
Nella complicata situazione del Medio Oriente, storicamente una delle regioni più critiche del mondo, è probabile che Donald Trump, almeno per il momento, abbia salvato capra e cavoli, per così dire. Anzi, molte capre e altrettanti cavoli, ad essere precisi. In un conflitto che si stava apparentemente allargando, nel quale la propaganda dei vari schieramenti gioca da sempre un ruolo assai importante, l’intervento della soverchiante aviazione statunitense – l’unica ad avere la capacità di realizzare l’operazione “Martello di mezzanotte” – ha rimesso un po’ di ordine nel confuso sistema delle relazioni internazionali. Relazioni che le anime belle della sinistra italiana vorrebbero basare esclusivamente sull’uso pacifico della diplomazia, ma che la lunghissima storia dei conflitti umani dimostra che esse si fondano essenzialmente su equilibri di forza, soprattutto sul piano militare ed economico. Ebbene, intervenendo con una efficace azione chirurgica, il tycoon, contrariamente a quanto sostenuto in campagna elettorale, ha ribadito nei fatti che gli Stati Uniti continuano ad essere, almeno in quel teatro, il gendarme del mondo.
Ma nel farlo, secondo alcuni analisti, avrebbe preteso precise condizioni sicuramente da parte di Israele e, come qualcuno sostiene, anche da parte degli iraniani. In quest’ultimo caso, vista anche la farsesca reazione di Teheran, con il lancio telefonato di qualche missile nel deserto nei pressi delle basi americane in Qatar, si ha l’impressione che i colloqui informali tra Stati Uniti e Iran, che non sono mai cessati anche durante i 12 giorni di guerra, abbiano trovato una quadra che, per l’appunto salvasse capra e cavoli. Dove la capra in questo caso sarebbe rappresentata dal mantenimento della Repubblica islamica, seppur ridimensionata sotto alcuni importanti aspetti, tra cui quello di ambire alla costruzione della bomba atomica. Tant’è che le parole di ringraziamento espresse da Trump agli iraniani per il preavviso sul lancio dei missili paiono andare nella direzione di una relativa normalizzazione con uno dei nemici di lunga data dell’America e dell’Occidente.
In sostanza, è come se l’inquilino della Casa Bianca avesse detto al regime iraniano: Restate pure alla guida del vostro Paese, ma datevi una calmata perché in ogni momento siamo pronti ad intervenire. Un avvertimento assai più blando e sfumato che, a mio avviso, è giunto anche a Benjamin Netanyahu a cui, alla sua maniera molto colorita, Trump ha imposto di calmare i bollenti spiriti a poche ore del cessate il fuoco. Ma non basta, persino nei riguardi di Vladimir Putin, con cui il presidente americano si ostina in apparenza a voler mantenere ottimi rapporti, ha mandato una risposta piuttosto avvelenata quando quest’ultimo si era proposto come mediatore nel conflitto tra Israele ed Iran. Quando l’autocrate russo, in una telefonata, ha chiesto di intervenire come paciere nel conflitto, Trump ha negato l’aiuto, invitandolo ad adoperarsi per far finire al guerra in Ucraina. Insomma, pur nella sua piuttosto caotica e confusa linea di politica internazionale, dopo mesi di grandi incertezze sembra che Trump sia riuscito in un colpo solo a rimettere l’America al centro dello scenario mondiale, sebbene tanto ancora resta da fare, particolarmente nei rapporti ancora piuttosto difficili con l’Europa. E qui la partita è ancora tutta da giocare.
Aggiornato il 27 giugno 2025 alle ore 10:43