
Nel 2024, in tutto il mondo, 4.476 cristiani, in media più di 12 al giorno, sono stati “uccisi per motivi legati alla fede”. Altri 4.744 cristiani sono stati arrestati o detenuti illegalmente e 7.679 chiese e altre strutture cristiane sono state attaccate, spesso distrutte. Globalmente, la persecuzione globale dei cristiani ha raggiunto livelli senza precedenti. Sono “oltre 380 milioni i cristiani che sperimentano alti livelli di persecuzione e discriminazione a motivo della loro fede”, secondo la World Watch List 2025 (Wwl), pubblicata all’inizio di quest’anno dall’organizzazione internazionale per i diritti umani Open Doors. Ogni anno, la Wwl stila una classifica delle 50 nazioni in cui i cristiani sono maggiormente perseguitati per la loro fede. I dati sono raccolti da migliaia di operatori locali ed esperti esterni. L’ultima edizione della Wwl copre il periodo che va dal 1° ottobre 2023 al 30 settembre 2024. Secondo la World Watch List, in tutto il mondo, un cristiano su sette (14 per cento) è perseguitato. In Africa, la percentuale sale a uno su cinque (20 per cento). In Asia, la percentuale è addirittura di due su cinque, il che significa che il 40 per cento di tutti i cristiani è perseguitato. La lista segnala tre gradi di persecuzione: “Estrema”, “molto alta” e “alta”. I primi 13 Paesi dei 50 presenti nella lista sono caratterizzati dalla peggiore forma di persecuzione: “Estrema”. E sono: 1) Corea del Nord, 2) Somalia, 3) Yemen, 4) Libia, 5) Sudan, 6) Eritrea, 7) Nigeria, 8) Pakistan, 9) Iran, 10) Afghanistan, 11) India, 12) Arabia Saudita e 13) Myanmar. Le forme di persecuzione subite lì spaziano dall’aggressione, allo stupro, alla prigionia e persino all’omicidio, se si viene identificati come cristiani o se si frequentano chiese (solitamente clandestine).
Al primo posto troviamo la Corea del Nord: “Se la tua fede cristiana viene scoperta in Corea del Nord, potresti essere ucciso immediatamente. Se non vieni giustiziato, verrai deportato in un campo di lavoro e trattato come un criminale politico, punito con anni di lavoro forzato ai quali pochi sopravvivono. E non sarai l’unico: le autorità nordcoreane probabilmente arresteranno anche i tuoi familiari, e li puniranno, anche se non sono cristiani. In Corea del Nord, non esiste una vita ecclesiale. È impossibile riunirsi per il culto o la preghiera, e persino il culto e la preghiera in segreto comportano grandi rischi. Spie del Governo potrebbero denunciarti, nel caso avessero il minimo sospetto che tu sia cristiano, e così potrebbero fare i tuoi vicini o i tuoi insegnanti”. Non sorprende che la maggior parte della “persecuzione estrema” inflitta ai cristiani in nove di questi 13 Paesi peggiori continui a derivare dall’oppressione islamica o a verificarsi in nazioni con una larga maggioranza di musulmani. Sostanzialmente, questo significa che circa il 70 per cento della peggiore persecuzione inflitta (“estrema”) in tutto il mondo avviene sotto l’egida, o in nome, dell’Islam. Questa tendenza influenza l’intera classifica: il resto dei livelli di persecuzione “molto alta” o “alta” che i cristiani subiscono in 37 dei 50 Paesi presenti nella lista (ovvero il 74 per cento), deriva anch’esso dall’oppressione islamica o si verifica in nazioni con una popolazione a maggioranza musulmana o con una larga maggioranza di musulmani. Molte di queste nazioni sono governate da una qualche forma di Sharia (legge islamica). A imporre la persecuzione può essere il Governo o la società o, più frequentemente, entrambi, sebbene le società, in particolare i familiari indignati dai parenti convertiti, tendano a essere più zelanti nell’applicazione della Sharia. Ciò significa che, sebbene la persecuzione in Corea del Nord sia peggiore, c’è almeno una luce alla fine del tunnel: i maltrattamenti dei cristiani sono interamente collegati al regime di Kim Jong-un.
