Marocco, fulcro africano in un Sahel che cambia

In un Sahel segnato da instabilità politica, pressioni economiche e insicurezza diffusa, il Marocco si conferma partner strategico. Non si limita a osservare: agisce, connette e propone. È un attore africano pienamente coinvolto nel destino del continente, impegnato in un’opera silenziosa ma strutturale di stabilizzazione e sviluppo. L’8 maggio 2025, sua maestà il Re Mohammed VI ha ricevuto a Rabat i ministri degli Esteri di Mali, Burkina Faso e Niger, membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes). L’incontro, parte del rafforzamento del partenariato strategico tra Rabat e i Paesi del Sahel, si inserisce nel quadro dell’Iniziativa atlantica, lanciata nel 2023 dal Regno. L’obiettivo è ambizioso e concreto: permettere ai Paesi senza sbocco sul mare un accesso stabile e sicuro all’Oceano Atlantico, offrendo loro un’infrastruttura geopolitica ed economica capace di aprire nuovi canali commerciali e di accelerare l’integrazione regionale.

Il Marocco non si propone come attore di potenza, ma come ponte. La sua diplomazia pragmatica trova consenso in un Sahel dove la cooperazione si fa sempre più necessaria. L’incontro di Rabat conferma la centralità del Regno nella ridefinizione degli equilibri africani e nel sostegno a un’Africa unita, integrata e padrona del proprio destino. Questo approccio marocchino è l’opposto della diplomazia algerina nei confronti del Sahel, caratterizzata dalla sua impulsività, dai suoi disegni egemonici e dagli atteggiamenti altezzosi. Il 6 aprile 2025, i Paesi del Sahel hanno rilasciato una dichiarazione in cui richiamavano i loro ambasciatori ad Algeri e li accusavano di sponsorizzare il terrorismo e di promuovere il separatismo nei loro paesi.

AES: UNA NUOVA TRAIETTORIA GEOPOLITICA

Dal 29 gennaio 2025, Mali, Burkina Faso e Niger hanno formalizzato il ritiro dalla Cedeao, completando la svolta già avviata con la costituzione dell’Alleanza degli Stati del Sahel. L’Aes si struttura oggi come una confederazione sovrana, decisa a rafforzare la propria autonomia politica, economica e militare fuori dai vincoli tradizionali dell’Africa occidentale francofona. Tra le misure adottate: la creazione di una forza militare congiunta di 5.000 uomini, il lancio di un passaporto biometrico comune, l’abolizione del roaming telefonico tra i tre Paesi, l’adozione di un inno ufficiale e la presentazione di un emblema condiviso. Il simbolismo si accompagna a una volontà di consolidare l’identità regionale e rompere con assetti considerati obsoleti.

Il 15 febbraio 2024, l’Aes ha annunciato l’uscita dalla zona del franco CFA e la volontà di creare una moneta comune. Il generale Abdourahamane Tiani, presidente della transizione in Niger, ha presentato la scelta come un passo necessario verso la piena sovranità monetaria. Tuttavia, il trattato fondativo rimane vago sul meccanismo d’integrazione economica, rinviando i dettagli a futuri protocolli. I tre Paesi mantengono così un margine di manovra che permette di negoziare i tempi e le modalità dell’effettiva rottura con l’Uemoa.

UNA MINACCIA CRESCENTE E DIFFUSA

Nel 2024, il Sahel ha concentrato il 19 per cento degli attacchi terroristici globali e il 51 per cento delle morti legate al terrorismo, secondo il Global terrorism index 2025. La tendenza è in crescita: era al 48 per cento l’anno precedente. I gruppi armati – affiliati ad al-Qaeda e allo Stato islamico – continuano a espandersi approfittando del vuoto di governance, delle tensioni etniche e della fragilità socioeconomica. L’avanzata jihadista si sposta anche verso i Paesi costieri. In Togo, nel 2024, si sono registrati dieci attacchi con 52 morti, di cui quattro rivendicati dal Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin (Jnim), con un bilancio di 41 vittime (12 nel 2023). In Benin, lo stesso gruppo ha compiuto almeno tre attacchi. A gennaio, 28 soldati beninesi sono stati uccisi in un’operazione terroristica nel nord del Paese, vicino al confine con Burkina Faso e Niger. I gruppi armati non solo avanzano: si evolvono. Utilizzano droni, armi sofisticate e comunicazione strategica. Il confine tra terrorismo, traffici illeciti e criminalità marittima si fa sempre più sottile. La minaccia si espande e cambia forma, con un potenziale di contagio che può raggiungere aree finora risparmiate.

IL MAROCCO COME ARGINE E OPPORTUNITÀ

In questo scenario, il ruolo del Marocco si distingue per coerenza e visione. Rabat propone un modello alternativo, credibile e africano, basato su partenariati bilaterali e multilaterali, su infrastrutture condivise, su logiche di sviluppo sostenibile. L’Iniziativa atlantica è uno strumento di connessione e inclusione. Offrire ai Paesi del Sahel un accesso sicuro all’Oceano non è solo un gesto tecnico: è una scelta strategica che ridefinisce mappe, rotte e dipendenze. L’instabilità del Sahel non è una questione locale. Ha ripercussioni globali. Il Marocco ha compreso che, per evitare che questa instabilità contagi anche i corridoi commerciali, le rotte migratorie e gli equilibri regionali, serve un approccio proattivo, costruito con gli attori africani. Non c’è sicurezza senza sviluppo. E non c’è sviluppo senza accesso, infrastrutture, mercati.

Il Marocco, con la sua geografia, le sue reti e la sua visione africana, è oggi uno dei pochi Paesi in grado di offrire tutto questo. Non da spettatore, ma da costruttore.

Aggiornato il 19 maggio 2025 alle ore 10:21