Per un po’ di Kashmir addio a Ghandi

Addio a Gandhi per l’ennesima volta, sulle spoglie del Kashmir. Questo l’antefatto: martedì 22 aprile la valle di Baisaran in India, poco distante dalla città di Pahalgam (che si trova sulla strada del pellegrinaggio verso il tempio di Amarnath, situato nella regione di Jammu-Kashmir)è stata teatro di un attacco terroristico che ha provocato almeno 26 vittime e 17 feriti. A sparare a sangue freddo sulla folla, composta principalmente da turisti, sarebbero stati miliziani del Fronte di Resistenza del Kashmir (Trf, che vanta un forte sostegno da parte della popolazione locale), affiliata al gruppo pakistano Lashkar-e-Taiba (LeT, un’organizzazione jihadista), che ne ha rivendicato l’attacco.

Prima dell’esecuzione, i terroristi hanno chiesto i documenti alle loro vittime, condannando poi a morte 25 turisti di religione induista e il solo cristiano presente. Per ritorsione, a due settimane di distanza, l’India ha risposto attaccando postazioni di “terroristi” in territorio pakistano e nella regione del Kashmir controllata da Islamabad. Da lì, è seguito uno scambio di tiri d’artiglieria e di incursioni aeree da parte di entrambi i contendenti confinanti che, come tutti sanno, sono potenze nucleari “a rischio”, nel senso che potrebbero passare dalle incessanti minacce reciproche a fatti concreti, utilizzando armi nucleari tattiche, in caso di operazioni militari su ampia scala con l’impiego di truppe corazzate. A seguito degli scontri, l’India ha minacciato di recedere dagli accordi dal Trattato dell’Indo (mai finora violato dal 1960), la più importante via d’acqua che collega l’India al Pakistan.

Dalle ore 17.00 di sabato 10 maggio, tuttavia, è in corso una tregua mediata dagli Stati Uniti, raggiunta da Marco Rubio e JD Vance con Narendra Modi e Shebaz Sharif, primi ministri, rispettivamente, di India e Pakistan. In senso distensivo va altresì inteso il recente, simbolico scambio (uno-contro-uno) alla frontiera di prigionieri tra i due contendenti.

L’America di Trump ha deciso di intervenire, quando le informazioni di intelligence hanno permesso di stabilire che il contrattacco missilistico indiano aveva colpito la base di Nur Khan a Rawalpindi, non distante da siti nucleari pakistani. Fatto, quest’ultimo che a giudizio della diplomazia Usa andava ben oltre la giusta ritorsione di colpire le basi pakistane dei terroristi, coinvolti nell’attacco del 22 aprile.

La mediazione Usa ha avuto successo proprio perché Washington non ha preso posizione all’inizio degli scontri, intervenendo soltanto quando le cose volgevano al peggio per la sicurezza del resto del mondo. Trump sa benissimo che deve avere dalla sua parte un colosso come l’India nel confronto che opporrà, da qui ai prossimi decenni, la Cina agli Usa. Anche se tutti sanno, Cina compresa, fedele alleato di Islamabad, che il Pakistan fa del terrorismo di stato la sua arma privilegiata contro la politica indiana, costringendola alla over-reaction, come Hamas ha fatto con Israele, ben sapendo che Delhi non potrà mai andare allo scontro nucleare sulle dispute territoriali. Anche perché il territorio super difeso pakistano non è minimamente comparabile a Gaza, come non lo è l’intelligence indiana nei confronti del Mossad, che riesce a colpire in patria e all’estero i capi terroristi palestinesi!

Del resto, passati quasi ottanta anni dalla divisione tra Pakistan e India del 1947, una soluzione pacifica non la si riesce finora a intravvedere per quanto riguarda la spartizione del Kashmir, che ognuno rivendica tutto per sé.

A complicare la situazione, nel 1990 è intervenuto il voto del Parlamento di Delhi, approvando una legge che, limitatamente alla regione del Kashmir indiano, sospende le libertà fondamentali costituzionalmente garantite, conferendo poteri speciali alle forze armate che ne controllano il territorio, sul quale oggi stazionerebbero almeno mezzo milione di soldati dell’esercito regolare indiano. Il che la dice lunga sull’importanza (e sulla pericolosità permanente) di quel conflitto regionale.

La risalita della tensione nella linea di divisione tra India e Pakistan nel Kashmir, è la seconda per ordine di importanza dopo un attentato che nel 2019 costò la vita a 40 militari indiani, subito seguito per rappresaglia da incursioni aeree dell’aviazione indiana. Da lì l’ulteriore mossa del premier Narendra Modi che ha soppresso lo statuto speciale del Kashmir indiano, per cui fino ad allora soltanto i nativi kashmiri potevano avere accesso alla proprietà fondiaria, in modo da preservare l’equilibrio demografico e lo sviluppo economico della regione. Da allora, almeno 85mila cittadini indiani (non originari del Kashmir) si sono installati nel territorio, acquistando terreni e marginalizzando le popolazioni locali, con la reazione susseguente, e del tutto prevedibile, degli autoctoni.

Infatti, con l’inasprimento della repressione si è fatta sempre più forte la contestazione interna, con la formazione di gruppi armati (finanziati in parte dal Pakistan, verosimilmente), che ha visto radicalizzarsi la componente più colta e professionalizzata della società kashmira. Sono proprio questi ultimi che, avendo studiato in India, hanno potuto rendersi conto della disparità di trattamento in merito alle libertà fondamentali che esiste tra loro stessi e i comuni cittadini indiani.

La zona di Baisaran, una regione agricolo-pastorale, in cui ha avuto luogo l’attentato del 22 aprile, ha infatti risentito notevolmente dei cambiamenti avvenuti dopo il 2019, con i nuovi venuti che ne hanno sconvolto l’economia tradizionale agricolo-pastorale. Tuttavia, sull’attacco di Pahalgam si stende l’ombra lunga e inquietante dell’uomo forte pakistano, il generalissimo Asim Munir, che ritiene il Kashmir la “vena giugulare” per la sicurezza del Pakistan, e ha tutto l’interesse a mantenere vivo il conflitto con l’India, essendo in seria difficoltà all’interno, a causa delle azioni di guerriglia dei talebani pakistani e degli indipendentisti baluci. Pertanto, per il futuro, l’amministrazione Trump farà meglio a non perdere di vista i finti eredi di Gandhi.

Aggiornato il 29 maggio 2025 alle ore 09:54