
Il percorso espansionistico russo, inteso nel senso diplomatico-relazionale, non è rivolto solo al Continente africano e a rafforzare legami con i Paesi euroasiatici, e asiatici, alcuni notoriamente dittatoriali, vedi Corea del Nord, ma anche con quella aberrazione “religioso-sociale” rappresentata dai talebani. Come si possono definire i talebani il cui nome deriva da “taleb” studente? Sicuramente il significato, per come lo si traduce ovunque, è abissalmente diverso dallo status di studente talebano. Intanto sono fondamentalisti che osservano il Corano come testo giuridico, in quanto ritengono la sharia, la legge islamica, la completezza e la perfezione assoluta, quindi lo Stato ha l’obbligo di farla osservare rigidamente, anche secondo la loro interpretazione. Sono anche conservatori e nazionalisti; queste caratteristiche sono corroborate dalla loro “essenza rurale” che li colloca in una nicchia socio-culturale estremamente schermata. I talebani appartengono alla confessione sunnita e riconoscono la scuola giuridica religiosa islamica hanafita, diffusa nell’area euroasiatica e parte minore in Africa nord orientale. La scuola giuridica hanafita è la più diffusa nel mondo musulmano, riconosciuta da circa il 32 per cento dei fedeli. Semplicisticamente, la loro peculiarità è che, tra le varie sfaccettature dell’islam, sono coloro che non hanno una visione messianica, in pratica la venuta del messia, ovvero del Mahdi, non è un fattore essenziale nella dottrina giuridica Hanafita.
Quindi, la Russia, erede come “terza Roma” della cultura religiosa cristiano ortodossa orientale – diventata tale dopo che il 29 maggio 1453, tra circa un mese saranno 572 anni che Costantinopoli è musulmana, l’islam decapitò (amaramente), una delle due teste del Cristianesimo – cosa potrebbe avere a che fare con i talebani? Intanto va detto che dopo l’agosto 2021, data della indecorosa ritirata statunitense dall’Afghanistan e l’immediato ritorno al potere dei talebani dopo 20 anni, Mosca si è adoperata per normalizzare le relazioni con i nuovi padroni di Kabul, con l’obiettivo di averli come partner economici, con produzioni molto variegate vedi oppio, e magari come “soci” per la lotta al terrorismo in generale, ma in questo caso contro l’Is-k, ovvero lo Stato islamico del Khorasan, movimento jihadista che imperversa nell’area e versione regionale dell’Isis.
Così il 17 aprile scorso la Corte suprema russa ha comunicato di aver formalizzato la cancellazione dei talebani dal proprio elenco delle organizzazioni terroristiche. Un gesto parzialmente simbolico ma di enorme valore politico, orientato a rafforzare le relazioni tra Mosca e Kabul. Quindi il Cremlino nella sua ricerca di abbracciare gli “Stati emarginati”, come Iran, Corea del Nord, stati golpisti sub sahariani, ora avviluppa anche i talebani afghani. Secondo quanto riportato poi dalle agenzie di stampa russe, Oleg Nefedov, giudice responsabile di tale procedimento di cancellazione, dopo un’udienza a porte chiuse, ha dichiarato che l’effetto di tale decisione è immediato. Questa decisione non implica il riconoscimento del governo talebano in Afghanistan, ma il fatto che il rurale Amir Khan Muttaqi, investito della carica di ministro degli Esteri afghano, abbia ringraziato Mosca per questa sua apertura verso accordi bilaterali, spalanca nuovamente una serie di riflessioni sulla eccentrica, ma forse produttiva, politica estera del Cremlino. Comunque Muttaqi dopo l’incontro con l’ambasciatore russo in Afghanistan Dmitry Zhirnov, ha dichiarato che la decisione presa dalla Corte suprema russa toglie l’unico ostacolo rimasto a una crescente cooperazione politica ed economica; considerandola una decisione storica.
In ogni caso ad oggi ufficialmente il Governo afghano non è riconosciuto da nessun Paese, soprattutto per la crescente ossessione oppressiva rivolta alle donne afghane. Nel primo periodo della loro dominazione del Paese, 1996 al 2001, solo Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti avevano riconosciuto l’Emirato islamico dell’Afghanistan; tuttavia oltre alla Russia, anche Cina, Pakistan, Iran e buona parte dei Paesi dell’Asia centrale intrattengono relazioni diplomatiche con questi fondamentalisti sunniti asiatici che si riconoscono nell’articolata corrente religiosa dei Deobandi, ma con una interpretazione deviata. Gli scambi diplomatici tra Mosca e Kabul sono frequenti; delegazioni talebane si sono recate in Russia per incontrare le autorità, questo anche prima del loro ritorno al potere. Un riavvicinamento tra i due Paesi consolidato dopo l’attentato del marzo 2024 nei pressi di Mosca; in quella occasione morirono quasi 150 russi, uccisi nella sala concerti dove quattro jihadisti appartenenti allo Stato islamico nel Khorasan hanno fatto irruzione con l’obiettivo di fare strage indiscriminata.
Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, a ottobre 2024 ha esortato i sanzionatori occidentali a revocare le restrizioni contro l’Afghanistan, impegnando la Russia a investire sulla ricostruzione dell’Afghanistan. Su questa traccia “politica” anche Sergei Shoigu, segretario del Consiglio di sicurezza russo, a dicembre durante una visita a Kabul ha sottolineato la volontà di incrementare la cooperazione con il Governo talebano. Quindi una nuova alleanza concreta e formalizzata della Russia, che vede i talebani chiedere di entrare nel Brics+, attualmente il più grosso gruppo di economie del Pianeta, dove Mosca è socio fondatore; e se la guerra in Ucraina proseguirà sarà interessante vedere se anche i talebani, come i nordcoreani, daranno disponibilità militare per combattere sul fronte ucraino. L’Afghanistan governato dagli oppressori ossessionati dal mondo femminile, è comunque un partner ufficiale della Russia.
Aggiornato il 02 maggio 2025 alle ore 11:18