Dio c’è e si chiama Leonardo Spa

Sassolini di Lehner

Giorgia Meloni non galleggia come i sini-stronsi sionfobici, facendosi trascinare dalla corrente alimentata dai nuovi e più numerosi firmatari del manifesto della razza. Perciò, non sottoscriverà nessuna eurosanzione versus Israele e pro Hamas, né abboccherà all’esca avvelenata dei due Stati, con tanto di infingardo riconoscimento di qualcosa che non c’è. Nel 1948, David Ben Gurion fu d’accordo sui due Stati, ma poiché di quello palestinese non fregava niente ai musulmani, la cui unica mira era ed è tuttora la distruzione ab imis di Israele, gli arabi chiamarono alla guerra santa contro il neonato Stato ebraico.

Anche Guido Crosetto non galleggia e, da previdente e saggio ministro della Difesa, avvertì noi sordi sul nemico alle porte. Noi italiani più spilorci di Arpagone, avendo preteso di risparmiare a scapito delle benedette bombe a grappolo, riducendo, così, i profitti delle santissime, provvidenziali, celestiali industrie di armamenti, siamo stati sbaragliati ed invasi non dall’Armata rossa, bensì dai marine di San Marino. Lo zar Vladimiro I ai cosacchi al galoppo verso San Pietro non ci pensa proprio ed ha lasciato agli incursori del monte Titano i lavoretti di periferia. Il nostro Crosetto, debilitato a causa del logorante bellum vannaccium, non è riuscito a frapporre il proprio petto all’invasore. Altri adoratori di Marte hanno, comunque, esortato la truppa con le parole del loro Deuteronomio: “Quando andrai in guerra contro i tuoi nemici e vedrai cavalli e carri e forze superiori a te, non li temere, perché è con te il Signore tuo Dio, di nome Leonardo S.p.A. supportato dalla Trinità composta da Pietro Beretta, FincantieriRheinmetall Italia”.

Sussiste, tuttavia, il destino cinico e baro, ovvero la maledizione che impedisce agli italiani d’essere vocati alla guerra – solo singoli straordinari eroi, ma per la maggioranza, si pensi al campo largo e ai grullini, vige “Spagna o Franza, purché se magna”, filosofema certificato anche dall’irrilevante numero di italiani immolatisi per la Patria, durante tutto il Risorgimento, 6.000 in tutto. S’è, così, riflessa sull’ottimo e volenteroso Guido la brutta immagine dei nostri poco indomiti comandanti: i perdenti militanti di Custoza, dal re Carlo Alberto al generale Alfonso La Marmora, nonché l’avanspettacoloso ammiraglio Carlo Pellion di Persano, capace di interpretare in maniera tragicomica la battaglia navale di Lissa, dove 32 navi italiane, di cui 11 corazzate, riuscirono a farsi affondare in un mare di ridicolo dalla piccola flotta veneto-austriaca.

La grave sconfitta, testé subita contro le forze speciali romagnol-marchigiane di San Marino, ricorda, peraltro, la fatale data del 1° marzo 1896, cioè il micidiale botto militare di Adua, dove il Negus Menelik II insegnò al generale Oreste Baratieri l’abc dell’arte della guerra. E anche la rotta di Caporetto, durante la quale – come mi raccontò il bracciante marsicano Armando Di Bernardo, che rimase ferito – i fanti contadini andarono in confusione, assistendo alla fuga precipitosa dei loro comandanti, generali in testa. Caporetto, inoltre, con i suoi 10mila morti, ricorda un’altra tragedia nazionale: la prevalenza del demerito. Più sbagli e crei disastri, più sarai premiato. Il pensiero corre a Pietro Badoglio, uno dei responsabili di Caporetto e soprattutto padrino di battesimo, per viltà o per stoltezza, della Repubblica sociale di Salò, che ci regalò guerra fratricida, partigiani benemeriti e anche quelli criminali e assassini, nonché l’orrore di piazzale Loreto (e anche l’attuale consigliere comunale del Partito democratico, odiatore naturale, il genovese Claudio Chiarotti, che minaccia nuove impiccagioni per i piedi e vilipendio di cadavere ad Alessandra Bianchi, capogruppo di FdI).

