Ferrovie cinesi in Asia centrale

Dal pomodoro di pachino al pomo d’oro di Pechino

Non c’è bisogno di studi o di complottismo per sapere che Cina e Russia stanno lavorando a una sconfitta economica, se non bellica, dell’Occidente. In questo eccelle la grande capacità cinese nella diplomazia e nel soft power. La penetrazione dei mercati mondiali è certamente stata favorita dal costo dei prodotti made in China, resi concorrenziali dal bassissimo costo della mano d’opera, mantenuto finora dall’import di contadini impoveriti dalle campagne verso le fabbriche urbane, dove spesso vivono, lavorano e dormono, come schiavi moderni. Il capitalismo moderno è nato dallo sviluppo dei trasporti internazionali, successivo alla scoperta delle Americhe. Il commercio internazionale, così complicato in questo momento, si è sviluppato nella seconda metà del Cinquecento, al tempo di Elisabetta I di Inghilterra, e poi con la Compagnia olandese delle Indie orientali (Voc), fondata nel 1602, che ha trasformato la piccolissima Olanda da terra di tutti e di nessuno a una ricchissima potenza mondiale. Nel Regno Unito, prima della Compagnia delle Indie (1600), erano i singoli investitori privati che decidevano di mettere ciascuno una quota per armare una nave e inviarla a raccogliere spezie e altri prodotti di pregio in Oriente. Poi Elisabetta I organizzò e centralizzò il commercio con l’Oriente, preparando la formazione dell’Impero britannico, che sarebbe diventato il più grande della Storia. La sovrana inglese però non si mosse con un’ottica da monarchia assoluta, come avvenne per la Compagnia francese delle Indie Orientali, che affondò in un lampo sotto i colpi del dinamismo della Voc olandese.

Chissà se esiste un piano russo-cinese di coordinare un gruppo di nazioni, forse i Brics allargati a quella già è la nefasta maggioranza nell’Onu, organizzazione che ha conferito all’Iran nel 2023 la presidenza del forum sui diritti umani. L’Iran, in cui la guida suprema – alleata dei sino-russi – è una specie di Cronos che divora i propri figli (i cittadini iraniani) e gestisce il caos mediorientale. Non mi scandalizzo di questo scempio nei confronti dei diritti umani da parte onusiana, quanto di osservare i ciechi e muti volontari della politica, società, intellettualità italiane, hanno taciuto e non vedono questa ingiuria al diritto delle genti. Loro, che starnazzano a più non posso quando c’è da accusare Ue, Usa, Israele, Fmi, Nato eccetera. Loro ai quali interessa solo l’oro dei propri interessi.

Ebbene, se non un piano, c’è di sicuro la costruzione di una colossale rete di trasporti tra la Cina e l’ex impero comunista sovietico, ovvero le nazioni dell’Asia centrale poste al di sotto della Siberia, e il Caucaso, con appendici fino ad Amburgo in Germania, dove arriva la line Transiberiana merci AV, inaugurata dalla Cina nel 2015. Non si parla di navi ma di treni. La linea collega Harbin, nel nord-est della Cina, con Amburgo. La durata del percorso è di 15 giorni, durante i quali il treno attraversa i territori della Mongolia, della Russia, della Polonia. Pochi giorni prima dell’apertura della linea Harbin-Amburgo, si è inaugurata la tratta ferroviaria tra la capitale dello Xinjiang, Urumqi, e Mosca. Inoltre, la Cina progetta una linea AV Pechino-Mosca, lunga 7.000 chilometri, che sarebbero percorsi in due giorni.