“Riconoscere qualsiasi divinità al di fuori della famiglia Kim è considerato una minaccia per la leadership del Paese”, osserva il report. Una volta scomparsa la famiglia Kim, il che è inevitabile, la Corea del Nord potrebbe diventare come la Corea del Sud, dove il Cristianesimo è fiorente. Al contrario, la persecuzione dei cristiani da parte dei musulmani è perenne, esistenziale e trascende di gran lunga questo o quel governante o regime. La persecuzione “dell’altro” nell’Islam fa parte della sua storia, delle sue dottrine e della sua struttura socio-politica, da qui la sua tenacia e onnipresenza. Qui di seguito, in sintesi, i pericoli dell’essere cristiani nei nove Paesi musulmani in cui si verificano livelli “estremi” di persecuzione.
Al secondo posto nella lista figura la Somalia, dove si ritiene che ci siano poche centinaia di cristiani: “Seguire Gesù è una questione di vita o di morte. Al-Shabab, un violento gruppo militante islamista impone una forma rigorosa di Sharia (legge islamica) ed è impegnato a sradicare il Cristianesimo dalla nazione. Spesso i suoi militanti hanno ucciso i cristiani somali quando li trovavano. I pericoli sono aumentati nel corso degli anni, perché i militanti si sono concentranti sempre più nella ricerca ed eliminazione dei responsabili cristiani”. Al terzo posto, lo Yemen: “Il Paese è ora diviso in territori governati da tre diverse forze governative (musulmane), oltre ad alcune aree controllate da Al Qaida e dallo Stato Islamico. Nessuna delle forze coinvolte è favorevole ai cristiani, e la costituzione ufficiale sostiene la Sharia (legge islamica) senza garantire alcuna libertà di religione. L’1 per cento degli yemeniti che appartengono a religioni minoritarie è gravemente emarginato. Gli aiuti umanitari vengono distribuiti principalmente attraverso gruppi musulmani locali e moschee, che si presume discriminino chiunque non sia considerato un musulmano devoto. Chi viene denunciato come cristiano o coinvolto in attività cristiane potrebbe essere soggetto a severi controlli, detenzione arbitraria, tortura, maltrattamenti e persino omicidio”. Al quarto posto, la Libia: “Seguire Gesù è un rischio enorme per chiunque. I cristiani libici con un passato musulmano affrontano pressioni violente da parte delle loro famiglie e comunità affinché rinuncino alla loro fede. I cristiani stranieri, specialmente quelli provenienti dall’Africa subsahariana, sono presi di mira da gruppi militanti islamisti e gruppi criminali. Questi gruppi rapiscono e a volte uccidono brutalmente i cristiani. Anche se tale minaccia non si concretizza, i cristiani subsahariani affrontano molestie e minacce da parte di musulmani radicali. I cristiani che esprimono apertamente la loro fede o cercano di condividerla con altri rischiano l’arresto e violenti opposizioni”.
