
L’ottimo Edoardo Montolli, che ha recentemente pubblicato su Crimen-Cronaca Vera un impietosa inchiesta sui principali errori giudiziari del nostro Paese, ha puntato il dito nei riguardi di buona parte della classe giornalistica, addossando ad essa, a mio avviso correttamente, una buona parte della responsabilità del fenomeno. Fenomeno, come lo stesso Montolli ha esaurientemente spiegato in un interessante dialogo con lo youtuber Andrea Lombardi, ci vede nel ruolo di maglia nera dell’Occidente.
“I casi mediatici – scrive il giornalista – tutti finiti con una condanna nonostante enormi perplessità per moltissimi di essi, sono lì a dimostrarlo. A Strasburgo (riferimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ndr.) non solo siamo il Paese più condannato per lentezza processuale, ma siamo anche ai vertici delle violazioni di diritti della difesa, intrusione illecita nella vita famigliare e nella proprietà privata. Nel 2024 l’Italia ancora vantava, se così si può dire, 2.150 ricorsi pendenti, dietro soltanto a Turchia, Russia, Ucraina, Romania e Grecia. Di recente sono emersi i dati sulle ingiuste detenzioni, quelle cioè che si acclarano come tali prima della sentenza definitiva, laddove invece si parla di errori giudiziari. Ebbene sono oltre 30mila dal 1992 a oggi. Stando allo stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio, attualmente si registrano 100 arresti ingiusti al mese. E quando questi errori vengono accertati, è spesso difficile addirittura essere risarciti. Come se fosse colpa dei malcapitati finiti nelle mani della giustizia”.
Ebbene, alla domanda postagli da Lombardi circa le responsabilità di questa ben poco rassicurante condizione, Montolli ha messo sul banco degli imputati buona parte della citata classe giornalistica. E lo ha fatto mettendo a confronto le due vicende giudiziarie più mediatiche di questi due ultimi anni: la condanna di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba e quella di Alberto Stasi per l’uccisione di Chiara Poggi. In ambedue i casi, ha sottolineato Montolli, i giornalisti che ancora oggi sono convinti della colpevolezza dei due disgraziati coniugi lombardi sono gli stessi che si battono a spada tratta sostenendo che la condanna del non più “ragazzo dagli occhi di ghiaccio” sia assolutamente granitica, malgrado le enormi e insuperabili incongruenze che caratterizzano le due medesime condanne passate in giudicato.
In sostanza, come nel nostro piccolo stiamo cercando di portare avanti da molto tempo, la mancanza di una informazione – tranne rari casi di professionisti come Montolli e Lombardi che non difettano certamente di logica e di onestà intellettuale – che faccia il cane da guardia del potere giudiziario, invece di scodinzolare dietro le varie procure della Repubblica, rappresenta una sorta di vulnus sistemico di cui, alla fine, a pagarne le conseguenze sono un numero assai elevato di innocenti che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. In questo senso, riportando il titolo di un film di denuncia del lontano 1971, Siamo tutti in libertà provvisoria.
Aggiornato il 02 settembre 2025 alle ore 10:32