Sassolini di Lehner

Bettino Craxi volle che io fossi il direttore del rinato L’Avanti! Tanti giovani arrivarono nell’angusta sede del quotidiano, un solo computer, due sole sedie, un tavolaccio come scrivania. Chiedevano di poter scrivere sul quotidiano che era stato diretto da Benito Mussolini e Pietro Nenni. Da vecchio professore aduso a giudicare fui colpito soltanto da un ragazzo, Andrea Di Consoli. Non solo per la sua storia: lucano di famiglia povera, presto emigrato in Svizzera, sudato lavoro come cameriere, il vizio di leggere prima di coricarsi. Mi incuriosì la sua verve intellettuale, il suo lessico non banale, lo sguardo luminoso. Gli diedi un argomento da trattare, per verificare le sue potenzialità nel raccontare. Mi convinse. Divenne un collaboratore fisso del mio Avanti! Anche Craxi, da Hammamet, apprezzò la prosa di Andrea. Di Consoli, in seguito, prese il volo come prosatore e come poeta, divenendo un caso letterario. Essendo persona carica di umanità, capace di gratitudine – dote rarissima – mi ringraziò più volte, pubblicamente, per avergli dato fiducia e, per così dire, “scoperto” e lanciato nel tortuoso mondo della prosa e della poesia. Infine, nonostante non avesse il master di omosessuale e di drogato, per i propri meriti, entrò in Rai come autore e regista, dove oggi è arrivato a essere importante capostruttura.

Ho raccontato questo segmento della sua biografia, non per vanità – sono scettico del mio valore più di un bardotto senza basto – bensì per esporre al pubblico ludibrio quell’avvelenato perso di Roberto D’Agostino, uno che non proviene dalle zolle aride della Basilicata, bensì dalla Capitale e da un prezioso diploma di ragioniere che, con opportuna raccomandazione, gli garantì 12 anni da impiegato presso la Cassa di Risparmio di Roma. Quindi, con merito, traslocò nel cosmo della musicologia, quindi nel pettegolezzo politicamente titillante, sino alla creazione nel 2000 di Dagospia, sito felicissimo e magistrale, fin quando conservò il suo piglio liberal-anarcoide, giammai forcaiolo e comunistoide. Anzi, si dovette proprio al giovane e non conforme Roberto il divertito Come vivere bene, senza i comunisti (Mondadori, Milano 1986). Invecchiando, invece di migliorare, è decaduto e sprofondato, trasfigurandosi nell’opposto da sé. Forse, l’involuzione dipende dalla cotta interessata per Mario Draghi, un peso massimo nel riconoscere agli “amici” più del dovuto. Vedi Luigi Di Maio, riempito di eurosoldi e di euromissioni, grazie al “vile affarista”. Draghi aspira ancora al Quirinale, eppure l’unica che potrebbe accontentarlo è Giorgia Meloni, proprio l’oggetto degli strali più volgari del palafreniere di Mario. Siffatta incongruenza disvela quanto l’odio possa annebbiare i neuroni.

Purtroppo, Roberto, a cui seguito comunque a voler bene, s’è invelenito sino al punto di succhiare le ruote ai forcaioli, ai ProPal, a Giuseppi, agli antifascisti della Ztl, agli ossessi de La7, ai cineasti di film rigorosamente inutili pagati da Pantalone, agli orfani di Kamala Harris, agli europeisti sempre più Europa e sempre più valigie zeppe di cartamoneta, spedite dal Qatar e da George Soros. Ebbene, in ultimo, il fiumiciattolo velenoso, esondando, ha sospinto Roberto all’insano gesto di attaccare Giorgia Meloni, attraverso i versi eroticamente ispirati di Andrea Di Consoli. Le strofe di Andrea – ecco il suicidio in diretta di Roberto – sono in perfetta sintonia, magari con stile migliore, con i culi e le tette che da sempre Dagospia propina come succulenta didascalia alle notizie, ma, essendoci di mezzo, Angelo Mellone, dirigente Rai non proprio marxista-leninista, allora anche Andrea Di Consoli tutt’altro che fascista va definito non scrittore o poeta, bensì mero glande, glande porcellone.

Aggiornato il 25 luglio 2025 alle ore 09:43