Il rebus Medio Oriente

Lasciati soli a fare la guerra. Gli Stati Uniti si allontanano, e si comincia a delineare uno scenario da Israele contro tutti, visto che la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha dichiarato che la proposta statunitense fatta al suo Paese per raggiungere un accordo sul nucleare va contro agli interessi dell’Iran. Il piano degli americani “è al 100 per cento in contrasto con lo slogan noi possiamo”, ha dichiarato Khamenei, facendo riferimento ai principi cardine della Rivoluzione islamica del 1979 sull’indipendenza del Paese. “L’Iran non aspetta la luce verde degli Usa per prendere decisioni”, ha aggiunto la guida suprema nel suo intervento trasmesso dalla tv di Stato. Constatando il naufragare inesorabile dei colloqui sul nucleare, Khamenei ha criticato duramente le condizioni proposte da Washington, che prevederebbero lo smantellamento dell’industria di arricchimento dell’uranio iraniana. “La prima parola degli americani – ha detto Khamenei – è che l’Iran non dovrebbe avere un’industria nucleare, così che il Paese abbia sempre bisogno degli Stati Uniti. Ma la nostra risposta a questa assurdità è che gli Stati Uniti non possono danneggiarci su questo”. E ancora: “Perché interferisci sulla questione se l’Iran debba o non debba arricchire l’uranio? Chi sei tu? L’Iran dovrebbe essere un Paese indipendente, il che significa che non aspetteremo la luce verde o rossa degli Stati Uniti o dei suoi simili per prendere decisioni”.

E naturalmente, il presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian non ha potuto che confermare le parole del capo supremo Khamenei. Durante una incontro con i media a Teheran, ha ribadito la volontà della Repubblica islamica di non arretrare sui “diritti nucleari” del Paese. “Non scenderemo a compromessi sui nostri diritti nucleari in alcun modo, lasciamo che se lo sognino”, ha dichiarato, secondo quanto riportato dall’agenzia Irna. E ha aggiunto: “Gli Stati Uniti ci dicono non avete il diritto di arricchire luranio, ma nessuna persona che cerca la libertà accetterà di essere intimidita”.

Un tana libera tutti per Israele, che aveva sospeso i suoi piani di attacco verso le centrali nucleari di Teheran proprio per far svolgere “in pace” i colloqui tra Donald Trump e la controparte iraniana. Ma ora che l’amministrazione americana sembrerebbe aver gettato la spugna, per lo Stato ebraico sarebbe lecita ogni tipo di azione. Intanto, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno annunciato di aver colpito “armi appartenenti al regime siriano nell’area della Siria meridionale”, in risposta al lancio di razzi contro il territorio israeliano avvenuto nella mattinata di ieri. “Il regime siriano è responsabile dell’attuale situazione in Siria e continuerà a subirne le conseguenze finché continueranno le attività ostili dal suo territorio”, si legge in un comunicato dell’Idf diffuso su Telegram. Le Forze di difesa opereranno “contro ogni minaccia allo Stato di Israele”. Fonti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) hanno confermato l’intensificarsi dei raid nell’area di Quneitra e nella regione di Daraa, riferendo di “violente esplosioni” ma senza segnalare vittime.

Questo forte spostamento degli equilibri geopolitici avviene nel giorno in cui le Nazioni unite tornano a parlare di una tregua nella Striscia di Gaza. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si appresterà, in serata, a votare una nuova risoluzione sul cessate il fuoco, con la possibilità concreta di un veto statunitense. Il testo, promosso dai dieci membri eletti del Consiglio, chiede “un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente” e la “liberazione incondizionata degli ostaggi”. Il documento sottolinea inoltre la “catastrofica situazione umanitaria” nella Striscia e invoca la revoca “immediata e incondizionata di tutte le restrizioni all’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza e alla loro distribuzione sicura e senza ostacoli su larga scala”, anche sotto il coordinamento delle Nazioni unite. L’ultimo precedente risale al giugno 2024, quando fu approvato un piano statunitense per un cessate il fuoco graduale, che però non trovò attuazione prima del gennaio successivo. Stavolta, con il cambio alla Casa Bianca e il ritorno di Donald Trump, gli Usa potrebbero non interessarsi troppo della risoluzione dell’Onu. Secondo fonti diplomatiche citate dall’Afp, gli Stati Uniti dovrebbero porre il veto alla risoluzione, confermando la linea di sostegno a Israele già intrapresa dal commander-in-chief. Il voto è atteso per le 22 (ora italiana).

Aggiornato il 04 giugno 2025 alle ore 13:41