Nel 2019, nel pieno della sino-russificazione tedesca operata dalla cancelliera Angela Merkel, degna epigona del suo predecessore socialdemocratico, quello che diventò dirigente di Gazprom, un terzo degli spedizionieri del porto di Amburgo era cinese o lavorava con la Cina. Circa 30 treni cargo internazionali spostavano container ogni settimana tra Amburgo e le città cinesi, così parlò Peter Tschentscher, sindaco di Amburgo, allo Shanghai-Hamburg business forum. In quell’anno 550 aziende cinesi avevano investito nella Germania del Nord. Si parlava anche di un’autostrada a quattro corsie tra Amburgo e Pechino. I tedeschi ne hanno combinato delle belle, non ultimo il sogno di un collegamento terrestre ultraveloce con la Cina. Dal pomodoro di Pachino si è passati al pomo d’oro di Pechino. Poi c’è stato il brusco risveglio in Ucraina, quando il tedesco con l’economia in dissesto si è risvegliato a Kyiv in mezzo alle fiamme dei droni iraniani, dei cacciabombardieri russi, dei soldati nordcoreani e della tecnologia militare cinese. E gli amburghesi così si sono buttati nelle braccia dello Zio Sam, finché non è arrivato lo zio Donald.

Così, dopo che la Belt & Road Initiative è stata accantonata (per poco?) dalla Ue, è cresciuta a dismisura nell’Asia centrale, dov’è appena stata inaugurata la ferrovia Transafgana, che collega l’Uzbekistan al Pakistan. Il progetto, nato nel 2017, è lungo 650 chilometri e offre agli uzbeki una sponda sul mare per i loro commerci (ma ci guadagnano anche afgani e pakistani). Il ministro uzbeko dei Trasporti Jasurbek Choriev dichiara che il progetto è il “secondo per importanza strategica” dopo quello della ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan, la cui costruzione è iniziata nel 2024. Quanto ai tempi, si parla di cinque anni. I costi sono molto ridotti (4,6 miliardi, una cifra con cui in Italia si farebbe un’autostrada tra Piazza Duomo e Cinisello Balsamo, e questo va sottolineato, calcolando che si dovranno costruire oltre 300 ponti e cinque grandi tunnel). Le economie centroasiatiche sono in crescita, e le scorte di minerali strategici e idrocarburi promettono un avvenire ancora migliore. Il traffico di merci lungo il percorso dall’Uzbekistan al porto pakistano di Herat passerà dai 35 giorni attuali a 4 giorni, mentre la quantità di merci passerà immediatamente dalle attuali 300mila tonnellate a tre milioni di tonnellate, per arrivare in 10 anni a 15 o 20 milioni (fonte: Eurasianet).

La Russia sostiene il progetto, che è in sintonia col suo piano per espandere il commercio nel sud-est asiatico. Lo scorso aprile Russia e Uzbekistan hanno siglato un accordo quadro. Non dimentichiamo che la Russia è stato il primo Stato al mondo a riconoscere il nuovo governo taliban di Kabul. Non dimentichiamo che l’Iran intende realizzare una ferrovia tra il suo confine e il porto di Herat. Non dimentichiamo il progetto del Middle Corridor (vedi mappa) tra Pechino e l’Europa (per l’Italia si parla di Trieste e Salerno-Napoli). La Trans-Caspian International Transport Route (Titr), detta anche Middle Corridor, sarebbe una rotta commerciale mista terra-mare-ferrovia che, dopo le sanzioni alla Russia e lo stop al traffico navale nel mar Rosso – provocato non casualmente dagli Houthi – sarebbe una via praticabile tra Europa, Asia centrale, regione del Mar Caspio, fino alla Cina. In particolare il corridoio collegherebbe il Kazakistan, la Regione caspica e l’Azerbaigian, per poi diramarsi attraverso la Georgia verso la Turchia e da lì verso Italia, Tunisia, eccetera.

Oltre al Middle Corridor esiste, come abbiamo visto, anche la ferrovia Cina-Kirghizistan-Uzbekistan (Cku), che potrebbe costituire, secondo la georgiana Foundation Rondeli, la prima tappa del Middle Corridor. Comunque vada a finire per i collegamenti Cina-Russia-Europa, rimangono comunque salde le crescenti relazioni economiche e politiche tra Cina e Asia centrale (fino al Medio Oriente), le cui fondamenta sono le ferrovie progettate o in costruzione.

Aggiornato il 31 luglio 2025 alle ore 10:32