
Mentre la controversia sul Sahara occidentale tra il Marocco e l’Algeria, attraverso il gruppo separatista Frente Polisario, dura ormai da mezzo secolo, la dinamica internazionale a sostegno dell’appartenenza a Rabat del Sahara e dell’iniziativa di autonomia marocchina come soluzione politica al conflitto ha conosciuto, negli ultimi anni, una svolta decisiva. Contro l’evoluzione del consenso mondiale, l’Algeria si isola, e l’Italia, allineandosi alle posizioni di Algeri, si ritrova sempre più sola all’interno dell’Unione europea.
UN’ONDATA DIPLOMATICA A FAVORE DI RABAT
Sostenuta da una diplomazia attiva, realistica e strutturata, l’iniziativa marocchina di autonomia, presentata nel 2007 come soluzione di compromesso a questa disputa regionale, continua a guadagnare consensi. Essa risponde all’appello delle Nazioni unite del 2000, che chiedeva alle parti coinvolte nel conflitto di proporre soluzioni politiche per superare lo stallo nato dall’abbandono da parte dell’Onu dell’opzione referendaria, giudicata inapplicabile sia sul piano politico che tecnico. Ad oggi, 123 Paesi membri delle Nazioni unite sostengono questa iniziativa. L’ultimo in ordine cronologico ad aver aderito a questo fronte diplomatico è la Macedonia del Nord, il 20 luglio. Inoltre, oltre 30 Paesi africani, arabi e latinoamericani hanno aperto consolati nelle città sahariane di Laâyoune e Dakhla, riconoscendo così, di fatto, la sovranità marocchina sul territorio. Alle Nazioni unite, tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Stati Uniti, Francia e Regno Unito – hanno formalmente riconosciuto la sovranità marocchina o sostenuto l’iniziativa di autonomia. In Europa, 24 Stati membri dell’Unione europea hanno adottato la stessa posizione. Tutti, tranne l’Italia.
ALGERIA IN PERDITA
Dal lato algerino, la situazione è tutt’altro che rassicurante. L’isolamento del regime, guidato da un’élite militare anziana, fatica a offrire una prospettiva di evoluzione politica o economica. La pace sociale viene mantenuta a colpi di sussidi, resi possibili dalla rendita degli idrocarburi, ma le braci del Hirak – movimento di protesta popolare soffocato dalla pandemia – restano vive. È l’unico Paese nordafricano ad aver vietato per ordine del tribunale l’esistenza di un’associazione per i diritti umani. Ha più di 300 prigionieri politici e di coscienza, tra cui il prestigioso scrittore franco-algerino Boualem Sansal, condannato a 5 anni di carcere, dopo aver gestito male i suoi 80 anni e il suo cancro, per aver dichiarato che il colonialismo francese aveva favorito l’Algeria nella definizione dei confini, amputando parti del territorio marocchino e integrandolo come parte dell’Algeria.
A livello regionale, l’Algeria è più isolata che mai. I Paesi del Sahel l’accusano di favorire il separatismo e di sostenere alcuni gruppi terroristici. In Libia, le autorità dell’Est denunciano le sue ingerenze. Nel mondo arabo, la caduta dei suoi alleati tradizionali – in particolare il regime siriano, l’Iran e i suoi proxy – ha accentuato il suo isolamento. La rottura con gli Emirati Arabi Uniti ne è un’ulteriore dimostrazione. Nel Mediterraneo, il suo ricatto nei confronti di Francia e Spagna, per avere riconosciuto la sovranità marocchina sul Sahara e l’iniziativa di autonomia, ha portato la Commissione europea, la scorsa settimana, ad avviare la revisione dell’accordo di associazione con l’Algeria, che potrebbe sfociare in sanzioni europee. La stessa Unione europea ha inserito, un mese fa, l’Algeria nella lista nera dei Paesi che finanziano il terrorismo di Hamas, Hezbollah, senza dimenticare il Frente Polisario, che il Congresso americano sta per dichiarare presto come organizzazione terroristica. Anche sulla scena africana, il suo sostegno al Polisario è ormai seguito solo da una manciata di Stati marginali.
E INTANTO, IL MAROCCO AVANZA
Al contrario, il Marocco si posiziona come un attore regionale di primo piano, credibile, stabile e influente. Gioca un ruolo centrale nella lotta al terrorismo, nella cooperazione in materia di sicurezza, nella gestione dei flussi migratori e nello sviluppo sostenibile. Il Regno ha ospitato la COP22, lanciato progetti strategici come il gasdotto Marocco-Nigeria e rafforzato la sua impronta economica sul continente africano con iniziative come l’Iniziativa atlantica. Oggi il Marocco è percepito come un partner affidabile dalle grandi capitali occidentali, mentre l’Italia, puntando tutto su Algeri, sembra aver fatto una scommessa controcorrente. Roma si ritrova così in solitudine, relegata in un gruppo marginale di Stati che non sostengono la posizione marocchina come: Venezuela, Zimbabwe, Cuba, Nicaragua. Un elenco poco invidiabile.
UNA DIPLOMAZIA DA RIORIENTARE CON URGENZA
Sul dossier del Sahara, l’Italia si trova in un’impasse strategica. Una fonte vicina al dossier ci dice che l’attendismo non è ben percepito a Rabat, un partner storico, mentre ad Algeri tale postura non garantisce affatto un trattamento privilegiato nel lungo termine e non contribuisce a facilitare una soluzione. Negli ultimi anni, Roma ha progressivamente spostato il proprio baricentro magrebino verso l’Algeria, presentando questa scelta come necessaria per garantire la sicurezza energetica dopo la crisi russo-ucraina. Ma questa strategia rischia di tradursi in un disallineamento diplomatico con la maggior parte dei partner europei, che ormai sostengono apertamente l’iniziativa marocchina di autonomia sul Sahara. La politica estera italiana non può ridursi a una reazione ai vincoli energetici, né può accettare passivamente il ricatto geopolitico algerino. È urgente preservare la propria sovranità diplomatica, evitando di sacrificare relazioni strategiche di lungo periodo – come quella con il Marocco – sull'altare di scelte dettate da esigenze contingenti. Se l’Italia vuole tornare a essere un playmaker nel Nord Africa, dovrà ripensare la propria strategia e riequilibrare le alleanze, riconoscendo il nuovo assetto geopolitico regionale, recuperando un rapporto strutturato con Rabat. È tempo di uscire dalla zona grigia.
Aggiornato il 23 luglio 2025 alle ore 10:24