La Fed non taglia i tassi, ma prevede due ribassi

La Federal reserve bank mantiene i tassi dinteresse invariati, ignorando le pressioni e gli attacchi personali lanciati da Donald Trump, che nel pieno della riunione del board ha definito Jerome Powell “uno stupido”. Ma il quadro che emerge dalla due giorni della banca centrale è ben più complesso di un semplice botta e risposta politico. Nonostante la decisione di lasciare fermo il costo del denaro, la Fed conferma formalmente l’intenzione di procedere nel 2025 con due tagli da un quarto di punto, per un totale di 50 punti base. Tuttavia, la fiducia nella traiettoria di allentamento si sta indebolendo. Se a marzo erano solo quattro i membri contrari a qualsiasi taglio nel 2025, oggi sono saliti a sette. Due membri vedono spazio per un solo intervento, mentre restano otto — in calo rispetto ai nove di inizio anno — coloro che continuano a stimare due tagli.

“L’incertezza sulle prospettive economiche è diminuita ma resta elevata”, si legge nel comunicato conclusivo della Fed, che fotografa una situazione in cui le variabili geopolitiche e fiscali pesano almeno quanto gli indicatori macroeconomici. Le nuove proiezioni indicano una crescita del Pil statunitense nel 2025 pari all’1,4 per cento, in netto rallentamento rispetto all’anno precedente e inferiore all’1,7 per cento previsto nei precedenti outlook. Per il 2026 è stimata una leggera ripresa all’1,6 per cento. In rialzo le attese sul tasso di disoccupazione, previsto al 4,5 per cento, mentre l’inflazione si attesterà al 3 per cento. “L’economia è in una posizione solida”, ha dichiarato Powell durante la conferenza stampa, ribadendo la determinazione della Fed nel perseguire i suoi obiettivi di lungo periodo: stabilità dei prezzi e piena occupazione. Il presidente della Banca centrale ha poi sottolineato come gli effetti dei “cambi nelle politiche commerciali e di bilancio restano incerti” e ha chiarito che la strategia monetaria resta “ben posizionata” per attendere ulteriori sviluppi prima di prendere nuove decisioni.

Incalzato dalle bordate del tycoon, Powell ha mantenuto un profilo istituzionale, evitando qualunque replica diretta. Mentre Trump, al contrario, ha chiesto se potesse nominarsi “da solo alla Fed? Farei di sicuro un lavoro migliore”, ha ironizzato sui social, accusando poi Joe Biden di aver confermato Powell – “io non l’avrei fatto”, ha detto. “Mi odia. Non è intelligente e sta costando al Paese una fortuna. Dovremmo avere tassi più bassi di 2,5 punti, pagheremmo molto meno di debito. In Europa ci sono state 10 riduzioni, da noi neanche una”, ha tuonato. Trump ha annunciato di voler indicare presto il successore di Powell, il cui mandato scadrà nel maggio 2026. Tra i nomi che circolano, figurano il segretario al Tesoro Scott Bessent e l’ex governatore della Fed, Kevin Warsh. In questo contesto di crescente instabilità, la Fed si muove in un ambiente carico di tensioni. Sul fronte commerciale, il rischio dazi non è affatto archiviato. A luglio scadrà la sospensione di 90 giorni imposta da Trump: in assenza di un’intesa, scatteranno le tariffe annunciate lo scorso 2 aprile, nel cosiddetto “giorno della Liberazione”. Un ritorno dei dazi potrebbe riaccendere la fiammata inflazionistica, già esposta alle tensioni in Medio Oriente.

Aggiornato il 19 giugno 2025 alle ore 15:00