
Durante l’ultimo attacco a Israele sono stati usati dei missili ipersonici. Lo ha comunicato il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc), poco dopo le due ondate di attacchi ravvicinati avvenuti questa notte. Mentre stamattina, i Pasdaran hanno ammesso di aver ottenuto “il dominio totale sui cieli dei territori occupati (Israele, ndr.), rendendo le difese israeliane impotenti di fronte agli ultimi attacchi missilistici dell’Iran". Lo ha riferito l’agenzia di stampa vicina alle guardie rivoluzionarie, Tasnim, secondo cui “una nuova tornata di attacchi missilistici da parte dell’Iran ha preso di mira posizioni nei territori occupati mercoledì mattina, segnando l’undicesima ondata della risposta di Teheran all’aggressione israeliana”, si legge nel comunicato.
E l’Ayatollah Ali Khamenei non ha dubbi, “la battaglia ha inizio”. Stando ad al Jazeera, è questa la prima reazione, comunicata con un post su X, della guida suprema iraniana Ali Khamenei, dopo che Donald Trump ha detto di non avere alcuna intenzione di uccidere il leader iraniano “per ora”. Ali Khamenei ha scritto sui social che “nel nome del nobile Haidar, la battaglia ha inizio”, scrive l’agenzia araba, spiegando che Haidar è un altro nome di Ali, il quarto califfo musulmano. Anche il Guardian dà conto di un post di Khamenei su X, spiegando che, citando un versetto del Corano, ha scritto: “Aiuto da Allah e conquista imminente La repubblica islamica trionferà sul regime sionista per volontà di Dio”.
Dall’altro lato dell’Oceano, cresce l’allarme a Washington. Sebbene il sistema di difesa israeliano – basato su tecnologie avanzate come i missili Arrow, la Fionda di David e l’americano THAAD – continui a garantire una protezione sostanziale, la possibilità di un esaurimento delle scorte è concreta. Secondo Tom Krako, direttore del Missile defense project presso il Center for strategic and international studies, “Stati Uniti e Israele non possono intercettare missili a tempo pieno. Non possiamo permetterci di stare a guardare e giocare a questo gioco”, ha dichiarato al Wall Street Journal. Stando a fonti dell’amministrazione americana citate dallo stesso quotidiano, il presidente Trump non avrebbe ancora assunto una decisione definitiva sull’eventuale partecipazione diretta degli Stati Uniti a fianco di Israele in un’operazione contro le installazioni nucleari e militari iraniane. Il tema, tuttavia, è stato discusso apertamente in una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale. L’obiettivo immediato, secondo il Wsj, sarebbe spingere Teheran ad accettare i termini statunitensi nei colloqui sul nucleare, sfruttando la minaccia di un intervento armato come leva negoziale.
Ma il tempo a disposizione appare limitato. Secondo un’inchiesta del Washington Post, Israele potrebbe riuscire a sostenere l’attuale ritmo di difesa per poco più di una settimana. “Senza rifornimenti americani o un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti, Israele può mantenere la sua difesa missilistica per altri 10-12 giorni se l’Iran manterrà i suoi attacchi costanti”. Le stesse fonti riferiscono che, già entro la fine della settimana, Tel Aviv potrebbe essere costretta a razionare le proprie munizioni difensive, intercettando solo una parte dei missili in arrivo.
In questo scenario, la Cnn parla di una “grande scommessa” per Trump: valutare l’uso della Massive Ordnance Penetrator, la più potente bomba convenzionale statunitense, per distruggere l’impianto nucleare iraniano di Fordow. Tuttavia, l’emittente mette in guardia dai rischi dell’operazione: “L’Iran non è la Libia, l’Iraq o l’Afghanistan. Forse i falchi hanno ragione nel dire che un attacco militare americano devastante e circoscritto potrebbe distruggere il programma nucleare iraniano. Ma il regime di Teheran dovrebbe quasi sicuramente reagire e potrebbe attaccare il personale e le basi americane. Trump dovrebbe rispondere innescando un’escalation senza una chiara fine”. A preoccupare la Casa Bianca, conclude la Cnn, non è solo la reazione militare diretta, ma anche l’eventualità di un crollo del regime che potrebbe generare “sconvolgimenti” regionali e provocare un’ondata migratoria, diretta soprattutto verso l’Europa.
Aggiornato il 18 giugno 2025 alle ore 12:19