
Prossima fermata Rotterdam. Il messaggio nella bottiglia (“Il rischio di una guerra in Europa è già presente”) di Thierry Burkhard, Capo di stato maggiore dell’esercito francese è già arrivato a destinazione. Il porto più grande d’Europa (436 milioni di tonnellate di merci all’anno) sarà strategico, in caso di ulteriori tensioni con la Russia. Il Financial Times ne è sicuro: le autorità portuali olandesi si stanno già preparando per farne il più grande hub marittimo del continente, in cui sostare ingenti quantità di materiale bellico. Lo ha chiesto Bruxelles. Che in questo caso, significa Nato. Su richiesta del Patto atlantico, infatti, una banchina del porto di Rotterdam sarà dedicata allo scarico di merci militari, una roba che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Quella attuale, oltre a essere ibrida, è pure “santa”, non fosse altro per il giro di affari che alimenta. Lo sanno bene anche ad Anversa, area notoriamente concorrente di Rotterdam, che ora può diventare funzionale alle necessità militari. I due porti hanno deciso di unire le forze e avviare la cooperazione commerciale. La competizione può attendere. Così come la pace. Le autorità portuali di Rotterdam hanno infatti aperto alla collaborazione con il Belgio, vista l’enorme quantità di carichi che ci sarà da smaltire e il numero di navi che dovranno attraccare.
Con una superficie di 3600 ettari circa, Europoort è il terzo porto più grande al mondo per quantità di merci scambiate dopo quelli di Shanghai e Singapore e il primo in Europa. Per 40 anni, dal 1962 al 2002 è stato il porto più trafficato del mondo. L’Ue sta lavorando, inoltre, per rimuovere le barriere amministrative per facilitare il trasporto di equipaggiamento militare tra gli Stati membri su strada e ferrovia. L’obiettivo è evitare quanto accaduto nel 2022, quando ai carri armati francesi Leclerc diretti in Romania fu temporaneamente impedito il transito in Germania per motivi amministrativi. Europoort aumenterà la sua collaborazione con Anversa anche per migliorare l’autosufficienza dell’Europa in termini di beni strategici, soprattutto con l’obiettivo di aumentare le sue scorte di rame, litio, grafite e una serie di altre materie prime essenziali.
La partita delle terre rare che si gioca con la Cina passa anche per la gestione e il trasporto di questi materiali. Il fronte del porto, dunque, è strategico anche nelle tensioni commerciali con Pechino. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, la Cina controlla oltre il 60 per cento dell’estrazione di terre rare e il 92 per cento della loro produzione raffinata a livello mondiale, grazie soprattutto ai sussidi governativi. Pechino detiene un monopolio virtuale sulla produzione di magneti, realizzati con terre rare, che sono essenziali non sono per il settore automobilistico, ma anche per la produzione di alcuni equipaggiamenti militari, come missili e aerei da combattimento. Un mese fa il New York Times ha rivelato la forte dipendenza dei produttori di armi occidentali dal samario, un metallo raro storicamente raffinato in una fabbrica francese a La Rochelle, chiusa nel 1994. Da allora, è proprio la Cina a produrre l’intera riserva globale. I severi controlli imposti dalla Cina sull’esportazione di magneti resistenti al calore realizzati con terre rare hanno messo in luce una grave vulnerabilità nella catena di approvvigionamento militare statunitense. Senza questi magneti, gli Stati Uniti e i loro alleati in Europa faranno fatica a rifornire le scorte di materiale militare recentemente esaurite, scrive il Nyt.
Il problema, si fa notare, è che per oltre un decennio, gli Stati Uniti non sono riusciti a sviluppare un’alternativa alla fornitura cinese di uno specifico tipo di terre rare, cruciale per la produzione di magneti per missili, aerei da combattimento, bombe intelligenti e molte altre attrezzature militari. Il samario, come si accennava, è utilizzato quasi esclusivamente in applicazioni militari. I magneti in samario possono resistere a temperature sufficientemente elevate da fondere il piombo senza perdere la loro forza magnetica. Sono essenziali per resistere al calore dei motori elettrici ad alta velocità in spazi ristretti come le ogive dei missili.
Tutto questo il generalissimo Burkhard non ce l’ha detto. Il suo “giro d’orizzonte delle minacce”, come affermato in una conferenza stampa lo scorso 11 luglio, concerne il Medio Oriente, il terrorismo in Francia, le guerre informatiche e, soprattutto, Russia, Russia, e ancora Russia. Che è “parte integrante di tutte le minacce”, “ha fatto della Francia uno dei suoi obiettivi prioritari”, che “è un modello militare completo, senza difetti”, e che con le sue capacità satellitari, informatiche e persino sottomarine, “vuole indebolire l’Europa e smantellare la Nato”. Di Cina, neanche un accenno, un appunto veloce, un dubbio. Con Pechino, infatti, si può solo che trattare, visto che militarmente la sensazione è che possa finire tanto a poco. Chi ha assistito alla tradizionale parata militare del 14 luglio sostiene che il défilé abbia assunto un tono “marziale” (“Dietro l’atmosfera di festa nazionale in Francia, abbiamo anche sentito il rumore insistente di stivali”, nota Daniel Fontaine, del canale belga La Premiere). La sfilata sugli Champs-Élysées, infatti, “è stata concepita come una vera e propria operazione militare, con truppe pronte al combattimento”. E del resto nel suo ultimo aggiornamento, la Revue Nationale Stratégique, documento fondamentale della politica di difesa e sicurezza, afferma che, anche se la Russia non viene mai nominata direttamente nelle 100 pagine di analisi, la Francia si sta preparando per una grande guerra in Europa, entro appena 5 anni.
Aggiornato il 24 luglio 2025 alle ore 12:02