Al quinto posto, il Sudan: “Il Sudan stava compiendo un cammino verso la libertà religiosa, ma un colpo di Stato e una devastante guerra hanno infranto queste speranze. I cristiani sono di nuovo in pericolo. Il conflitto ha offerto agli estremisti islamici maggiori opportunità per prenderli di mira. Più di 100 chiese sono state danneggiate e dei cristiani sono stati rapiti e uccisi. I cristiani sudanesi che hanno abbracciato la fede provenendo da un contesto musulmano subiscono forti reazioni da parte delle loro famiglie e comunità. Questi credenti tendono a mantenere la loro fede segreta, persino ai propri figli. I cristiani affrontano, inoltre, difficoltà eccezionali nella crisi alimentare, poiché le comunità locali li discriminano e si rifiutano di offrire loro supporto”. La Nigeria si piazza al settimo posto: “La violenza jihadista continua a intensificarsi in Nigeria e i cristiani sono particolarmente esposti ad attacchi mirati da parte di militanti islamisti, tra cui i combattenti Fulani, Boko Haram e Iswap (Islamic State West Africa Province). Gli attacchi sono di una brutalità sconvolgente. Molti cristiani vengono uccisi, uomini in particolare, mentre le donne sono spesso rapite e prese di mira con violenze sessuali. In Nigeria, vengono uccisi per la loro fede più cristiani che in qualsiasi altro Paese al mondo. Complessivamente, 3.100 cristiani nigeriani hanno pagato il prezzo più alto per la loro fede nel 2024. I militanti distruggono anche case, chiese e mezzi di sussistenza. Nell’Africa subsahariana oltre 16,2 milioni di cristiani sono stati costretti a lasciare le loro case a causa della violenza e dei conflitti. Tra questi un alto numero di nigeriani. In milioni vivono ora in campi per sfollati. I cristiani che abitano negli stati settentrionali nigeriani, in cui vige la Sharia (legge islamica), possono anche affrontare discriminazioni e oppressioni perché ritenuti cittadini di seconda classe. I convertiti dall’Islam spesso vengono rifiutati dalle loro stesse famiglie e subiscono pressioni per rinunciare alla nuova fede. Sovente devono fuggire dalle loro case per paura di essere uccisi”.
La carneficina cristiana è così endemica in Nigeria che, solo di recente, il 13 aprile, Domenica delle palme, 54 cristiani sono stati massacrati dopo le celebrazioni religiose in un solo villaggio. E per quanto grave sia la situazione in Nigeria, “purtroppo, altri cristiani sono stati uccisi fuori dalla Nigeria, molti in Paesi dell’Africa subsahariana come la Repubblica Democratica del Congo, il Burkina Faso, il Camerun e il Niger”. Il report continua affermando: “Diversi Paesi dell’Africa subsahariana hanno registrato un aumento della violenza contro i cristiani. Attualmente, 8 dei 10 luoghi con il più alto tasso di mortalità per i cristiani si trovano nell’Africa subsahariana, e tutti (tranne la Nigeria) hanno registrato più omicidi per motivi religiosi rispetto al periodo di riferimento della World Watch List del 2024”. Il Pakistan è all’ottavo posto: “Le famigerate leggi sulla blasfemia in Pakistan vengono spesso utilizzate per colpire i gruppi minoritari. I cristiani ne sono colpiti in maniera spropositata. Circa un quarto di tutte le accuse di blasfemia riguarda i cristiani, che costituiscono solo l’1,8 per cento della popolazione. Tali leggi comportano la pena di morte. Sebbene questo genere di sentenze vengano raramente eseguite, le persone accusate di blasfemia sono vulnerabili agli attacchi o agli omicidi da parte della folla. Nel giugno 2024, un uomo anziano è stato ucciso da una folla dopo essere stato accusato di aver dissacrato il Corano. Le chiese storiche sono molto sorvegliate e spesso prese di mira con attentati dinamitardi. Il numero di ragazze cristiane (o appartenenti ad altre religioni minoritarie) rapite, abusate e forzate a convertirsi all’Islam (spesso con il supporto di alcuni tribunali) è in aumento. Tutti i cristiani subiscono discriminazioni istituzionalizzate. Le occupazioni considerate umili, sporche e degradanti, come la pulizia delle fogne o il lavoro nelle fornaci di mattoni, sono riservate dalle autorità ai cristiani. Molti sono definiti chura, un termine dispregiativo che significa sporco. I cristiani possono anche essere intrappolati in lavori forzati”.
