orientati moralmente per questi soldati è estremamente complesso. Ricordare la storia dei reduci americani dal Vietnam può essere un esempio.
Infine il ruolo della Cina: la guerra ha portato Mosca a diventare una sorta di vassallo di Pechino, in particolare per la vendita di gas e petrolio e per forniture essenziali. La Russia, nonostante sia potenza nucleare e con forti caratteristiche megalomani, è indebolita dalla guerra, così il presidente cinese Xi Jinping nello scenario della rivalità sino-americana, non potendo tollerare un riavvicinamento concreto tra Putin e Trump, tantomeno un rafforzamento degli Stati Uniti sulla scena internazionale, non potrà favorire percorsi di pace. Per tutti questi motivi, Vladimir Putin ha quindi interesse ed è obbligato a continuare la guerra indipendentemente dai risultati militari.
Non so se Vladimir Putin crede ancora che l’esercito russo è in procinto di vincere sul campo, e che l’esercito ucraino crollerà a breve se continueranno i massicci bombardamenti, e verranno impiegate sempre maggiori truppe nordcoreane e cecene al fronte, ma la condizione di resa ucraina è un’utopia per chiare questioni geostrategiche. L’unica alternativa per uscire da questa impasse per “il Vladimir” è che la guerra si ampli allargando lo scenario e aggiungendo attori. Operazione che Putin pare stia valutando con l’invasione con droni di Moldavia e Polonia. Una operazione ad alto rischio globale, ma anche una possibile soluzione globale.
Aggiornato il 11 settembre 2025 alle ore 10:23