
Dopo Regno Unito e Malta, altri Paesi anglofoni hanno deciso di riconoscere la Palestina come Stato. Alla vigilia dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma a New York per settembre, il gruppo di Paesi occidentali che sta valutando il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina “come un passo essenziale verso una soluzione a due Stati” sta diventando sempre più esteso. La dichiarazione, riportata dal quotidiano israeliano Haaretz, porta le firme dei ministri degli Esteri di Canada e Australia, ma anche Finlandia e Portogallo, insieme a quelli di Nuova Zelanda, Andorra e San Marino. Il documento è stato diffuso nel quadro della Conferenza per la promozione della soluzione dei due Stati, guidata da Francia e Arabia Saudita, e rappresenta un tentativo concertato di rilanciare la celebre opzione diplomatica in questo momento di stallo nella Striscia di Gaza.
Anche i titolari degli Esteri di Paesi che da tempo vorrebbero riconoscere lo Stato di Palestina, ovvero Islanda, Irlanda e Spagna, hanno benedetto l’iniziativa di Canberra e Ottawa. I leader del progressismo occidentale stanno provando lo strappo, a differenza di Paesi più cauti e alleati con Israele – Stati Uniti in primis – che continuano a puntare strenuamente verso una soluzione negoziata nella cornice del diritto internazionale. Il documento si apre con la ferma condanna dell’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas, definito “antisemita e terrorista”. I firmatari chiedono quindi “un cessate il fuoco immediato”, comprensivo della liberazione di tutti gli ostaggi e dell’accesso senza restrizioni agli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Contestualmente, invitano i governi a consolidare le relazioni con Israele e a “esprimere il loro desiderio di discutere la sua integrazione nella regione”.
Nel frattempo, il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty, in un’intervista rilasciata all’emittente televisiva Al Arabiya e anticipata dal Times of Israel, avrebbe rivelato l’esistenza di un piano operativo per la sicurezza e la “governance postbellica” nella Striscia. Secondo quanto riferito, il Cairo starebbe formando dei generici “agenti palestinesi” da destinare a Gaza con compiti di sicurezza una volta terminato il conflitto. Sono ancora poche le informazioni sulla questione, tanto quanto sull’entità e provenienza di questi agenti. Il ministro Abdelatty avrebbe inoltre accusato Tel Aviv di utilizzare “il cibo come arma di guerra”, denunciando un livello di carestia nella Striscia definito “inimmaginabile”. E un appello alla comunità internazionale è arrivato anche dal segretario generale dell’Onu, António Guterres. Per il segretario “L’unica soluzione realistica, giusta e sostenibile per la pace in Medio Oriente è quella dei due Stati, Israele e Palestina, che convivono fianco a fianco in pace e sicurezza”, sollecitando tutti gli attori di perseguire la “via della pace. Non come concetto ma come impegno. Non come un sogno ma come realtà. Per i palestinesi, per gli israeliani, per le persone del Medio Oriente e del mondo”.
Aggiornato il 30 luglio 2025 alle ore 14:10