Al nono posto, l’Iran: “I convertiti dall’Islam al Cristianesimo non sono riconosciuti e affrontano gravi violazioni della libertà religiosa principalmente da parte del Governo e, in misura minore, dalla società e dalle loro famiglie. Il Governo considera questi convertiti una minaccia, credendo che siano influenzati dai Paesi occidentali per minare l’Islam e il regime. Sia i responsabili che i normali membri dei gruppi cristiani vengono spesso arrestati, perseguiti e condannati a lunghe pene detentive per crimini contro la sicurezza nazionale. Le comunità storiche riconosciute, come i cristiani armeni e assiri, sono protette dallo Stato ma trattate come cittadini di seconda classe. Fanno fronte a numerose disposizioni legali discriminatorie e non possono celebrare il culto in persiano né interagire con i convertiti cristiani. Coloro che sostengono i convertiti possono anch’essi essere incarcerati”. L’Afghanistan si colloca al decimo posto: “La maggior parte dei cristiani afghani sono convertiti dall’Islam; praticare apertamente la propria fede cristiana è sostanzialmente impossibile. In Afghanistan, abbandonare l’Islam e la conversione è punibile con la morte secondo la legge islamica. Applicazione sempre più rigorosa da quando i talebani hanno preso il controllo del Paese nel 2021. Se i convertiti vengono scoperti, la famiglia, il clan o la tribù potrebbero cercare di preservare il proprio onore attuando pressioni, violenze o persino omicidi. Se la fede di un convertito viene scoperta dal Governo una delle poche scelte è quella di cercare di fuggire. Le donne e le minoranze etniche subiscono pressioni aggiuntive, quindi i cristiani appartenenti a questi gruppi vivono sotto pressioni inimmaginabili”. Al 12° posto, l’Arabia Saudita: “Diventare cristiani in Arabia Saudita è estremamente rischioso. Non solo è illegale abbandonare la fede islamica, ma i nuovi credenti affrontano anche una forte opposizione da parte delle loro famiglie e comunità. Per questi motivi, la maggior parte dei cristiani sauditi tende a seguire la propria fede in modo silenzioso e segreto. Tale scelta può includere la decisione di non rivelare la propria fede nemmeno al coniuge o ai figli, per paura che i membri della famiglia allargata o il personale scolastico possano scoprire l’abbandono dell’Islam. Non esistono edifici o incontri di chiesa legali. La maggior parte dei cristiani che vivono in Arabia Saudita è composta da lavoratori temporanei provenienti da altri Paesi. È loro vietato condividere la fede con i sauditi e le riunioni di culto sono limitate. Violare queste regole può comportare l’arresto e l’espulsione”.
In particolare, i nove Paesi musulmani sopra elencati dove il grado di persecuzione è “estremo” sono diversi sotto molti aspetti: razziali, sociali, economici e governativi. Alcuni sono ricchi (Arabia Saudita), mentre altri sono incredibilmente poveri (Somalia); qualcuno è evoluto (Iran), mentre altri sono tutt’altro che evoluti (Yemen); sono rappresentati da una varietà di forme di Governo (repubbliche, monarchie, teocrazie); e in essi figurano diverse etnie: arabi, africani subsahariani, pakistani, persiani e afghani. L’unico elemento comune, il denominatore comune, è l’Islam. La diversità aumenta se si esamina la lista completa delle 50 nazioni, che include anche Paesi sinici e turchi, come Maldive (al 16° posto), Uzbekistan (al 25°), Turchia (al 45°) e Brunei (al 48°), che condividono poco in comune a parte l’Islam. Il Kirghizistan, che non entrava nella top 50 dal 2013, è rientrato prepotentemente al 47° posto: “C’è stato un netto aumento della violenza contro la Chiesa, molte chiese registrate e istituzioni cristiane sono state costrette a chiudere e la pressione sui cristiani è aumentata in quasi tutti gli ambiti della vita”.
Al di fuori del mondo musulmano, tuttavia, l’ostilità verso il Cristianesimo è di fatto diventata una pandemia. Come osserva il rapporto: “Diversi Paesi presenti nella World Watch List hanno registrato un aumento della violenza anticristiana. Sebbene i contesti fossero differenti: Stati autocratici rigidamente controllati o Paesi instabili a causa di Governi deboli o guerre civili, il risultato è stato lo stesso, prendere di mira le comunità cristiane, distruggere vite, case e chiese, e fare ingenti pressioni sui credenti”. L’aumento del nazionalismo indù ha reso l’India (all’11° posto) un focolaio di persecuzioni: “In India, gli estremisti indù considerano tutti i cristiani come estranei e mirano a purificare la nazione da Islam e Cristianesimo, spesso utilizzando violenza estrema. Tale ostilità è spesso alimentata dall’Hindutva, una corrente del nazionalismo indù secondo la quale gli indiani debbano essere induisti e che nessun’altra fede possa essere tollerata. Questa mentalità è stata causa di violenti attacchi in tutto il Paese e ha prodotto impunità per coloro che li perpetrano, specialmente nei luoghi in cui anche le autorità sono sostenitori dell’induismo radicale. In tali aree, i cristiani che frequentano chiese domestiche rischiano attacchi da parte di folle estremiste che prendono di mira i servizi religiosi. Inoltre, 12 Stati hanno approvato leggi anti-conversione, che minacciano la libertà religiosa individuale dei credenti”.