Badoglio battezzò il gruppuscolo togliattiano, che fece pure crescere a dismisura. Proprio quel servile e immondo Pci stalino-togliattiano, che diversamente dai comunisti francesi, sostenne subito con argomentazioni decisamente filonaziste il patto Ribbentrop-Molotov, cioè tra Iosif Stalin e Adolf Hitler, con tanto di ebrei reclusi nei gulag, liberati e regalati al Reich, destinazione “camere a gas”. Badoglio teneva prigioniero Benito Mussolini, per il quale poteva scegliere fra due opzioni, entrambe positive per l’Italia: consegnarlo agli alleati o eliminarlo. Per motivazioni contigue alla pusillanimità, ben condivise con sua grottesca maestà Vittorio Emanuele III, lo tenne in vita e a disposizione dei tedeschi, che, quattro giorni dopo l’8 settembre 1943, sul Gran Sasso riuscirono nell’impresa più facilitata e surreale della historia, dato che da Badoglio provenne l’ordine tassativo ai carabinieri di non sparare né a Benito, né agli alianti di Kurt Student. Badoglio era un pacifista contrario all'uso delle armi o un fior di irresponsabile mascalzone? Ai posteri l’ardua sentenza, tenendo anche presente che l’unico generale che si suicidò per la vergogna di Caporetto fu Giovanni Villani, che, infatti, nessuno ricorda.

L’Opinione delle libertà, invece, ci tiene a citare spesso il grande italiano Giovanni Villani. Imperando la demeritocrazia, Badoglio non si ammazzò e, anzi, divenne per due volte presidente del Consiglio dei Ministri. Al volenteroso armigero Guido Crosetto, purtroppo costretto, per la nostra ignavia, a sottoscrivere l’umiliante trattato di pace con San Marino, raccomando di non farsi trasportare mai come un beota dalle derive propagandistiche. A parte la mastodontica propaganda putiniana, non va sottovalutata quella di Donald Tusk, l’inquietante volenteroso. Abbiamo rimirato con apprensione in mondo visione la casa polacca scoperchiata da un drone dato per russo. Ebbene, adesso vien fuori che a distruggere quel tetto sono stati militari polacchi, che, invece di colpire il drone, hanno, per sbaglio, preso di petto l’abitazione.

Attento dunque, Crosetto, a non credere per fede volenterosa alla necessità della corsa agli armamenti. Non fidarti mai, ad esempio, di Friedrich Merz, che è pur sempre tedesco, Dna rigorosamente guerrafondaio, gente che, ispirata dal brutale volksgeist, da secoli assale, deruba, uccide, stermina, scatena guerre mondiali e pratica soluzioni finali. Per giunta, non onora mai i propri debiti: il popolo polacco, ad esempio, attende invano da decenni il giusto risarcimento per sei anni di distruzioni – basterebbe la sola Varsavia rasa al suolo – e di ruberie da parte dei crucchi. Il “geniogermanico in Polonia s’inventò la pena capitale, senza distinguere fra uomini e bestie, per chiunque tenesse in casa un partigiano, un ebreo o un maiale.

Verifica e controlla, dunque esimio ministro della Difesa, evitando di prendere per oro colato la propaganda di Hamas e dei suoi utili idioti occidentali. Rammenta che i capoccia volenterosi, a cominciare da Emmanuel Macron, non hanno alcun consenso popolare, essendo, perciò, delegittimati abbaiatori minoritari, anzi solitari. Inoltre, non dar retta ai devoti del sermoneggiante seriale, cioè il “vile affarista”, né ai demonizzatori quotidiani di Donald Trump, come il turpiloquente Roberto D’Agostino. Il presidente americano parlò di sbaglio, proprio riferendosi al tetto maciullato non dal drone russo, bensì dall’aviazione polacca, eppure la propaganda volenterosa salì subito sul pergamo per lanciare anatemi contro Trump, reo di giustificare Putin. In verità, non difese lo zar, ma richiamò a manovre più accurate quanti utilizzano i suoi F-35. In aggiunta, caro Crosetto, cerca di scandalizzarti per il comportamento infame dell’ambasciatore a Washington non della Polonia, ma di Tusk, il quale ha trattenuto e non consegnato immediatamente una nota di Trump diretta al presidente polacco Karol Nawrocki proprio riguardo all’errato bersaglio. Il proverbio insegna, illustre Guido, che chi va con lo zoppo impara a zoppicare, chi va col volenteroso diventa esageratamente bellicoso.

Aggiornato il 19 settembre 2025 alle ore 09:33