
Da una recentissima e drammatica intervista a militari ucraini schierati sulla linea del fronte del Donbass, in particolare tra la regione di Luhansk e Donetsk, è emerso il grande sconforto di questi soldati che attendono, quasi passivamente, nelle trincee gli attacchi russi che ormai sono effettuati prevalentemente tramite droni. La guerra ha l’effetto di trasformare le conoscenze tecnologiche civili in tecnologie militari, grazie sia alla facilità di “libera” sperimentazione sul campo, che alla impellente necessità di migliorare i sistemi di attacco e difesa. Quindi, come riporta lo scritto di Carl Von Clausewitz nel suo Vom Kriege, Della guerra (1832), sulla guerra come punto di esaltazione massima di uno Stato, questa caratteristica sociologica umana, nella sua atroce drammaticità, esalta a pieno le capacità dell’essere umano nella sfrenata ricerca dell’evoluzione tecnologica e scientifica in ambito bellico. Ma cito anche Randolph Bourne in Scritti sulla guerra e sullo Stato (1918), dove afferma che la guerra avrebbe annientato la democrazia, il pluralismo e la civiltà negli Stati Uniti (riferito all’intervento degli Usa nella Prima Guerra mondiale), aggiungendo che la guerra non avrebbe potuto essere utilizzata per raggiungere obiettivi progressisti.
Così dopo il perfetto colpo, del primo giugno, inferto dai droni ucraini nel cuore della Russia dove questi semplici e non molto costosi velivoli hanno distrutto 40 bombardieri strategici moscoviti ubicati a diverse migliaia di chilometri di distanza, l’Ucraina ha dimostrato di avere compiuto un salto tecnologico clamoroso. Ma allo stesso tempo la reazione di Mosca ha provato quanto la guerra sia fatta oggi prevalentemente con questi mezzi aerei telecomandati. Così è innegabile che il modo con cui vengono condotte le operazioni militari denota che ormai la guerra con droni è costante e il loro utilizzo aumenta esponenzialmente, risultando determinante per l’esito della battaglia. In questo quadro l’obiettivo ucraino è raggiungere la produzione di quattro milioni e mezzo di droni entro il 2025; mentre i russi ormai producono in casa i droni iraniani Shahed (testimone), e questo è uno dei rari settori industriali dove la difesa russa continua ad espandersi, contrariamente alle difficoltà che si stanno verificando negli altri settori industriali. Si sta assistendo così a vere e proprie corse all’innovazione spinte dalla necessità di affrontare sfide che richiedono un’evoluzione costante e veloce.
Ma tra le due sponde antagoniste le diversità metodologiche dello sviluppo tecnologico militare sono opposte: sul fronte ucraino l’innovazione proviene dal basso, mentre da parte russa è quasi totalmente centralizzata dato che il sistema produttivo russo, soprattutto inerente alla difesa, è fortemente burocratizzato e molto più istituzionalizzato rispetto al quello ucraino che agisce sulla necessità, mantenendo comunque una forma di caos organizzato. Un detto ucraino spiega bene queste due modalità: “La giungla contro lo zoo”. Una modalità operativa che da agli ucraini un fattore di superiorità su buona parte delle innovazioni, ma ovviamente non su tutte. Tuttavia, anche i russi sotto molti aspetti studiano percorsi innovativi, come quello di seguire i progressi della tecnologia militare ucraina, per poi recuperare il divario. Come sta accadendo per i droni forniti dall’Iran all’esercito russo, i Shahed 136, costruiti dall’iraniana Hesa, Aircraft manufacturing industries corporation. Velivoli a lungo raggio, ad ala fissa e dotati di Lancet, ovvero munizioni a comando remoto. Sono anche chiamati droni suicidi. L’evoluzione ucraina è stata comunque eccellente, due anni fa stavano sperimentando nuove soluzioni, da circa un anno si confrontano alla pari con i droni russi. Come con i droni da combattimento a contatto, ovvero a breve distanza, che agiscono da poche centinaia di metri fino a 30 chilometri, tramite i quali gli ucraini riescono a contenere l’articolata aggressività delle linee del fronte russo.
Quindi una battaglia tra innovazioni, ma forse gli ucraini hanno ancora un livello più elevato in termini di effetti strategici, considerando che la resistenza ucraina è possibile grazie alla tecnologia di cui sono dotati i loro droni. In questo contesto l’evoluzione tecnologica agisce tramite mensili aggiornamenti sia del software di bordo che dei velivoli. Gli studi sono proiettati anche verso i droni di difesa in grado di fermare le incursioni nemiche, una caratteristica mancata ai russi che ha permesso l’attacco ai loro aeroporti strategici. Ma il prossimo obiettivo più complesso da realizzare è quello di perfezionare i droni terrestri. Una complessità data da una serie di problematiche, come i terreni accidentati su cui dovrebbero operare, con avvallamenti, ostacoli e spaccature causate anche dal fuoco dell’artiglieria. Le sperimentazioni hanno dimostrato che questi droni terrestri, robot montati su ruote o cingoli, si bloccano o si rovesciano. Inoltre restano visibili ai loro “cugini volanti” che li intercettano facilmente ed anche l’operatore soffre della mancanza di un mascheramento adeguato e sicuro. Quindi sono soggetti a targetizzazione da parte dei droni aerei.
Dato che le guerre continueranno ad esserci – visto che se togliamo dai libri di storia i capitoli sulle guerre restano poche pagine – la tecnologia militare è in pieno sviluppo. Nei conflitti che si prospetteranno il ruolo dei droni, sia aerei che terrestri, sarà sempre maggiore; ma la realtà è che ad oggi l’uso di droni armati sta causando un numero sempre maggiore di vittime civili, un fattore che smonta la tesi che l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale, applicata a livello militare possa risparmiare vite umane. Un tracciato dove l’Ia incrocia sempre più spesso la “stupidità naturale” sostenuta dalla conicità e dalla crudeltà.
Aggiornato il 11 giugno 2025 alle ore 09:55