Amico d’Israele, ma ancor più della ragione

Chi volesse criticarmi per ciò che sto per scrivere qui, non troverebbe altrove una mia parola men che elogiativa degli israeliti e d’Israele. Il pogrom del 7 ottobre 2023, perpetrato contro cittadini ebrei in quanto tali, è stato un esecrabile crimine di antisemitismo. Lo Stato ebraico ha reagito con tutta la forza all’aggressione di Hamas che governa, opprimendone gli abitanti, la Striscia di Gaza, donde è partito l’attacco. Gli alleati di Hamas hanno scatenato una guerra di aggressione da nord e sud. Le forze armate con la stella di David hanno colpito su tutti i fronti, anche nella speranza di liberare gli israeliani catturati durante il pogrom e nascosti nelle viscere del sottosuolo di Gaza, trasformato da Hamas in un unico bunker. L’azione per sradicare Hamas da Gaza è sconvolgente. Decine di migliaia di “gazawi” sono stati uccisi. Nondimeno, restano ancora alcuni ebrei nelle mani di Hamas. La distruzione delle abitazioni e delle infrastrutture di Gaza è pressoché totale. Le operazioni militari da terra e dall’aria sono devastanti. Hanno assunto un carattere brutale che sembra irragionevole e ingiustificato nel bilanciamento dei costi umani sopportati dai civili “gazawi”, in parte irresponsabili, e dei vantaggi militari per Israele, in parte impalpabili.

Anche in passato Golda Meir, la grande prima ministra, diceva giustamente che Israele deve vincere la guerra perché gli ebrei non hanno un altro posto dove andare. Sacrosanta verità, avallata da duemila anni di storia. La Shoah ha attribuito agli ebrei, d’Israele e del mondo, un incommensurabile credito morale verso l’umanità. La visione di Gaza, messa a ferro e fuoco dalle Israel Defense Forces (Idf), ha portato i nemici di Israele a qualificare “genocidio” l’uccisione indiscriminata dei “gazawi”: uomini, donne, soprattutto bambini a migliaia. Aberrante qualificazione, adoperata con ignominia per rimarcare gli eccessi compiuti dall’Idf nell’imprescindibile protezione della nazione aggredita. Gaza è stata spianata. Tuttavia la rete dei tunnel sembra funzionante se custodisce ancora, dopo mesi e mesi di bombardamenti, un certo numero di prigionieri vivi e i cadaveri di decine d’altri. Qualcosa non quadra più nelle operazioni del Governo di Benjamin Netanyahu e dell’Idf. Approssimandosi la fine del secondo anno di guerra, guerra scatenata proditoriamente e crudelmente da Hamas (bisogna sottolinearlo sempre), sono gli amici a criticare Israele per la strategia politica e militare che sembra aver superato gli scopi dichiarati e comunque eccedere nell’impiego dei mezzi per conseguirli. Nella condotta della guerra, la ragione, se non l’umanità, ne fa condannare la spietatezza, inammissibile oltre il consentito e la necessità.

Aggiornato il 20 maggio 2025 alle ore 10:06