Anche nel buddista Myanmar (che occupa il 13° posto), l’ultima nazione a rientrare nella top 13 dei Paesi con il più alto tasso di persecuzione, i cristiani subiscono livelli “estremi” di persecuzione: “Dal colpo di Stato militare del febbraio 2021, i cristiani hanno incontrato maggiore violenza e maggiori restrizioni. Credenti sono stati uccisi e chiese attaccate in maniera indiscriminata. Eventi accaduti anche negli Stati con la maggiore presenza cristiana, come Chin, Kayah e Kachin, e in regioni con minoranze cristiane significative, tra cui le regioni di Sagaing, Yagon e Irrawaddy. Più cristiani che mai sono stati cacciati dalle proprie abitazioni e hanno trovato rifugio presso chiese o campi per sfollati. Alcuni sono stati costretti a nascondersi nella giungla, dove spesso vengono privati del cibo e delle cure mediche. Le forze governative hanno continuato ad attaccare in modo sproporzionato villaggi e chiese cristiane. Hanno anche ucciso operatori umanitari e pastori cristiani, durante attacchi aerei. Al di là del conflitto, i convertiti al Cristianesimo si trovano perseguitati dalle loro famiglie e comunità buddiste, musulmane o tribali perché hanno abbandonato la loro precedente fede. Le comunità che mirano a rimanere solo buddisti rendono la vita impossibile alle famiglie cristiane”. Anche in nazioni che sembrerebbero amichevoli o almeno neutrali nei confronti del Cristianesimo, come Cuba, Nicaragua e Messico, i cristiani vengono abusati per la loro fede da una serie di attori e per svariate ragioni.
Nella Cuba comunista (al 26° posto): “I leader e gli attivisti cristiani che denunciano il regime possono essere interrogati, arrestati e imprigionati. Subiscono anche campagne di diffamazione, restrizioni ai viaggi e molestie (che possono includere violenza fisica sulle persone e danni agli edifici delle chiese)”. Sebbene non comunista, in Nicaragua (al 30° posto): “L’ostilità verso i cristiani continua a intensificarsi: coloro che si oppongono al presidente Daniel Ortega e al suo Governo sono considerati come agenti destabilizzanti. Leader cristiani sono stati molestati e arrestati, proprietà cristiane sequestrate, scuole, stazioni tivù e associazioni caritatevoli cristiane chiuse, mentre le chiese sono monitorate e intimidite”. In Messico (al 31° posto), i cartelli della droga prendono di mira i cristiani, soprattutto se si esprimono contro le loro attività o cercano di allontanare i giovani da loro; nel sud del Messico, soprattutto “in alcune comunità indigene, chi decide di abbandonare le credenze ancestrali per seguire Gesù affronta ostracismo, multe, incarcerazione e dislocamenti forzati”. Forse la tendenza più preoccupante è che la persecuzione dei cristiani continua a crescere ogni anno, ed è quasi raddoppiata dal 1993, anno in cui la Wwl fu pubblicata per la prima volta. All’epoca, solo 40 Paesi ottennero punteggi sufficientemente alti da giustificare un monitoraggio adeguato. Oggi, quasi il doppio di quel numero si qualifica, sebbene la lista comprenda solo i primi 50. Quanto tempo ci vorrà prima che questa tendenza in corso si metastatizzi anche in quelle nazioni occidentali un tempo osannate per le loro libertà religiose?
(*) Tratto dal Gatestone Institute
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 21 maggio 2025 alle ore 10:36